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AMICIZIE

 

Me ne sono andato da casa, il richiamo è divenuto irresistibile, gli insetti vogliono conoscermi. Così ho lasciato tutti gli insetti di plastica della mia scatola giochi davanti alle finestre. Tutta ora stanno guardando ove sono diretto: una vecchia trattoria abbandonata, in fondo alla strada.

La trattoria è stata chiusa molto prima della mia nascita, ed il portone d’ingresso, così come le finestre al primo piano sono chiuse, sbarrate con tavole inchiodate. Ma ci sono mille aperture per poter entrare.

Nel passato sono stato là dentro più volte seguendo il richiamo degli insetti, loro abitano in quegli spazi da molto tempo ed hanno collegato le cantine del ristorante con le fognature e col tratto dismesso della metropolitana. Da quel ristorante si sbuca in ogni parte della città. Loro sanno che con me possono comunicare per questo vogliono che oggi li raggiunga, sentono che io ho sempre amato gli insetti e mi hanno fatto capire che hanno in serbo qualcosa per me, solo per me.

Non ho potuto dir nulla in casa, i miei già una volta s’accorsero che ero entrato di soppiatto nel ristorante e mi tennero in punizione per settimane, mi costrinsero anche a promettere che non sarei mai più andato in quel posto.

Adesso sono grande, ho compiuto dieci anni e voglio andare ad abitare coi miei amici, loro mi hanno già assicurato che mi ospiteranno e non mi faranno mancare niente, dovrò solo chiedere. Anche loro mi amano, perché io li amo, e si fidano di me perché io mi fido di loro.

Non possono farsi vedere in giro, la gente non capirebbe e si spaventerebbe: loro si sono evoluti, forse un po’ troppo rapidamente in questi ultimi tempi, sono cresciuti non solo mentalmente, ma anche di statura ed adesso sono alti come un uomo e possono assumere le nostre sembianze per mimetizzarsi.

Infatti se ne stanno eretti e ripiegano le elitre sul davanti, appare così un volto che sembra umano ed anche un corpo ricoperto da vestiti. Sono intelligenti, sono sempre più intelligenti e mi hanno detto che per la sua natura l’uomo è il maggior predatore del pianeta e loro devono da lui difendersi prima di potersi manifestare.

Ecco perché vogliono me, sanno che io li amo e li comprendo. Loro mi parlano, no, non è che parlino, producono dei ticchettii, dei fruscii simili a quelli emessi da un rasoio che viene affilato sulla coramella e sibili modulati e con questi rumori esprimono alcuni concetti di base sì che può definirsi un linguaggio, qualcosa io capisco e con gli stessi rumori rispondo, ma la loro vera parlata, quella complessa, è senza rumore, un linguaggio che arriva direttamente alla mente, telepatia o qualcosa di simile.

Sto andando da loro, ho lasciato i miei giocattoli di plastica, tutti a forma d’insetto, anche se di vari colori, li ho lasciati davanti alle finestre che muti guardano nella mia direzione, quasi avessi voluto chiamarli a testimoniare il mio ingresso nel loro mondo: tutti sono rivolti verso la porta del ristorante.

Non ho con me alcun oggetto e sono davanti all’entrata sbarrata. C’è una finestra aperta e tra le assi scivolo all’interno. Tutto è in penombra, alcuni tavoli sono ammassati in un angolo della stanza, per terra cocci, pezzi di filo metallico, carte ingiallite, bottiglie vuote di birra. C’è una porta senza ante, l’oltrepasso e mi trovo in una sala ancor più grande della prima, uno sgabello in legno è stato ripulito e si trova nel bel mezzo della stanza che sicuramente era la sala da pranzo principale di questo locale: sullo sgabello c’è una lattina di coca cola.

Mi avvicino, apro la lattina e annuso il buon odore della coca, mi siedo. Bevo un sorso, è buona, fresca e frizzante, loro l’hanno preparata lì per me: mi siedo, attendo con la birra in mano.

Sento un insetto avvicinarsi, lo vedo, è eretto, in un atteggiamento quasi umano, mi rassicura e mi trasmette il pensiero di “sorpresa per te”. Con un arto m’indica una porta, quella che da sulla cucina del ristorante.

Guardo nella penombra, qualcosa si muove, esce dall’oscurità ed avanza. Man mano che s’avvicina sono sempre più perplesso, quest’insetto è meno alto degli altri, è suppergiù della mia altezza.

S’avvicina sempre più, intanto il primo insetto che è rimasto accanto a me accende una lampada di quelle a gas da campeggio  posata per terra. Sono sempre più stupito, non sapevo che sapessero fare così tante cose.

Adesso vedo con più chiarezza, l’insetto accanto a me sembra un normale signore che se ne sta impettito con un impermeabile nero, guardo quello più piccolo e mi accorgo che mi somiglia, resto poi a bocca aperta: è identico a me, addirittura indossa i miei vestiti, non quelli che ho adesso, ma sono uguali ai miei, riconosco la camicia in jeans ed il maglione azzurro a vu.

Mi alzo in piedi e mi metto davanti a lui, lo fisso negli occhi ed i nostri nasi quasi si toccano.

Con sibili e ticchettii mi fa il segno del saluto, poi mentalmente mi manda un’ondata di familiarità, poi sorride e dalle sue labbra esce uno stentato “Ciiaoo”.

Mi rendo conto d’avere la bocca spalancata, è una sorpresa troppo grande per me, il suo pensiero resta sempre amichevole e di un tono alto, come dire che la sua amicizia è grande, avverto poi che vuol farmi capire come lui è, ed io penso forte un “amico, va bene, fammi pure vedere”.

In piena luce, sotto i miei occhi il suo volto si apre in due parti, nel mezzo, verticalmente. Le due parti si allontanano e tutto il corpo è diviso in due: solo che non è il corpo, sono le elitre che con i rilievi ed i disegni imitano alla perfezione il corpo umano ed anche i capi d’abbigliamento, sotto le elitre appaiono il torace e la testa dell’insetto. Vuol dirmi “Visto come siamo divenuti bravi?” e poi “possiamo uscire assieme a passeggio, nessuno ci noterà” , infine mi accorgo che questa è una domanda, anzi sono due domande e rispondo affermativamente.

Intanto la sua trasformazione è ancora in atto, poggia in terra le zampe e dispiega le ali, mentre le elitre si accoppiano sul retro del corpo, adesso è orizzontale al terreno, sembra una grande cavalletta, e spicca il volo, gira attorno a me poi nuovamente si posa e mi osserva coi suoi due grandi occhi sfaccettati.

L’insetto che ha il mio aspetto ripiega le ali, si alza e le elitre nuovamente si riavvicinano e si richiudono sul davanti, la faccia ed il resto del corpo si ricompongono. In piedi ha le nike! La cosa mi fa sorridere. Prendo la sua mano con la mia, all’apparenza è identica, ma dura al tatto e fredda.

Passo dopo passo usciamo dal vecchio ristorante da una porta sul retro che è aperta e c’incamminiamo, sempre per mano verso il parco giochi che si trova in fondo al quartiere.

- Non tornerai a casa, andremo in un’altra colonia hanno preparato una casa per noi due, mi trasmette l’insetto, mio quasi-gemello.

- Va bene, dico io a parole, tanto ormai da casa me ne sono andato e non ho alcuna intenzione di ritornare.

Saliamo su un’altalena ed insegno al mio gemello come fare per farla dondolare. Impara subito, impara svelto, proseguiamo coi nostri giochi.

-         Quando andiamo?

-         Verranno qui a prenderci

Dopo una mezzora una limousine si ferma davanti al parco, dal posto di guida esce un autista in abito nero e con una mano guantata ci fa cenno di salire.