- vittorio baccelli - i racconti - mosaico -
AMICIZIE
Me ne sono andato da casa, il richiamo è divenuto
irresistibile, gli insetti vogliono conoscermi. Così ho lasciato tutti gli
insetti di plastica della mia scatola giochi davanti alle finestre. Tutta ora
stanno guardando ove sono diretto: una vecchia trattoria abbandonata, in fondo
alla strada.
La trattoria è stata chiusa molto prima della mia
nascita, ed il portone d’ingresso, così come le finestre al primo piano sono
chiuse, sbarrate con tavole inchiodate. Ma ci sono mille aperture per poter
entrare.
Nel passato sono stato là dentro più volte seguendo
il richiamo degli insetti, loro abitano in quegli spazi da molto tempo ed hanno
collegato le cantine del ristorante con le fognature e col tratto dismesso della
metropolitana. Da quel ristorante si sbuca in ogni parte della città. Loro
sanno che con me possono comunicare per questo vogliono che oggi li raggiunga,
sentono che io ho sempre amato gli insetti e mi hanno fatto capire che hanno in
serbo qualcosa per me, solo per me.
Non ho potuto dir nulla in casa, i miei già una
volta s’accorsero che ero entrato di soppiatto nel ristorante e mi tennero in
punizione per settimane, mi costrinsero anche a promettere che non sarei mai più
andato in quel posto.
Adesso sono grande, ho compiuto dieci anni e voglio
andare ad abitare coi miei amici, loro mi hanno già assicurato che mi
ospiteranno e non mi faranno mancare niente, dovrò solo chiedere. Anche loro mi
amano, perché io li amo, e si fidano di me perché io mi fido di loro.
Non possono farsi vedere in giro, la gente non
capirebbe e si spaventerebbe: loro si sono evoluti, forse un po’ troppo
rapidamente in questi ultimi tempi, sono cresciuti non solo mentalmente, ma
anche di statura ed adesso sono alti come un uomo e possono assumere le nostre
sembianze per mimetizzarsi.
Infatti se ne stanno eretti e ripiegano le elitre sul
davanti, appare così un volto che sembra umano ed anche un corpo ricoperto da
vestiti. Sono intelligenti, sono sempre più intelligenti e mi hanno detto che
per la sua natura l’uomo è il maggior predatore del pianeta e loro devono da
lui difendersi prima di potersi manifestare.
Ecco perché vogliono me, sanno che io li amo e li
comprendo. Loro mi parlano, no, non è che parlino, producono dei ticchettii,
dei fruscii simili a quelli emessi da un rasoio che viene affilato sulla
coramella e sibili modulati e con questi rumori esprimono alcuni concetti di
base sì che può definirsi un linguaggio, qualcosa io capisco e con gli stessi
rumori rispondo, ma la loro vera parlata, quella complessa, è senza rumore, un
linguaggio che arriva direttamente alla mente, telepatia o qualcosa di simile.
Sto andando da loro, ho lasciato i miei giocattoli di
plastica, tutti a forma d’insetto, anche se di vari colori, li ho lasciati
davanti alle finestre che muti guardano nella mia direzione, quasi avessi voluto
chiamarli a testimoniare il mio ingresso nel loro mondo: tutti sono rivolti
verso la porta del ristorante.
Non ho con me alcun oggetto e sono davanti
all’entrata sbarrata. C’è una finestra aperta e tra le assi scivolo
all’interno. Tutto è in penombra, alcuni tavoli sono ammassati in un angolo
della stanza, per terra cocci, pezzi di filo metallico, carte ingiallite,
bottiglie vuote di birra. C’è una porta senza ante, l’oltrepasso e mi trovo
in una sala ancor più grande della prima, uno sgabello in legno è stato
ripulito e si trova nel bel mezzo della stanza che sicuramente era la sala da
pranzo principale di questo locale: sullo sgabello c’è una lattina di coca
cola.
Mi avvicino, apro la lattina e annuso il buon odore
della coca, mi siedo. Bevo un sorso, è buona, fresca e frizzante, loro
l’hanno preparata lì per me: mi siedo, attendo con la birra in mano.
Sento un insetto avvicinarsi, lo vedo, è eretto, in
un atteggiamento quasi umano, mi rassicura e mi trasmette il pensiero di
“sorpresa per te”. Con un arto m’indica una porta, quella che da sulla
cucina del ristorante.
Guardo nella penombra, qualcosa si muove, esce
dall’oscurità ed avanza. Man mano che s’avvicina sono sempre più
perplesso, quest’insetto è meno alto degli altri, è suppergiù della mia
altezza.
S’avvicina sempre più, intanto il primo insetto
che è rimasto accanto a me accende una lampada di quelle a gas da campeggio
posata per terra. Sono sempre più stupito, non sapevo che sapessero fare
così tante cose.
Adesso vedo con più chiarezza, l’insetto accanto a
me sembra un normale signore che se ne sta impettito con un impermeabile nero,
guardo quello più piccolo e mi accorgo che mi somiglia, resto poi a bocca
aperta: è identico a me, addirittura indossa i miei vestiti, non quelli che ho
adesso, ma sono uguali ai miei, riconosco la camicia in jeans ed il maglione
azzurro a vu.
Mi alzo in piedi e mi metto davanti a lui, lo fisso
negli occhi ed i nostri nasi quasi si toccano.
Con sibili e ticchettii mi fa il segno del saluto,
poi mentalmente mi manda un’ondata di familiarità, poi sorride e dalle sue
labbra esce uno stentato “Ciiaoo”.
Mi rendo conto d’avere la bocca spalancata, è una
sorpresa troppo grande per me, il suo pensiero resta sempre amichevole e di un
tono alto, come dire che la sua amicizia è grande, avverto poi che vuol farmi
capire come lui è, ed io penso forte un “amico, va bene, fammi pure
vedere”.
In piena luce, sotto i miei occhi il suo volto si
apre in due parti, nel mezzo, verticalmente. Le due parti si allontanano e tutto
il corpo è diviso in due: solo che non è il corpo, sono le elitre che con i
rilievi ed i disegni imitano alla perfezione il corpo umano ed anche i capi
d’abbigliamento, sotto le elitre appaiono il torace e la testa dell’insetto.
Vuol dirmi “Visto come siamo divenuti bravi?” e poi “possiamo uscire
assieme a passeggio, nessuno ci noterà” , infine mi accorgo che questa è una
domanda, anzi sono due domande e rispondo affermativamente.
Intanto la sua trasformazione è ancora in atto,
poggia in terra le zampe e dispiega le ali, mentre le elitre si accoppiano sul
retro del corpo, adesso è orizzontale al terreno, sembra una grande cavalletta,
e spicca il volo, gira attorno a me poi nuovamente si posa e mi osserva coi suoi
due grandi occhi sfaccettati.
L’insetto che ha il mio aspetto ripiega le ali, si
alza e le elitre nuovamente si riavvicinano e si richiudono sul davanti, la
faccia ed il resto del corpo si ricompongono. In piedi ha le nike! La cosa mi fa
sorridere. Prendo la sua mano con la mia, all’apparenza è identica, ma dura
al tatto e fredda.
Passo dopo passo usciamo dal vecchio ristorante da
una porta sul retro che è aperta e c’incamminiamo, sempre per mano verso il
parco giochi che si trova in fondo al quartiere.
- Non tornerai a casa, andremo in un’altra colonia
hanno preparato una casa per noi due, mi trasmette l’insetto, mio
quasi-gemello.
- Va bene, dico io a parole, tanto ormai da casa me
ne sono andato e non ho alcuna intenzione di ritornare.
Saliamo su un’altalena ed insegno al mio gemello
come fare per farla dondolare. Impara subito, impara svelto, proseguiamo coi
nostri giochi.
-
Quando andiamo?
-
Verranno qui a prenderci
Dopo una mezzora una limousine si ferma davanti al
parco, dal posto di guida esce un autista in abito nero e con una mano guantata
ci fa cenno di salire.