- vittorio baccelli - i racconti -

- apparso per la prima volta su "mainframe" - le donne della realtà e quelle della fantasia si sovrappongono nella vana ricerca di decodificare e razionalizzare l'eterno femminino -

vittorio baccelli

                                PUNTO DI CONVERGEN ZA

 

 

                                        Il cielo e l’acqua percorrono strade diverse.

                                        L’immagine del conflitto,

                                        così in tutti i suoi atti l’uomo superiore

                                        considera attentamente l’inizio.

                                                                       (I King)

 

In fisica non c’è nulla che impedisca ad un oggetto di sparire dallo spazio tempo in un punto qualsiasi e istantaneamente riapparire in un altro.

Se poi prendiamo in esame la teoria quantistica, risulta ovvio che essa favorisce ampiamente questo punto di vista.

Le particelle subatomiche svaniscono in continuazione per riapparire da qualche altra parte senza che alcun scienziato sappia giustificare in modo logico, scientifico ed esauriente, come possa essere avvenuta questa transizione.

Come per assonanza sto in questo preciso istante facendo mente locale su gli esseri umani di sesso femminile, le cui esistenze  si sono intrecciate con la mia, modificandola, in parole povere sto riflettendo sulle donne che ho, ho avuto ed avrò, sia nella vita reale che nei ricordi o nelle preveggenze oniriche.

L’uso dell’induttore delta ha forse fatto chiarezza, oppure ha incasinato totalmente, a seconda dei punti di vista, la mia parte sentimentale.

Le male lingue diranno che anche le droghe hanno avuto la loro parte, ma io non credo.

Al primo posto, quello principale, ritrovo Elisabetta e la mia storia (le mie storie) con  lei attraverso i vari piani di esistenza s’intreccia con quella dell’Imperatore e dell’Inquisitore.

Patty appare invece fuggevolmente solo nei miei ricordi versiliesi.

Valentine ricopre un ruolo fondamentale, ha due personalità, la prima mi ama teneramente, la seconda vuol cancellarmi ad ogni costo.

Scaglie Dorate appare e scompare, senza alcun preavviso, sia nel presente che nel futuro remoto.

 

A Cnosso il santuario di Venere era pavimentato con gusci di conchiglie, il riccio e la seppia le erano sacri. Venere è chiamata figlia di Dione perché Dione era la signora della quercia, dove l’amorosa colomba faceva il nido. Zeus si vantò d’essere il padre di Venere dopo essersi impadronito dell’oracolo di Dione e Dodona.

 

Dopo l’abbandono di Valentine il venerdì tredici dopo l’eclisse, Scaglie Dorate è riapparsa ed abbiamo trascorso un intero giorno a Marina di Pietrasanta, come vecchi amici, come se l’interruzione dovuta alla presenza di Valentine non fosse mai esistita.

Il giorno seguente Scaglie Dorate con la sua auto gialla mi ha accompagnato in uno sperduto paesino tra le montagne ove ho presentato un libro di poesie di un amico.

Valentine uno, quella che mi ama, avrebbe fatto un casino della madonna quando le ho raccontato dei miei due giorni passati con l’altra, ma ora è il tempo di Valentine due, quella che vuol cancellarmi, ed al mio racconto, indifferente ha chiesto se mi sono divertito.

Come sei buffino con i pantaloni corti ! esclamava affettuosamente la prima, e queste sue affermazioni mi mancano.

Aspetterò pazientemente, intanto è riapparsa Elisabetta, l’ho scoperta in una persona insospettabile.

La conosco da anni, ma la sua vera personalità attuale, non l’avevo ancora colta.

E’ successo per caso, tutto succede sempre per caso, ero entrato in casa sua, la porta era aperta come quasi sempre succede nelle case in campagna, e dalle scale l’ho vista nuda, di spalle, mentre stava facendo la doccia.

E’ stato il suo culetto a farmi capire la sua vera identità.

Imbarazzato sono tornato in cucina, piano piano, per non farmi sentire nella retromarcia, ed ad alta voce ho chiesto se c’era nessuno.

Lei è apparsa coperta dall’asciugamano ed ho cominciato a darmi dello stupido per aver fatto marcia indietro.

Le ho fatto cenno di scostare il telo, ma lei si è schermita sorridente nel suo diniego.

C’era anche Elisabetta nello sperduto paesino, ma ho fatto finta di nulla, ma lei il giorno successivo mi ha fatto avere un contatto con una entità con la quale ha rapporti fin da quando era bambina.

L’entità familiare dev’essere rimasta più colpita di me dal contatto quando ha avvertito i mie molteplici piani di realtà, ma ha voluto lo stesso trasmettermi un consiglio valido sia per Elisabetta che per Valentina: “attendi con fiducia”.

 

Teti e Tetide sono i nomi di Venere sia come creatrice che come dea del mare. Su una gemma nella grotta Idea, Venere è incisa che soffia in una conchiglia con un anemone di mare accanto all’altare. Quasi mai Venere cedeva alle altre dee il magico cinto che faceva pazzamente innamorare.

 

Situazione di stand by, periodo d’approfondimento, lascio perdere la consolle ed inizio la lettura di un vecchio libro preso a caso, è “Grande Sacerdote” di Timoty Leary, un malloppone che non sono mai riuscito a leggere per intero, per la verità ho letto solo una pagina qua ed una pagina là, prese a caso.

Questo libro me lo prestò Cino prima di morire in un incidente d’auto, e mi è rimasto, la cosa mi distrae e la lettura ne risente.

Divago, ho negli occhi il turbinio di Parigi con Scaglie Dorate, e mi ritrovo agli Uffizi ad ammirare Venere con Valentine.

Non riesco ad individuare il punto di convergenza, Daniela ad Amsterdam s’è intrufolata nel percorso, ma di lei forse non m’importava poi più di tanto, quando cominciò a frequentare la banda del buco e pensare solo alle fix, la mollai, la mollai punto e basta.

Piansi solo quando mi dissero che era morta d’embolia.

Dicono che il primo amore non si scorda mai, ma l’ho scordato velocemente, fu un’esplosione e niente più.

Le facce note, femminili e sorridenti turbinano intorno a me, infine tutte si riconducono a Valentine ed Elisabetta, loro non si sovrappongono, sono ben distinte nelle loro diverse identità.

L’una l’amore, l’oblio, la sofferenza, l’altra la temperanza e la conoscenza, proiettate entrambi attraverso lo spazio ed il tempo.

Solo per un attimo raggiungo il punto di convergenza assieme alle due familiari figure femminili, mentre il libro scivola dalle mie mani e con un tonfo ovattato cade sul tappeto.

Poi cerco di far leggere queste righe all’Elisabetta riconosciuta, ma mi fermo, le dico che devo rivedere ancora il racconto, perché?

Ho qualche dubbio, non sarà stato un falso riconoscimento, oppure, più probabile, in lei vi è solo una piccola parte del ka di Elisabetta.

Solo il tempo fornirà le risposte.

L’anno scorso Valentine al ritorno dall’Elba, mi regalò due sassi, l’ho incollati insieme e ne ho tratto una poesia oggetto che ho esposto in questi giorni.

L’essenza di questo scritto si concretizza anche in questa poesia.

 

Zeus l’aveva data in sposa a Efesto, ma il vero padre dei suoi tre figli, Fobo, Deimo e Armonia, era Ares, il dio dal membro eretto, il dio della guerra. Efesto con un tranello colse in fragrante i due amanti e li mostrò a tutti gli dei intrappolati sul letto da una rete di bronzo. Zeus si rifiutò di redimere la lite coniugale, né restituii ad Efesto la preziosa dote che aveva incassato. Ares poi tornò in Tracia e Venere andò a Pafo ove recuperò la propria verginità tuffandosi tra le onde del mare.