- vittorio baccelli - i racconti - daemon - pixel ed altri deliri -

 

Attendere prego

 

Il traffico scorreva tranquillo in quel normale tardo pomeriggio d’inizio primavera ed un leggero vento faceva correre in cielo piccole, ma compatte nubi bianche.

Il modulo abbandonò l’autovia per immettersi su una strada secondaria che portava alla famosa località sciistica attraversando una fitta selva d’abeti. Gli alberi erano così vicini l’uno all’altro che il nastro d’asfalto s’insinuava con ampie curve tra due muraglie di tronchi. Gli abeti erano grandi ed alti, nel folto bosco il tramonto si era subito trasformato in una buia notte ed il cielo era completamente scomparso trai fitti rami.

Eusebio aveva tolto la guida automatica e manualmente comandava il modulo, Patrizia seduta accanto a lui aveva acceso una sigaretta e disteso le belle gambe che splendevano colorate e parzialmente illuminate dai led del cruscotto.

-         Ma siamo sicuri che sia la strada giusta?

-         Sì, ho guardato la cartina sul computer di bordo e la strada era indicata come panoramico-turistica.

-         Turistica forse, ma di giorno, panoramica, insomma, sembra un tunnel scavato tra gli abeti, ed ad esser sincera a me fa un po’ paura.

-         Una stazione di servizio!… Ma è tutto spento, andiamo avanti, ormai dovremo essere vicini, ci faremo un bel caffè appena arriviamo.

Dopo una curva si trovarono davanti ad una luce lampeggiante che illuminava un cartellone bianco con su scritto in vernice fluorescente rossa -ATTENZIONE RALLENTARE- e poco più avanti c’era un altro cartello quadrato bianco con sopra un semaforo.

Il semaforo era ovviamente sul rosso e la scritta sotto, anch’essa in rosso, diceva: -ATTENDERE PREGO-.

Eligio rallentò il veicolo e si fermò davanti all’insolito semaforo che dopo pochi attimi passò al verde, mentre la scritta -ATTENDERE PREGO- scomparve sostituita da un –AVANTI- in cubitali lettere nere.

-         Che strano semaforo!

-         Davvero! Non ne ho mai visti di fatti così con le scritte luminescenti sotto.

-         Ne inventano una il giorno

-         Guarda! c’è un altro cartello, siamo arrivati?

-         Mi sembra presto.

-         Hai letto? C’è scritto –RANE-.

-         -RANE-? –FRANE- c’era scritto, hai letto male.

-         Veramente io ho letto –RANE-.

-         In Inghilterra sono segnate le zone di transito dei batraci, l’ho letto da qualche parte. Ma qui in Italia chi vuoi che gliene freghi dei ranocchi.

-         Forse qualche gruppo animalista, ma –RANE- o –FRANE-, per favore rallenta.

-         Va bene, sto decelerando, sono appena a sessanta, non schiaccerò nessun ranocchio, ma se vedo una frana tiro una frenata, sei contenta?

-         Comunque c’era scritto -RANE-.

-         Ma va’…

-         Attento! La strada è ostruita!

-         Ecco la frana, te l’avevo detto!

Eusebio pigiò il freno ed il modulo si arrestò a pochi metri da una massa scura che occupava l’intera carreggiata. I fari illuminarono l’ostacolo che non sembrava del tutto immobile, infatti, la massa verde e marrone di mota e detriti stava ancora smottando.

- Ma che cazzo!…- esclamò Eusebio mentre scendeva dal modulo, ed i suoi piedi si posarono su una fanghiglia viscida e scivolosa perdendo l’aderenza e lui piombò a terra, in ginocchio, con una mano che era rimasta afferrata alla portiera e la stava saldamente stringendo per riprendere l’equilibrio.

Si accorse che la mano che aveva toccato il suolo ed i pantaloni erano coperti da un liquido vischioso ed appiccicoso.

-         Ma che schifo di frana!

E si tirò su aggrappandosi con le due mani al modulo, vide che Patrizia più non era nell’abitacolo e l’altra portiera era aperta.

-         Patri, sei scivolata anche tu su questa merda?

-         ….

-         Patri! Rispondi!

Silenzio, si guardò intorno, guardò fuori, ma di Patrizia nessuna traccia, aprì allora il bauletto portaoggetti del modulo ed estrasse una pila, piccola ma potente.

Con le mani tremanti l’accese e col fascio di luce cominciò a scandagliare attorno al modulo, urlando: “Patri! Patri!” Finché non si rese conto che il suo torace era stato avviluppato da un viscido nastro rosa che lo stringeva forte, sempre più forte.

La pila gli sfuggì di mano e rotolò sul bordo dell’asfalto, tentò di urlare, ma il grido gli rimase invischiato in gola, si sentì sollevare, trascinar fuori del modulo e davanti a se vide un ovale nero, come uno scuro portale che lo stava inghiottendo.

-         RANE – pensò – RANE – e poi più niente…….

In quello stesso momento la strada panoramica fu imboccata da un’auto d’epoca, di quelle a benzina inquinante e con le marce.

Era Lucilla che guidava con perizia, mentre Nicola, seduto accanto a lei, pensava: “Ora me la scopo, questa stronza”.

-         Nico, ma sei sicuro che questa sia la strada giusta?

-         Sì e poco più avanti, dopo l’area di servizio c’è una striscia di prato verde che s’incunea tra gli abeti, fermati lì che ci fumiamo una sigaretta in pace prima di arrivare.

-         Io vedo solo una muraglia di tronchi, mi sa che mi hai fatto sbagliare strada, e magari l’hai anche fatto apposta.

-         Ma che dici, guarda, ecco la stazione di servizio.

-         Ma è chiusa, è tutto spento.

-         Vai tranquilla, siamo nel posto giusto.

Ed arrivarono al cartello con scritto -ATTENZIONE RALLENTARE-, poi al semaforo rosso con sotto -ATTENDERE PREGO-.

-         Che palle! Un semaforo anche qui, e poi naturalmente è sul rosso! Siamo in montagna, vorrei proprio sapere a cosa serve. E anche con le scritte sotto luminescenti li fanno ora, tanto siamo noi contribuenti a pagare.

-         Guarda che ora è verde.

L’auto intanto era ripartita a tutto gas…

-         Hai visto? Quando è divenuto verde, la scritta è cambiata, diceva –AVANTI-, mi sa che servono ai daltonici.

-         Dici?

-         E ora che c’è?

-         Cazzo! c’è uno -STOP!-

-         A parte che questa strada non ha incroci, poi abbiamo già superato a tutta birra il cartello. Comunque non c’era scritto –STOP!-, c’era scritto –TOPI-.

-         TOPI-? Ma che robaccia hai fumato prima? Quando mai all’ingresso d’una località turistica mettono un cartello stradale con su scritto –TOPI-? Pensi che l’abbia piazzato la proloco?

-         Ti dico che non c’era scritto –STOP!-, c’era -TOPI!-.

-         ….avrei quasi voglia di tornare indietro a farti vedere….

-         Fermati! Ecco lo spiazzo verde che ti dicevo.

C’era, infatti, un prato che rompeva la compattezza del muro d’abeti e Lucilla di malavoglia fermò l’auto proprio sul tappeto verde.

-   Direi di ripartire velocemente.

Nico senza rispondere aprì la portiera e scese, girò attorno all’auto d’epoca, aprì l’altro sportello e tirò a sé Lucilla che poco convinta si lasciò baciare.

Lei era appoggiata alla carrozzeria mentre Nico le aveva in fretta sbottonato la camicetta, poi la gonna scivolò sull’erba assieme alle slip. Le prese con le mani i seni e cominciò al baciare alternativamente i capezzoli, poi si mise in ginocchio e subito era con la lingua proprio dentro di lei e la sentiva inarcarsi mentre stava lentamente iniziando a godere e lei gli premeva la testa sempre più forte contro il ventre facendogli strusciare alternativamente il naso ed il mento nella sua fessura aperta e bagnata.

Proprio in quegli attimi inaspettatamente si sentì afferrare da robuste zampe artigliate e nella penombra vide scomparire Lucilla sotto un’informe massa grigia.

Mentre il dolore gli stava appannando la vista, dei rigidi fili gli strusciarono sul volto. Con terrore misto a stupore scorse un grande occhio che nel buio lo stava fissando a pochi centimetri dal suo volto. “TOPI” pensò ed il silenzio fu rotto dal rumore di mandibole che masticavano, di ossa che si spezzavano e da stridii metallici…..

Proprio in quell’istante la strada turistico-panoramica fu imboccata da un veicolo del soccorso stradale guidato da un autista sonnolento che poco dopo si fermò davanti ad un semaforo rosso con la sottostante scritta -ATTENDERE PREGO-.

Il guidatore s’accese una sigaretta mentre attendeva che il semaforo passasse al verde e………