- vittorio baccelli - i racconti -
- una riflessione sulla festa della donna nella raccolta "eclisse" -
Sono
le venti ed è sera, Caterina è sdraiata sul suo letto con una rivista in mano.
Smette di leggere e posa sul tappeto il giornale, inizia tra sé a riflettere:
Oggi è arrivata la nostra festa, è l’otto marzo, ma cosa c’è da
festeggiare? Se solo diamo una distratta occhiata ai quotidiani o alla TV
vediamo che qui da noi la disoccupazione femminile è quella più alta, che le
violenze contro le donne proseguono senza tregua, che la donna resta sempre
casalinga anche se svolge un altro lavoro. E si, le più fortunate, quelle che
hanno un’occupazione, di lavori se ne ritrovano due sulle spalle, quello in
casa e quello in fabbrica o in ufficio.
E’ questa la liberazione? Qui in Italia, che tutto
sommato è uno dei paesi più ricchi del mondo, e sarebbe forse il più ricco in
assoluto se lo stato con le sue tasse dirette, indirette e mascherate, non ci
fregasse il 90% di tutto quello che guadagniamo. Si, perché oltre alla
tassazione diretta dobbiamo riflettere su quello che lo stato si prende sulla
benzina, sulle sigarette, sui giochi, sui bolli, ed anche i divieti di sosta e
gli autovelox si sono trasformati in tributi impropri da pagare. Poi se
guardiamo il resto del mondo la situazione femminile è veramente tragica: donne
comprate e vendute come fossero mercanzia, donne usate solo come oggetto di
piacere o come schiave in casa buone solo per fare figli o servire il
marito-padrone.
Credevo nell’emancipazione e nella sorellanza e
quando ero ancora una ragazza, quanti cortei e girotondi tra musica folk!
Mentre pensa queste cose, Caterina si guarda allo
specchio: A cinquant’anni sono ancora bella, ho un uomo che amo e dei figli
meravigliosi, un buon lavoro in un ente pubblico, dovrei dirmi “dio come sono
fortunata!”
Ma quando torno dall’ufficio inizia in casa
un’attività ancor più pressante con casa, figli e marito da servire ed
accudire.
Ma come siamo fortunate qui in Italia, aborto,
divorzio, libertà sessuale ed anche donne in divisa, nei vigili urbani,
nell’esercito, ma anche nella nettezza urbana, alla guida dei pullman.
Assessori, ministri, poliziotti….ma io preferisco la donna donna in lingerie
sexy alla graduata nell’aviazione od alla diplomatica.
Preferisco la donna in top e minigonna con lo sguardo
civettuolo ed il corpo adescatore che non quella alla guida del mezzo della NU o
con il blocco delle contravvenzioni che mi lascia il foglietto azzurro
sull’auto un po’ fuori delle righe.
Se nell’islam nascondono la nostra bellezza, perché
ne hanno paura, con veli e chador, da noi il nostro nudo è il simbolo del bello
in assoluto, ed è dovunque come richiamo della società mercantile oggi
globalizzata.
Donne nude sui giornali, alla TV, sui muri nei
manifesti. Compra, compra, compra, è giù nudi di donna.
Donne non solo virtuali, ma anche in carne ed ossa e
soprattutto fica, basta leggere gli annunci economici: bianche, nere, gialle,
bellissime, così e così, padrone, schiave, quinta misura, anoressiche, binde
platinate, rosse, more mediterranee, nuovi arrivi….
Avrò voglia di festeggiare stasera?
Mentre è immersa in questi pensieri, Caterina prende
dal comodino il quotidiano e si mette a leggere la pagina della cronaca
cittadina, quella degli spettacoli e degli eventi. La colpisce l’inserzione
pubblicitaria di un club privé a pochi chilometri dalla città.
Sì ecco dove passerò la serata! Ci andrò da sola e
supersexy, finalmente stasera non la negherò a nessuno! Una serata così noi
donne ce la siamo proprio guadagnata!