- vittorio baccelli - i racconti - eclisse -
- storia d'un naufragio e d'un testo esoterico, ma è solo l'inizio, da "eclisse" -
MACHECAZZO…
Roba da matti! La mia casa sui tetti, non ce l’ho
proprio più, m’hanno sfrattato, così su due piedi. Con l’ufficiale
giudiziario alla porta, lo stronzo del padrone subito dietro, ed un tipo viscido
con la cassetta degli attrezzi, pronto per il cambio della serratura. Cristo,
dico io, potevate almeno avvertirmi. Le abbiamo mandato varie raccomandate, mi
dice l’ufficiale, ma lei non le ha mai ritirate.
-
Ma le raccomandate non le ritira più nessuno, o sono multe o vogliono
dei soldi.
-
Peggio per lei se non le ha ritirate.
-
Ma io avevo fatto ricorso.
-
Il suo ricorso è stato respinto.
-
E perché?
-
Mancavano gli allegati.
-
Posso fare qualcosa ed oppormi?
-
No, ormai è definitivo.
A quel punto con il cellulare telefono al mio
avvocato che gli avevo chiesto di controllare, e lui mi conferma che non ho
ritirato le raccomandate, che mancavano gli allegati al ricorso e che non c’è
più nulla da fare. Non gli chiedo neppure quali cazzi d’allegati mancavano,
tanto capisco che è inutile.
Un mese dopo.
In quattro scatoloni di cartone vi è tutta la
documentazione accatastata degli anni 60 e 70. Messa lì alla rinfusa. Giornali,
documenti, poesie, ritagli di giornale, vecchie fotocopie con la scritta
sbiadita ed i fogli ingialliti. Tutta la documentazione di quegli anni
impossibili, pericolosi e fantastici. Proprio tutta, no: diciamo che è quello
che resta dopo le svariate perquisizioni e sequestri subiti in quel periodo.
Erano gli anni degli spinelli, della musica rock, dei
Beatles, del Viet Nam, ma poi anche dell’autonomia, delle BR. Erano i tempi
delle sigarette una dietro l’altra, degli amici che si bucavano, del sesso
facile, della creatività psichedelica e del piombo. Tempi d’estro e di
contestazione. Ed in quegli anni, vallo tu a spiegare al poliziotto di turno che
io sono un radicale, pacifista e non-violento. Sei un contestatore, dunque un
comunista e basta! Comunista io? Ma se sono libertario, anzi proprio anarchico
individualista, dunque all’estrema destra. Ed allora sì, per il poliziotto
divieni nazimaoista, il più confuso ed il più pericoloso, tu ed i tuoi amici e
via perquisizioni dopo piazza Fontana e dopo la morte di Moro. Ma io che cazzo
c’entro con tutto questo? Perquisizioni che terminavano sempre con il
sequestro di materiale “interessante”, cioè di miei racconti e poesie e di
giornali che trovavi in tutte le edicole.
-
E questa che roba è?
-
E’ sperimentalismo
artistico.
-
A me sembrano solo degli scarabocchi.
-
Guardi che questa roba qui torna ora da una mostra a Milano.
-
Perché lei espone pure questa roba?
-
……
-
E che tendenza sarebbe.
-
Tendenza?
-
Sì, scuola: impressionismo, informale….
-
Veramente io parto da Marinetti, sa il futurismo.
-
Non lo conosco.
-
Ma come, l’anarco-fascista, il fondatore del futurismo, il creatore
delle parolibere, Marinetti, caffeina d’Europa. E’ da lui che partono tutte
le avanguardie.
-
Anarco-fascista eh? Allora lei non è un terrorista rosso, è uno di
quelli neri!
-
Guardi lasciamo perdere. Vedo che lei ha capito tutto.
Sorrido a questi lontani ricordi e rovisto nel
materiale accatastato alla rinfusa un po’ di nostalgia per quegli anni ormai
lontani, per quel mondo che più non esiste. Io comunista? E giù risate! I
comunisti sono quelli che quando sono all’opposizione non puoi mai fare un
cazzo di nulla ed invece quando sono al potere possono fare di tutto, di più. I
comunisti sono la punta estrema del capitale monopolistico, quello unico di
stato. E guai a contraddirli, se lo fai sei un nemico del popolo rischi la
forca. Milioni di morti per liberare l’umanità dalle sue catene. Ma se le
catene sono il benessere, io voglio rimanere incatenato.
Ed ancora non demordono, sempre a sciacquarsi la
bocca con il nazismo ed a dimenticarsi Pol Pot, sempre a condannare Pinochet ed
ad osannare Castro. Il Che poi è divenuto un mito, a parte che a mio avviso
dovrebbe essere l’ultimo eroe romantico. Se dovessimo fare una graduatoria dei
vari dittatori assassini, temo che Benito dovremmo farlo quanto meno beato. Ora
poi siamo alla criminalizzazione di Haider, perché è un ambientalista vero,
perché non è allineato con la globalizzazione imperante, perché ha qualche
riserva sull’Europa, perché vuol contingentare per bene l’immigrazione.
Insomma non è rosso e va criminalizzato, un po’ come Peron, che le riforme
sociali le faceva davvero, ma cazzo era anticomunista, perciò era un dittatore
fascista, anche se le elezioni lui le aveva vinte.
Basta con le scivolate politiche, ho tirato fuori da
una scatola una vecchia cartella piena di poesie mie scritte di getto e mai
riguardate, doveva essere una silloge, ma non è mai stata finita, il titolo era
“La rosa gialla”, forse un giorno…
Ora ho in mano un manoscritto di diciotto pagine, ma
questo non ricordo di averlo mai scritto, ma anche certe poesie mi sembra di
averle lette per la prima volta. Non ha titolo ed ogni paragrafo è
progressivamente numerato:
1.
Ero un cavaliere di valore pur non avendo goduto dalla nascita del più
bello dei sensi, ed erano già trentasei anni contando alla maniera ordinaria
che mi trovavo tra gli uomini.
2.
Benché
privo della vista ero però abbastanza tranquillo poiché credevo che la cecità
facesse parte della mia natura. Vegetavo tra migliaia di piante della mia specie
e malgrado dovessi tutto il mio vigore all’influenza di determinate
costellazioni, non mi accorgevo affatto dello splendore della volta celeste.
3.
Assiso
sotto un palmizio, riflettevo un giorno sulle sventure della specie umana. Perché,
mi domandavo, un essere perfetto come l’uomo non deve possedere un senso di più?
Egli sarebbe più felice, mi sembra, se potesse vedere. Questo pensiero mi agitò
vivamente, e mi fece sentire la mia sventura per la prima volta nella vita.
Qualche lacrima mi sgorgò dagli occhi. Levando macchinalmente le mani verso il
cielo, le rivolsi al creatore.
4.
Un
odore soave si diffuse allora attorno a me, per goderne mi resi silente. Il
fascino aumentò e mi sentii un altro. Ciò che mi sorprese di più, fu che non
ero più sotto la palma. Le mie mani cercarono invano l’albero che mi serviva
d’appoggio ed il prato in cui ero seduto: non trovavo e non toccavo nulla
intorno a me, dov’ero? Quale essere mi sosteneva? Ma benché non potessi
capacitarmi di quanto accadeva, ero affatto inquieto della mia sorte.
5.
Ignoro
se sia stato a lungo in questo stato; come uomo non sapevo ancora misurare la
durata del piacere. I miei piedi toccarono finalmente la terra. Cercai subito
attorno a me con le mani per sapere se ero di nuovo sotto le palme, ma non
trovai né albero né prato.
6.
Un
rumore confuso arrestò le mie ricerche. Mi parve di sentire muratori occupati
ad abbattere muraglie o a praticare un’apertura nella roccia. Fui invaso dalla
paura sembrandomi che le macerie dovessero ad ogni istante schiacciarmi: le
sentivo rotolare accanto a me e frantumarsi l’una contro l’altra. Poiché
non vedevo nulla e non sapevo ove mi trovassi, mi era molto difficile sottrarmi
al pericolo che mi minacciava. Questo mi fece comprendere più che mai quanto
sia da compiangere il cieco. Le mie lacrime sgorgarono di nuovo sulle mie
disgrazie. E di nuovo invocai il creatore.
7.
Benché
fossi solo sentivo una mano posarmisi sulla fronte. Ne fui molto spaventato, ma
i miei occhi per la prima volta, videro.
8.
In
qualsiasi altro momento sarei stato molto contento di possedere un senso in più.
Invece cominciai a tremare, mentre dal
lato opposto venivano pietre enormi
che ad ogni istante minacciavano di travolgermi in mezzo alle acque.
9.
In
queste condizioni non sapevo se essere grato del dono che avevo poco prima
ricevuto. Ebbi la disgrazia di fare qualche considerazione al riguardo, e ne fui
punito.
10.
Una
pietra staccatasi da un vecchio fabbricato posto sopra di me venne a cadermi
vicino. Una piccola scheggia mi colpì al tallone. Il dolore fu vivo e vi portai
la mano. Ma non avendo mantenuto l’equilibrio in quel gesto istintivo, il mio
corpo già malsicuro, vacillò e caddi in mare.
11.
La
natura, madre saggia e provvedente, mi aveva insegnato a nuotare, e la sua
lezione mi fu utile. Per quanto avessi fretta di ritornare a terra, feci ogni
sforzo per non riapprodare nel punto ove cadevano le pietre. Mi misi a nuotare e
giunsi davanti ad una diga che impediva alle acque di entrare in un magnifico
giardino.
12.
Poiché
mi sforzavo di scavalcare il muro e di penetrare nel giardino, si avvicinò un
fanciulletto e mi tese la mano per aiutarmi a salire. Ma io non osavo
approfittare del suo zelo poiché temevo di trascinarlo con me. Egli vide il mio
imbarazzo, sorrise e mi trasse dal pericolo.
13.
Spogliati
dei tuoi abiti, disse la mia piccola guida, in questo luogo si ammette solo
l’uomo della natura.
14.
Quindi,
mostrandomi tre sentieri, mi spiegò che ero libero di scegliere e che si
offriva di condurmi attraverso quello dei tre che avrei imboccato. Uno dei tre,
aggiunse, conduce al bianco, l’altro al verde e l’ultimo al blu. Poiché ero
stato cieco per trentasei anni, non mi era facile giudicare dai colori. Espressi
il mio imbarazzo alla piccola guida che mi suggerì per risolvere la questione
di affidarmi alla sorte.
15.
Mi
diede una farfalla che era andata a prendere su una pianta. Questa pianta io
allora non la conoscevo, ma ne ho sentito alquanto parlare dopo. E disse:
“Lasciala libera, osserva la strada che prende e per quella lasciati guidare
da me”
16.
La
farfalla prese per il sentiero verde, così io ed il fanciullo la seguimmo.
17.
Nel
procedere la mia guida lasciava dei segni a distanza regolare dicendomi di
guardare e ricordare, poiché sarei dovuto ritornare da solo.
18.
Camminavamo
da mezzogiorno e la giornata volgeva al termine senza che scorgessimo abitazione
alcuna. Espressi la mia inquietudine che peraltro egli aveva già indovinata
perché non mi lasciò neppure terminare il discorso e mi avvertì che mi
armassi di pazienza e mi acconciassi a viaggiare solo se intendevo lagnarmi di
una prova alla quale avrei dovuto esser ben felice di venir sottoposto.
19.
Avvistai
infine un’alta muraglia. “Adesso bisogna penetrare in quella cinta, quello
che vedi è un labirinto, sette porte vi conducono, ma una sola conduce alla
vita”
20.
Siamo
giunti, soggiunse, non posso accompagnarti più oltre. Prima di entrare in
questa enorme costruzione, considera la sua cinta e medita sulle sette porte. Ti
ci perderai sicuramente, ma impiegando fermezza e costanza arriverai al termine
dei sette gradi di espiazione.
21.
Vedo,
continuò la mia guida, che nel tuo intimo non sei convinto né delle prove né
del successo. Sappi che sei libero di tornare indietro, se vuoi. Se ritornerai
sui tuoi passi, i segni che ho lasciato lungo il cammino ti ricondurranno
facilmente al giardino ove mi hai trovato, là, come il più vecchio dei vecchi
resterai per qualche giorno. Goderai e t’illuderai, ma un essere superiore ti
apparirà col fuoco in mano e ti caccerà nella regione dei dolori.
A questo punto decido di interrompere la lettura di
questo manoscritto che forse è mio, o forse non lo è, ripromettendomi di
terminarla un’altra volta. Rovistando trai fogli alcune vecchie foto capitano
tra le mie mani e mi soffermo su esse, questa volta ben ricordando.