IL CLAVIGERO E L’ARMADIO

 

Il clavigero ha attraversato tutto un continente per giungere a questo punto,  partito col suo modulo personale anti-g  ha attraversato fiumi, contrade, città e deserti. Ha infine scorto l’imponente catena montuosa che segna il suo luogo d’arrivo. Lascia il modulo in attesa e a piedi s’addentra nell’esagono non tecnologico all’interno del quale la lamaseria si trova a ridosso delle rocce più alte del mondo. Se il viaggio in modulo è stato lungo, lo è altrettanto quello a piedi lungo antichi sentieri pietrosi che attraversano lande disabitate e villaggi di gente montana. Dopo il lungo peregrinare la lamaseria è infine davanti a lui, anche se neppure le bussole funzionano all’interno dell’esagono, la strada per raggiungere la meta è ben segnalata da antichi petroglifi che sporgono tra le altre rocce al limitare del sentiero. Il clavigero sa leggere le pietre e avanza spedito e senza incertezze. Sale la lunga scalinata in pietra scolpita direttamente nella roccia e varca l’ingresso della lamaseria che è aperto in previsione del suo arrivo. L’aula d’ingresso l’accoglie con la sua profonda immensità. Il clavigero si guarda attorno mentre le due ante di bronzo si stanno silenziosamente chiudendo. L’aula è immensa e illuminata dall’alto da aperture invisibili che sicuramente trovano alloggio prima della volta. Accanto alle pareti, due in pietra e le altre dipinte con mandala, c’è tutta una fila di statue di buddha, identiche nella forma e nelle dimensioni, ma ognuna di materiale diverso. Il clavigero ha già avuto dettagliate notizie sulla lamaseria e si guarda attorno alla ricerca dell’ologramma di Santa Claus che sa senziente e che gli farà da guida. Lo scorge a lato d’una porta e s’avvicina.

-         Salute a te Santa Claus.

-         Tu sia il benvenuto, clavigero, ti stavamo aspettando. Vuoi che ti indichi come arrivare dal Lama?

-         No, non è lui che devo incontrare.

-         Sei venuto per l’armadio?

-         Sì, per quello.

-         La fonte della conoscenza, così almeno si dice.

-         Ti sento dubbioso.

-         È vero, per essere una fonte di conoscenza è quantomeno strana, nessuno è ancora riuscito a capirci qualcosa.

-         Sta scritto che un clavigero ci riuscirà, per questo sono giunto.

-         Sappiamo che sei il clavigero più preparato, il più tosto dicono i novizi, la tua conoscenza su questioni magiche e mistiche è superiore a quella di chi ti ha preceduto, ma sei sicuro di non aver già tentato di risolvere il mistero?

-         Ci sto tentando ora, ma parlami dell’armadio, tu cosa ne sai?

-         Perché vuoi risentire cose che ho già detto?

-         Agli altri le avrai già dette, non a me.

-         Come vuoi, quando gli alieni giunsero sulla Terra e vi rimasero per circa cinquanta anni, per poi andarsene senza mai più ritornare,  anzi cercando di nascondere tutte le tracce del loro passaggio, colui che li guidava lasciò un armadio nelle sue stanze vuote.

-         Lasciò o si dimenticò?

-         Chissà forse potrebbe essere anche un regalo, o un’arma pronta ad innescarsi.

-         Le sacre scritture parlano di regalo.

-         Quando mai noi ci fidiamo ciecamente delle sacre scritture? Andiamo avanti, l’oggetto all’apparenza sembra un manufatto terrestre, un comune armadio di legno pregiato costruito da un buon artigiano. L’unica differenza è che è molto grande, forse l’armadio più grande che sia mai stato costruito. Nella realtà questo non è un armadio perché chi vi è entrato l’ha trovato di dimensioni impossibili, quasi infinite e zeppo di cose banali e inutili: vestiti, scarpe, cinture, divise, cappelli, bastoni, ecc. Vi sono anche tavoli, sedie, poltrone, letti, lenzuoli, cuscini tappeti e arazzi.

-         Lo so, ho i rapporti degli altri clavigeri che si sono addentrati nell’armadio.

-         Non di tutti però, qualcuno non è più tornato indietro.

-         Anche questo è di mia conoscenza. Ora basta, sono venuto qua attraversando tutto il mondo non per conversare con te, ma per esplorare l’interno del sacro armadio.

-         Ok! Padre t’accompagnerà.

-         Padre chi?

-         Padre Pio, è l’ologramma sito accanto alla porta di fronte a questa, dall’altro lato dell’aula d’ingresso. Ti accompagnerei io ben volentieri ma non posso spostarmi da questa sala. Padre è invece concepito in altro modo, pur essendo un ologramma denso pure lui, è di concezione diversa e più avanzata. Oltre ad esser senziente può spostarsi fin dove vuole senza scollegarsi dal suo io. È meno intelligente di me perché è più recente, ma sta imparando in fretta, tra poco credo riuscirà a superarmi in tutto.

-         Grazie Santa, mi avvio.

-         Buona fortuna clavigero e al tuo ritorno fammi sapere cosa hai scoperto.

-         Non so se mi sarà concesso di ripassare da qui.

-         Tornerai, tornerai come sempre, stanne certo.

Il clavigero resta per un attimo perplesso da queste ultime parole, ma gli ologrammi si sa, sono senzienti ma fino a un certo punto, scuote la testa a mo’ di saluto e attraversa l’immensa aula recandosi dalla parte opposta ove l’olo di Padre vestito d’un semplice saio lo sta attendendo. Dopo i saluti di rito Padre s’avvia seguito a poca distanza dal clavigero, verso il cuore della lamaseria. Lungo le scalinate e i lunghi corridoi incontrano numerosi lama, bonzi e novizi, e tutti li salutano con reverenza al loro passaggio. Dopo un lungo cammino giungono davanti ad una porta di legno massiccio, chiusa. Padre appoggia la sua mano destra all’anta e la porta si spalanca. Un’immensa stanza spoglia è davanti a loro, solo un grandissimo armadio è appoggiato alla parete di fondo e la occupa totalmente. Il clavigero s’avvicina al manufatto e dal proprio zaino toglie una barra luminescente costruita da materia e da luce. Avvicina la piccola asta a un foro sull’anta dell’armadio e la luce penetra nel suo interno, s’odono tutta una serie di deboli clic, poi le due porte dell’armadio si aprono mostrando a prima vista un comune armadio con una barra di legno trasversale alla quale sono appesi centinaia di abiti. Il clavigero un po’ perplesso da questa prima visione rimette l’asta luminescente nello zaino, scosta gli abiti che ha di fronte, dietro a questi un’altra fila d’abiti sospesi, scosta pure questi e appare un’altra fila, e poi un’altra e un’altra ancora sempre d’abiti sospesi quasi fino all’infinito. Il clavigero si ferma quando ormai è un bel po’ all’interno e chiede a Padre se vuol venire con lui. ”Volentieri, come sempre.” Dice Padre mentre entra pure lui nell’armadio. La luminosità all’interno del manufatto rimane buona anche quando la porta si chiude mentre loro procedono scostando abiti dopo abiti. Giungono infine in una sala con letti, tavoli e sedie, le pareti sono sfuggenti in lontananza mentre il pavimento sembra di solido legno. Proseguono e attraversano sale sempre simili ma più vaste e con una maggiore varietà d’oggetti casalinghi e non: lampadari, quadri, tappeti, spade, scacchiere, carte da gioco, ma anche pistole e chip. È già un bel po’ che i due stanno camminando e il clavigero si siede su una poltrona mentre Padre si mette davanti a lui. Il clavigero apre i cassetti del tavolo che ha davanti, vi trova carte da gioco, fiche, pedine per vari divertimenti, dadi da poker. Apre altri cassetti e in uno vi è tutto l’occorrente per il fumo: sigari, sigarette, accendini, buste di fiammiferi, posacenere di cristallo, sacche piene di tabacco aromatico, cartine d’ogni forma e dimensione, piccole pipe di vari materiali, alcuni chilum. Il clavigero prende un sigaro molto profumato e con uno zolfanello l’accende. Aspira alcune boccate e chiede a Padre se ne vuole uno pure lui. Padre rifiuta ringraziandolo. Ci sono delle tavolette di cioccolata in uno dei cassetti e lui ne mangia alcune confezioni. Solo allora s’accorge che Padre ha in mano delle lattine di birra messicana e gliele posa proprio davanti sul tavolo. Il clavigero gli sorride, prima s’alza per fare i suoi bisogni e in mancanza d’un locale adeguato li fa in una grande zuppiera d’oro e cristalli pulendosi  con un velo di seta, scola poi un paio di birre, infine si sdraia su un divano addormentandosi di botto. I sogni giungono all’improvviso e lui si ritrova davanti all’imponente catena montuosa che segna il suo luogo d’arrivo. Lascia il modulo in attesa e a piedi s’addentra nell’esagono non tecnologico all’interno del quale la lamaseria si trova a ridosso delle rocce più alte del mondo. Se il viaggio in modulo è stato lungo, lo è altrettanto quello a piedi lungo antichi sentieri petrosi che attraversano villaggi abitati da gente montana. Dopo il lungo peregrinare la lamaseria è infine davanti a lui, anche se neppure le bussole funzionano all’interno dell’esagono, la strada per raggiungere la meta è ben segnalata da antichi petroglifi che sporgono tra le altre rocce al limitare del sentiero. Il clavigero sa leggere le pietre e avanza spedito e senza incertezze. Sale la lunga scalinata in pietra scolpita direttamente nella roccia e varca l’ingresso della lamaseria che è aperto in previsione del suo arrivo. L’aula d’ingresso l’accoglie con la sua profonda immensità. Il clavigero si guarda attorno mentre silenziosamente le due ante di bronzo si stanno silenziosamente chiudendo. L’aula è immensa e illuminata dall’alto da aperture invisibili che sicuramente trovano alloggio prima della volta. Accanto alle pareti, due in pietra e le altre dipinte, c’è tutta una fila di statue di buddha, identiche nella forma e nelle dimensioni, ma ognuna di materiale diverso. Il clavigero ha già avuto dettagliate notizie sulla lamaseria e si guarda attorno alla ricerca dell’ologramma di Santa Claus che sa senziente. Lo scorge a lato d’una porta e s’avvicina. “Salute a te Santa Claus”. A quel punto incubi indicibili lo prendono e tutto si fa confuso, mura gli si stanno stringendo attorno e lui si ritrova chiuso tra casse che vengono spinte sempre più giù nelle profondità della terra e all’improvviso si risveglia senza ricordarsi nulla ma felice d’essere uscito da un incubo. Si guarda intorno, è solo nella stanza all’interno dell’armadio, Padre è scomparso, lui inutilmente lo chiama a gran voce. Riparte allora tra gli oggetti assurdi accatastati sempre più numerosi, scostando tende e drappeggi. Ora vi sono mucchi di videocassette, CD, libri, floppy, dischi in vinile, mucchi di cellulari coi led ammiccanti, computer sventrati e periferiche scollegate, e tra tutto il ciarpame il clavigero scorge una bici. Vi sale sopra e inizia a pedalare: gli ambienti si susseguono vertiginosamente l’uno all’altro e lui pedala di buona lena evitando  cumuli d’oggetti più o meno informatici accatastati e mobili di fogge sempre più assurde depositati nell’armadio. Una parete laterale in legno si staglia ora davanti a lui e lui scorge un punto luminoso sulla sua superficie Scende di bici, scavalca manichini semitrasparenti poggiati sul pavimento che lasciano intravedere i loro organi interni funzionanti, dallo zaino estrae nuovamente la piccola barra che incunea nel punto luminoso. La barra penetra all’interno di quella serratura e s’ode tutta una serie di scatti meccanici. Le due ante si aprono verso l’esterno e di fronte a lui s’erge una montagna immensa nell’ora del crepuscolo. Il clavigero esce all’aperto, l’aria è fredda e pungente, si guarda bene attorno e davanti gli si snoda un sentiero, prima d’imboccarlo si volta indietro, la porta da cui è ora uscito è scomparsa. Percorre il sentiero finchè non si trova davanti ad un petroglifo: è sulla giusta strada, sta per giungere alla lamaseria ove deve esplorare l’armadio, il manufatto alieno che è un rebus non risolto ormai da centinaia d’anni. Sale la lunga scalinata in pietra scolpita direttamente nella roccia e varca l’ingresso della lamaseria che è aperto in previsione del suo arrivo. L’aula d’ingresso l’accoglie con la sua profonda immensità. Il clavigero si guarda attorno mentre silenziosamente le due ante di bronzo si stanno silenziosamente chiudendo. L’aula è immensa e illuminata dall’alto da aperture invisibili che sicuramente trovano alloggio prima della volta. Accanto alle pareti, due in pietra e le altre dipinte, c’è tutta una fila di statue di buddha, identiche nella forma e nelle dimensioni, ma ognuna di materiale diverso. Il clavigero ha già avuto dettagliate notizie sulla lamaseria, così dettagliate che ha una sensazione fastidiosa di déjà-vu, si guarda attorno alla ricerca dell’ologramma di Santa Claus che sa senziente. Lo scorge a lato d’una porta e s’avvicina.

-         Salute a te Santa Claus.

-         Tu sia il benvenuto, clavigero, ti stavamo aspettando. Vuoi che ti indichi come arrivare dal Lama?

-         No, non è lui che devo incontrare.

-         Sei venuto per l’armadio?

-         Sì, per quello.

-         La fonte della conoscenza, così almeno si dice.

-         Ti sento dubbioso.

-         È vero, per essere una fonte di conoscenza è quantomeno strana, nessuno è ancora riuscito a capirci qualcosa.

-         Sta scritto che un clavigero ci riuscirà, per questo sono giunto.

-         Sappiamo che sei il clavigero più preparato, il più tosto dicono i novizi, la tua conoscenza su questioni magiche e mistiche è superiore a quella di chi ti ha preceduto, ma sei sicuro di non aver già tentato di risolvere il mistero?

-         Ci sto tentando ora, ma parlami dell’armadio, tu cosa ne sai?

-         Perché vuoi risentire cose che ti ho già detto?

-         Agli altri le avrai già dette, non a me.

-         Come vuoi, ricomincio la lezione: quando gli alieni giunsero sulla Terra e vi rimasero per circa cinquanta anni, per poi andarsene senza mai più ritornare, e anzi cercando di nascondere tutte le tracce del loro passaggio, colui che li guidava lasciò un armadio nelle sue stanze vuote.

-         Lasciò o si dimenticò?

-         Chissà forse potrebbe essere anche un regalo, o un’arma pronta ad innescarsi.

-         Le sacre scritture parlano di regalo.

-         Quando mai noi ci fidiamo ciecamente delle sacre scritture? Andiamo avanti, l’oggetto all’apparenza sembra un manufatto terrestre, un comune armadio di legno pregiato costruito da un buon artigiano. L’unica differenza è che è molto grande, forse l’armadio più grande che sia mai stato costruito. Nella realtà questo non è un armadio perché chi vi è entrato l’ha trovato di dimensioni impossibili, quasi infinite e zeppo di cose banali e inutili: vestiti, scarpe, cinture, divise, cappelli, bastoni, ecc. Vi sono anche tavoli, sedie, poltrone, letti, lenzuoli, cuscini tappeti e arazzi.

-         Lo so, ho i rapporti degli altri clavigeri che si sono addentrati nell’armadio.

-         Non di tutti però, qualcuno non è più tornato indietro e qualcuno invece va avanti e indietro fin troppe volte.

-         Non tutto quello che dici è di mia conoscenza ma ora basta, sono venuto qua attraversando tutto il mondo non per conversare con te, ma per esplorare l’interno del sacro armadio.

-         Ok! Padre t’accompagnerà.

-         Padre chi?