- vittorio baccelli - i racconti -
- apparso per la prima volta su "mainframe" -
LA DONNA DELLE RIGHE
Che strana bambina era Edna. Sempre sola, introversa, mai aveva legato con le sue coetanee, fin dall’asilo.
Quando aveva quindici anni, tutti in città la
consideravano un po’ matta, bastava guardarla come camminava.
Nella sua cittadina medioevale molte erano le vie
lastricate in pietra e lei camminava sempre spedita tra una lastra e l’altra
cercando di non calpestare le righe, ed anche se si accorgeva che qualcuno la
stava osservando, proseguiva in quel suo gioco come se niente fosse.
Anche i vestiti che indossava spesso attiravano
l’attenzione, erano abiti sempre alla moda, ma esclusivamente a righe grandi,
piccole, talvolta quasi invisibili, ma sempre a righe, orizzontali o verticali.
Pure il suo zainetto, le sue borse, le foderine dei
quaderni e dei libri ed anche lo spazzolino da denti, la carta da parati della
sua camera, la penna con la quale scriveva, tutto era disegnato a righe.
Dicevamo che amiche vere e proprie non ne aveva,
manteneva però buoni rapporti con tutti, genitori, parenti, compagni di scuola
e per questo aspetto era anche benvoluta.
Quando in casa festeggiavano il suo compleanno, tutti
facevano a gara nel cercare oggetti decorati con righe per regalarglieli, ormai
la sua stranezza era pienamente accettata.
Ed anche a scuola si comportava come una studentessa
modello, sempre attenta, sempre preparata.
Aveva avuto fin da piccola la passione per il disegno
e con le matite colorate riusciva a fare dei lavori veramente interessanti
composti sempre da righe quasi parallele sistemate in verticale.
Ed è proprio con il mutare dei colori che le piatte
righe si trasformavano in nature morte, in paesaggi, in ritratti.
Con la stessa tecnica passò poi ai dipinti su tela
ad olio e notevole fu il successo che riscosse fin dalle sue prime mostre.
Non finì l’accademia perché era sempre più
indaffarata per le richieste delle gallerie che da tutto il mondo chiedevano le
sue opere.
I guadagni non tardarono ad arrivare e con quelli lei
si costruì uno studio-abitazione in periferia, ovviamente nel suo regno tutto
era a righe, dalle pareti ai pavimenti, dalle lenzuola alla tappezzeria.
Anche l’illuminazione cadeva dal soffitto in
molteplici fili, come una pioggia lucente.
Chi capitava da lei provava un senso di vertigine e
poi doveva chiudere gli occhi perché le righe danzavano attorno all’intruso
facendogli prima perdere l’equilibrio e poi anche la mente risultava
frastornata.
A quel punto Edna doveva prendere per mano il
visitatore ed accompagnarlo fuori della sua abitazione.
Elaborò un linguaggio composto di sole righe
verticali multicolori, e questo linguaggio le piacque talmente tanto che sotto
ogni suo quadro scriveva sempre qualche verso di una poesia o una frase composta
per l’occasione.
Ed alcuni dei suoi quadri erano totalmente ricoperti
da questa particolare scrittura che nessuno riconosceva come tale.
La sua pittura intanto pian piano iniziò a staccarsi
dalle immagini reali per divenire prima surrealista e poi sfociare in un
informale che agli occhi dei critici veniva scambiato per optical.
Su delle vecchie agende aveva iniziato a tenere un
diario, ove appuntava tutte le sue giornate, scritto ovviamente nel suo
linguaggio a righe verticali multicolori.
L’insieme di Cantor l’affascinò con le sue
implicazioni algoritmiche, anche i codici a barre l’attraevano e conservava in
una serie di scatole tutti i codici a barre dei prodotti che lei acquistava.
Talvolta entrava in un supermercato solo per divertirsi a leggere sorridente i
codici.
Aprì un sito in rete e riempì pagine intere con i
suoi racconti, le sue poesie ed i suoi disegni.
Le scritture erano ovviamente nel suo linguaggio, ed
attese che qualcuno le rispondesse.
-
Ci sarà pure nel mondo un essere umano in grado di capirmi – pensò.
Il sito poteva infatti essere visionato da chiunque,
ma ogni eventuale comunicazione doveva essere inviata solo nel suo linguaggio.
Edna aveva anche elaborato con la stessa metodologia
un idioma per la matematica ed in rete aveva immesso tutta una serie di
operazioni numeriche.
Tutti i giorni controllava il sito ed ogni tanto
immetteva qualche sua opera che a lei piaceva particolarmente o una poesia o un
disegno o un racconto o una pagina del suo diario.
- Hanno decifrato i codici più complessi, i
geroglifici egiziani, il linguaggio di John Dee, prima o poi qualcuno sarà in
grado di leggermi.
Cominciò anche ad elaborare, sempre con la stessa
sua personale tecnica, delle sculture olografiche che incontrarono anch’esse
il parere favorevole della critica e tre delle più belle le trasferì in rete.
Centinaia di persone visitavano ogni giorno il suo
sito, ma nessuna comunicazione giungeva.
Le pagine in rete venivano spesso riprodotte su
riviste d’arte o finivano alla TRI-TV, anche la sua casa era meta obbligata
per le riviste d’arte e d’arredamento e lei era ormai un’artista famosa in
tutto il mondo.
Iniziarono poi le visioni, lei si trovava
all’improvviso immersa in un set composto da sole righe colorate nel quale si
distinguevano paesaggi irreali che s’intrecciavano con forme simili a
giganteschi chips colorati, che si susseguivano assemblati in forme
caotiche, sì che pareva di trovarsi all’interno di una metropoli
informatica sulla quale incombeva una volta celeste solcata da righe multicolori
che ricordava i cieli di Van Gogh e di Munch, e dall’astro che illuminava il
tutto si dipanavano miliardi di linee forza che s’intrecciavano poi alle forme
pseudoterrestri metropolitane. E sempre le visioni con la stessa velocità con
cui erano apparse, svanivano, lasciando Edna confusa ma estasiata.
Decise di farsi tatuare il corpo e sulla carta disegnò
attentamente tutta una rete di righe che l’avrebbero ricoperta da capo a
piedi.
Le righe orizzontali erano verdi e quelle verticali
azzurre, il suo corpo sarebbe divenuto un reticolo vivente carico di emozioni e
di messaggi.
Cercò il più bravo artista artigiano esperto in
tatuaggi e la scelta cadde su un anziano cinese che aveva lo studio alla
periferia della città.
Si recò al laboratorio del cinese con i fogli
arrotolati sottobraccio, sui quali aveva disegnato il complesso tatuaggio da
eseguire.
Il cinese guardò molto a lungo il disegno ed Edna
ebbe la certezza che lo comprendesse nella sua intima essenza, quando infine
sembrò averlo appieno inteso, annuì, disse che avrebbe accettato il lavoro e
fissò giorno ed ora della prima seduta.
Fu proprio durante queste sedute che Edna conobbe
Alba, una strana cliente del cinese che era completamente ricoperta di piercing
e tatuaggi.
Una sola volta Edna
assisté ad una seduta del cinese con Alba e rimase molto colpita dal suo
corpo ove carne e metallo si fondevano in volute complesse.
Il corpo di Alba rimase fisso nella sua memoria e su
lastre metalliche lo disegnò più volte col laser in sottili righe di carne e
metallo che s’intersecavano tra loro formando l’immagine tridimensionale di
Alba.
Regalò poi ad Alba una delle lastre più belle, ove
si vedeva lei nuda, sdraiata con le linee carne-metallo che formavano una sua
immagine tridimensionale, splendente come le elitre di un gigantesco insetto,
che sembrava librarsi a mezz’aria come un simulacro olografico.
Presentò le lastre con Alba in alcune mostre assieme
ad olosculture nelle quali solidi mobili si dipanavano in angolature impossibili
con effetti cinetici cortocircuitando la visione dei fruitori.
Inutile dire che sia le lastre laser che gli
ologrammi ottennero un successo grandioso.
Quando si sparse la notizia del tatuaggio di Edna la
rivista Play Boy le fece
un’offerta alla grande per un servizio fotografico.
Ed Edna, ormai venticinquenne e bellissima, accettò
con entusiasmo e posò nuda, tatuata per un servizio che fece epoca e fu un
trionfo, anche finanziario perché le sue immagini oltre ad apparire sulla
patinata rivista furono il soggetto di innumerevoli poster tridimensionali e no
e di molti ologrammi.
Dopo questo servizio olofotografico che fece
scalpore, moltissime furono le richieste di
usare per la pubblicità il suo corpo tatuato, ma queste lei le rifiutò sempre,
malgrado i tantissimi crediti offerti, tanto ormai era famosa e ricchissima.
Un giorno, sorpresa! Trovò sul computer
la prima risposta dopo che il sito era stato visionato da migliaia di
persone.
< TU IO COMUNICARE IO TU >
Queste semplici cinque parole riempirono Edna di
gioia, c’era qualcuno che finalmente avrebbe potuto veramente comprenderla.
Si mise tutta la notte al lavoro, una sigaretta
dietro l’altra preparò un programma per traslitterare l’italiano nel suo
alfabeto, poi selezionò un centinaio di libri che erano nelle sue memorie
solide, tutti libri scritti in italiano e tutti testi letterari di romanzi che
amava, poi scelse una diecina di testi matematici.
Ordinò al computer di traslitterare i tomi e di
scaricarli nel suo sito, fatto questo si buttò sul letto si addormentò ed
attese.
Alcuni giorni dopo giunse un nuovo contatto < SONO
UNA ENTITA’ COLLETTIVA LA TUA PERCEZIONE E’ SIMILE ALLA NOSTRA. A PRESTO
TUE NOTIZIE >
Ed Edna digitò la risposta < ENTITA’ SAREI
FELICE DI CONOSCERE LA TUA REALTA’>
Ed il computer < IL TUO TEMPO ED IL TUO SPAZIO
SONO DISTANTI DAI NOSTRI MA POTRAI CONOSCERE > ed apparve tutta una
lunghissima listata di disegni tecnici e spiegazioni.
Edna fece tradurre tutto dal computer in italiano,
poi assemblò il progetto a libro e giorni dopo si recò personalmente alla
filiale italiana della SENDAI, prese un appuntamento con uno dei massimi
dirigenti della multinazionale neoinformatica che a Tokyo la ricevette dopo
pochi giorni.
Edna, forte della sua fama internazionale disse che
voleva costruissero esattamente l’oggetto disegnato, in cambio offriva sé
stessa per uno spot pubblicitario. Se vi fossero state implicazioni innovative
nell’oggetto da costruire si accordarono per il 50% degli utili su eventuali
brevetti.
E dopo quindici giorni Edna ebbe un casco visore col
quale viaggiava in una realtà simile alle sue visioni, ma ora estremamente
concrete e reali, visioni impensabili per una mente umana ma che la
indirizzarono verso nuove comprensioni ed aprirono la via a forme d’arte ancor
più complesse ed innovative.
Ora comunicava con un mondo altro composto da identità
collettive con le quali era in perfetta sintonia e che alle volte riusciva ad
amalgamarsi con esse facendone parte.
Come pattuito posò per uno spot bellissimo per la
Sendai che fu diffuso in tutto il mondo.
Per i brevetti, invece, niente da fare, i tecnici non
riuscirono a capire nulla del funzionamento del casco, ed in quanto a
comunicare, solo lei ci riusciva.
La Sendai era sicura che il lavoro che loro avevano
eseguito, fosse stato solo un progetto artistico e la forma del casco fu con
successo utilizzata per i videogiochi interattivi dei ragazzi.
La linea del nuovo casco-visore, ovviamente firmata
“EDNA” ebbe un grande successo commerciale.