GRUPPO BEATNIK C.13

 

Era il 1965 e un gruppo di giovani lucchesi iniziò ad incontrarsi sulle panchine in pietra della centralissima Via Roma, uniti dal non farcela più a sopportare la meschina realtà iperconservatrice della piccola città. Trai primi: Mauro Petroni, Bruno Lugano, Bruno Grossi, i fratelli Aprile, le sorelle Giometti, Vittorio Baccelli, Enzo Guidi, Barabba, Luciano Galli, Ciccio, Marco Pedonesi e Virginia (un loro amico gay). Poi arrivò Jarry da Firenze facendo fare la conoscenza al gruppo della buona erba e, tornò Mauro da Londra illustrando ciò che bolliva in pentola in quel momento. Fu allora che si definirono “Gruppo beatnik C.13” e attorno a loro si crearono molte adesioni e simpatie. Il “C” stava per Piazza Cittadella, quella della casa natale di Giacomo Puccini e il “13” era il numero civico di una mescita sita nella stessa piazza, nella quale si ritrovavano assai spesso a degustare il buon vino delle colline lucchesi. Erano tutti, più o meno, su posizioni radicaleggianti, amavano lo sperimentalismo artistico e la provocazione, qualcuno di loro aveva avuto stretti contatti con gruppi ludd-lettristi-situazionisti, amavano il fumo e divertirsi. Molti giovani si sentirono attratti dai capelloni (allora erano chiamati così), e mentre i loro capelli cominciavano a divenire sempre più lunghi, vennero anche a loro molti provenienti dai più disparati settori dell’intellighenzia cittadina, che prima tentarono di capirci qualcosa, poi forse anche spinti dalle mode dell’importata contestazione anglo-americana, si dimostrarono tutt’altro che indifferenti alle novità proposte da queste prime esperienze beat. Le amicizie che alcuni del gruppo (che andava ingrossando sempre di più le sue file) ebbero con Fernanda Pivano e con Andrea e Marina Valcarenghi, dettero tono e spessore culturale alle iniziative. A Marco Pannella fu organizzato il primo comizio lucchese che si tenne nel prestigioso Teatro del Giglio, e sempre nello stesso teatro fu proposto sia Guccini che il Perigeo. Guccini fu addirittura ospite per una settimana in casa del loro amico Gigi (Luigi Béllora), e in quel quartiere si ricordano ancor oggi la confusione notturna di quei giorni troppo irrorati dal vino rosso. Il Perigeo, grazie a Bruno Tommaso, divenne di casa e fu proposto alla cittadinanza più volte. E’, infatti, sul piano della controcultura che i beat lucchesi impegnarono le loro battaglie pur condividendo i temi della protesta del movimento internazionale: contro la famiglia, la scuola, l’integrazione nel mondo del lavoro, il servizio militare, l’istituzione psichiatrica, i pregiudizi sulle droghe, il conformismo della sinistra (e della destra) e a favore della non violenza. Il gruppo seguì molto da vicino, fin dalle origini, le vicissitudini dei beat milanesi, che avevano fondato nel ‘66 Mondo Beat, che dettero vita al campeggio-comune di Via Ripamonti e ingaggiarono una battaglia contro i fogli di via con i quali le forze dell’ordine allontanarono da Milano i capelloni indesiderati. Alcuni del gruppo lucchese furono testimoni diretti delle cariche della polizia a Barbonia-City e della repressione milanese. In quei giorni uscì a Lucca un polemicissimo volantino nel quale si rivendicava l’importanza del movimento e si annunziavano nuove iniziative locali e nazionali. Avevano già stampato nel maggio un giornale “Noi la pensiamo così…e via”, e poi a dicembre “Esperienza 2”. I portatori dell’esperienza maturata a Lucca furono così definiti, nel libro “Ma l’amor mio non muore” delle edizioni Arcana alla pagina 146, “…fra i primi in Italia di questo genere”. Mentre erano mantenuti i rapporti con le redazioni di Urlo Beat e Grido Beat, nati delle ceneri di Mondo Beat, a Londra il gruppo lucchese si affiliò alla CND, la campagna per il disarmo nucleare fondata da Bertrand Russel. Di questa campagna diffusero con gran successo “i bottoni” che servirono a finanziare loro stessi e anche la campagna antinucleare.

“Con l’aiuto dato con entusiasmo dai giovani lucchesi, Lucca è all’avanguardia del movimento beat nazionale” scrissero in “Noi la pensiamo così…e via”, a proposito delle iniziative contro il nucleare. Dopo i primi contatti avuti nella cantina del Mariani, si stabilizzarono in due punti di ritrovo in città: una casa in Via San Paolino, lasciata loro da un amico pittore temporaneamente trasferitosi a Venezia (era questa la loro vera base in quel periodo) e la casa di Barabba (Domenico Livolsi, direttore del primo foglio) in Via Santa Croce. All’esterno si ritrovavano sulle già citate panchine e nella bettola di Piazza Cittadella al numero 13. Dopo aver promosso una veglia per la pace e contro la guerra in Viet Nam, alla quale parteciparono molti del gruppo milanese (Gerbino, Cespuglio, Luigi Fedele e signora, Carlo Silvestro, ecc.) nel Natale 1966 e un’altra a Pasqua nel 1967, il gruppo lucchese partecipò ad una manifestazione sempre contro la guerra in Viet Nam che si tenne a Firenze il 25 aprile di quell’anno. In piazza della Signoria fu sonoramente fischiato l’oratore socialista e il sit-in in piazza Duomo fu interrotto da improvvise cariche della polizia. I beat lucchesi, reduci dall’aggressione peraltro immotivata, denunciarono con volantini le gratuite violenze subite. A Lucca il 4 novembre, sempre del 1967, contemporaneamente a quanto fu organizzato a Firenze da anarchici e pacifisti, il gruppo al gran completo protestò contro le celebrazioni ufficiali. VIVA GLI ESERCITI CHE NON ESERCITANO. Slogan e cartelli non violenti e antimilitaristi provocarono la reazione di un gruppo di bersaglieri, ci furono vari tafferugli nel centro storico che culminarono con sei fermi e cinque arresti: Lugano, Petroni, Galli, Guidi e Franco Aprile gli arrestati. Baccelli fu trai fermati: arrivato tardi alla manifestazione perché impegnato col lavoro, venne senza alcun motivo bloccato in un bar cittadino e senza alcuna spiegazione rinchiuso in una cella di sicurezza della caserma lucchese dei CC fino all’ora di cena. Chiamarono poi suo padre perché lo venisse a riprendere. Nei giorni successivi ci furono manifestazioni e cortei studenteschi di protesta, anche le federazioni giovanili del PRI, del PSU e del PCI, pressate dalla forte mobilitazione in atto nelle scuole, presero posizione a loro favore. La solidarietà attorno al messaggio non violento e antimilitarista da loro lanciato s’allargò sempre più tra la popolazione, solo la stampa cittadina seguitò a guardarli con molto sospetto. La reazione positiva della gente nei loro confronti fu anche confermata dall’entusiasmo tributato alla marcia non violenta di Danilo Dolci, che passò da Lucca e pose trai suoi principali obiettivi la pace nel Viet Nam, la dissociazione politica dell’Italia dall’intervento militare USA, il servizio civile, la riduzione delle spese militari. Quell’anno vi furono anche contatti con la rivista genovese Ana Etcetera e con sua grande sorpresa un gruppo buddhista milanese venne a trovare Baccelli a casa di Barabba per conoscerlo, incuriositi dalla lettura della una sua poesia “Kaddish per Kwannon” pubblicata su Esperienza 2. Ma l’autore mantenne un basso profilo e scontentò i milanesi. Il 1967 è l’anno di maggior impegno del gruppo: attraverso il giornale e i volantini si danno le informazioni sulle attività beat e provo internazionali, dall’Inghilterra e dall’Olanda, pubblicando racconti, reportage e lettere, tutta la stampa cosiddetta alternativa parlò del C.13, ebbero anche una pagina tutta per loro su Pianeta Fresco, supercolorata rivista cult dell’epoca diretta dalla Pivano e benedetta da Ginsberg. Tra le tante attività si ricordano la manifestazione pro Stiliti e, anni dopo il corteo per Valpreda libero. Si unirono al gruppo Rotolo, Assuero, Iselda, i coniugi Marconcini e Francesco Petri che portò un suo gruppo di amici, trai quali i fratelli Sella e Marino Salom. Poi nel corso del ‘68 il movimento beat lucchese si dissolse, in parte assorbito dalle vaste e radicali forme di protesta messe in atto dal movimento degli studenti, lasciando tuttavia spazi a colpi di coda e molto interesse per un tipo di informazione e di cultura alternativa che continuerà a produrre fogli e giornali sotterranei collegati con analoghe iniziative nazionali e internazionali.

Dopo l’esperienza beat si formò a Lucca lo Studio 21 che prendeva il nome dal numero civico, lo studio si trovava, infatti, in Via Santa Croce, al numero civico 21. Animatori dello S.21 furono, Elio Luigi Ardinghi, che era già stato il grafico ufficiale del C.13, Vittorio Baccelli e Marco Pedonesi. Lo S.21 fu all’inizio molto attivo nel campo dell’arte, uscirono tre numeri di un proprio bollettino, i cui articoli furono quasi totalmente ripresi dalla rivista nazionale D’ars, nacque anche un gruppo per le arti figurative che si chiamò G4, il quattro stava per il numero dei componenti: Ardinghi, Baccelli, Pedonesi, ai quali si aggiunse Antonio Milite, detto Tonino. Fu proprio Tonino che negli anni ‘70 divenuto militante PCI e marito della vedova Calabresi, disegnò la bandiera della pace, quella con i colori dell’arcobaleno. Il G4 organizzò diverse mostre di pittura, tutte all’insegna della contestazione più radicale e contro il mercato dell’arte e la sua mercificazione. Tra le tante si ricorda una collettiva a Borgo a Mozzano (LU), che a metà durata fu sospesa per litigi con i membri del locale circolo Unione che l’ospitava. Altra collettiva, alla sala Cultura del Teatro del Giglio di Lucca, e qui stranamente tutto filò liscio, poi la Manifestazione Anaoggettuale con Happening al salone Salvemini del PSU, che fu aspramente contestata dagli stessi socialisti i quali ritennero opportuno pubblicamente dissociarsi, definirla un atto non-artistico e censurare (fu fatto sparire) un lavoro dadaista di Baccelli, un ready made: trattavasi di un preservativo imbullonato. Vennero in questa rassegna presentati oggetti di consumo, violentati e privati così della loro funzione. Questa Manifestazione Anaoggettuale si tenne il 9 marzo del 1969. Lo S.21 fu dunque un turbinio d’idee e all’interno di esso maturarono anche le posizioni di alcuni (Marinella Lazzarini, Papini, ecc.) che furono poi militanti del Potere Operaio d’ispirazione pisana, che dette successivamente vita a Lotta Continua. Moltissime esperienze, anche contraddittorie, si svilupparono in quell’unica stanza con bagno annesso, che fu lo S.21: artistiche, politiche, esoteriche, medianiche, psichedeliche, religiose e chi ne ha, più ne metta. In quella sede oggi c’è l’ufficio di un’agenzia assicurativa, e se continuiamo a dare un’occhiata all’oggi troviamo Baccelli che è rimasto radicale, l’Ardinghi è il presidente della circoscrizione 1 del centro storico di centro-destra, Virgilio Papini, altro frequentatore e successivamente fondatore di L.C. a Lucca, ora è vicino ad AN, alcuni sono rimasti orientati a sinistra con forti contaminazioni new age. Favorì lo scioglimento dello S.21 anche la repressione che dopo piazza Fontana s’abbatté su di esso: continue perquisizioni con sequestro di materiali. Perquisizioni che colpirono anche il Baccelli nella sua casa a Borgo a Mozzano e che portarono al sequestro e alla perdita di una numerosa e preziosa documentazione cartacea di quel periodo: documenti dello S.21, del G4, di Mondo Beat e dei Situazionisti.

Dopo l’esperienza dello S.21 Baccelli fondò con alcuni amici il ciclostilato FUCK, furono organizzati eventi musicali, fu fatta continua controinformazione, il tutto su posizioni radicali ma non pannelliane. In questo periodo si ampliarono i contatti con Stampa Alternativa, e ancor oggi si ricorda il suo direttore, Marcello Baraghini, ospite in una casa lucchese sotto un’alluvione: durante la notte si allagò la stanza ove lui dormiva. Contatti avvennero anche con il disegnatore Max Capa, direttore della rivista PUZZ, oggi disperso in qualche campagna della Francia. Esaurita anche l’esperienza di FUCK, Baccelli & soci lanciarono sul mercato alternativo il foglione mensile “La rivolta degli straccioni” che si stampava nella tipografia degli anarchici (Il seme) a Carrara e fu aperto il “Bureau de l’art” uno spazio artistico autogestito in pieno centro storico lucchese che per molti anni ha raccolto nella generale indifferenza cittadina il fior fiore dello sperimentalismo artistico, quello sperimentalismo volutamente ignorato dai mass media in quel periodo e del quale solo oggi, alcune punte dell’iceberg talvolta appaiono su specializzate riviste culturali. Baccelli entrò nel circuito internazionale dell’arte postale e da allora espose a raffica in collettive in tutto il mondo, almeno finchè durò l’età d’oro della mail art. Era anche entrato a far parte dell’élitario gruppo dei poeti visivi. Ebbe contatti anche con il pittore Baratella, piovuto in lucchesia con il situazionista Cesarano che lo mise in corrispondenza epistolare con Joe Fallisi e Coppo. Attivò poi l’Alta Scuola di Corrispondenza e il Vittorio Baccelli Magazine, dette il via alle due rassegne multimediali “millennium” e “luther blissett eXperience”, ma questa è storia di oggi, mentre la tradizionale arte postale, venuta a contatto con internet, radicalmente cambiava e si mutava forse in qualcosa d’altro, e mentre il pensiero beat si trova oggi solo sui libri, sulle riviste, sui filmati, in internet a testimonianza d’una ventata di libertà culturale, forse irripetibile.

 

 

Piccola biografia sul C.13 e dintorni:

 

-         Noi la pensiamo così…e via – numero unico, Lucca 1967 (maggio)

-         Esperienza 2 – numero unico, Lucca 1967 (dicembre)

-         Pianeta Fresco – numero unico, Milano 1967 (dicembre)

-         …ma l’amor mio non muore – a.v. con introduzione di Gianni Emilio Simonetti – Arcana Editrice, Roma 1971

-         Carconia - di Lugano, Guidi, Cattalini e Joško – ed.Maria Pacini Fazzi, Lucca 1977

-         Salta su nel bidone - di a.v. – Gruppo Editoriale Gocce di Miele, Lucca 1978

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