- vittorio baccelli - i racconti - da: eclisse -

UNA ZATTERA CHE GALLEGGIA SUI TETTI

 

Atlantide, così S.K ha definito quegli anni. Se il continente s’è inabissato la mia zattera è rimasta a galleggiare a lungo e solo ora è forzatamente approdata, più esatto, è naufragata. Mi sono ritrovato con mobili, elettrodomestici, tappeti, quadri, libri, trecentocinquanta videocassette e quelle quattro scatole di cartone piene dei residui di una vita, di un continente sommerso. A Vasco ho regalato piatti, posate, maglioni, cappotti, tappeti, grossi cuscini, soprammobili e poi due poltrone, una credenza, un aspirapolvere, e forse anche qualche altra cosa che ora non ricordo. Il resto è finito in una casa che non è la mia, ove mi sento ospite, o talvolta estraneo. Il televisore ed il videoregistratore sono finiti in una camera, altri mobiletti sono sparsi qua e la, l’armadio è stato rimontato in salotto, la scrivania, una libreria ed un altro mobile sono assieme alle quattro scatole di cartone ospitati in una camera ove non dorme nessuno: è questo il mio studio in questa casa che non è la mia. Videocassette e libri sono sparsi un po’ dovunque. I video porno li ho chiusi in una scatola.

Sto sfogliando alcune vecchie riviste di poesia alla ricerca di miei lavori pubblicati: Sorbo Rosso, Aperti in squarci, Niebo. Altre foto escono dalle riviste, ricordi sbiaditi di amori da tempo scomparsi. Ora ho nuovamente in mano quei fogli dattiloscritti che non sono sicuro d’averli scritti io, osservo i caratteri della macchina da scrivere e li riconosco, sono della mia vecchia Remington, quella con la quale ci ho battuto la tesi per l’università di Pisa. Anni addietro, quella macchina da scrivere, giunta alla fine della sua esistenza, la depositai accanto ad un cassonetto. Riprendo la lettura ove mi ero interrotto:

22  -Eccomi solo, considerai l’esterno del vasto edificio nel quale dovevo entrare. Essendo stato avvertito di fare una scelta ponderata fra le sette porte di accesso, mi guardai bene dal presentarmi alla prima senza aver ben esaminatole altre sei. Camminai ed osservai, ma la mia incertezza non fece che accrescersi, perché le sette porte si rassomigliavano perfettamente.

23  – Ad un tratto vidi un uomo, messo come una statua ed immobile come una statua vera, solo il movimento dei suoi occhi diceva che era vivo. Incerto com’ero decisi di ricorrere a lui per chiedere informazioni, ma avevo appena iniziato a parlare che egli interruppe le domande dandomi uno schiaffo.

24  - Il contatto della sua mano mi rese immediatamente simile a lui, divenni statua a mia volta e vidi quello che mi aveva schiaffeggiato avanzare verso la porta che era di fronte a me ed introdursi nel labirinto.

25  - Passai tre anni in quella situazione, sempre fisso nello stesso posto. Ho visto durante questo forzato intervallo, cose che posso rivelare solo in parte. Animali d’ogni specie passavano continuamente ai miei lati, talvolta c’erano tra loro esseri misti, ma che si comportavano come uomini, coperti con abiti bruno-bianchi-neri e bianchi-neri: questi ultimo apparivano molto in collera con me. Qualcuno di loro portava una lunga barba e tutti avevano attorno al corpo una corda. Uno di questi esseri incappucciati venne verso di me e mi consegnò un grosso volume intitolato “Delle pene dell’inferno”, lo presi dalle sue mani e lo lessi.

26  - Un giorno, dopo tre anni di prova, al levar del sole vidi venir verso di me un uomo incappucciato. Mi ricordai allora quanto mi era accaduto in seguito allo schiaffo della statua. Come quello mi fece la stessa domanda, risposi alla stessa maniera e l’incanto non fu per nulla diverso.

27  - Fui sostituito così da un altro ed imboccai la strada che tre anni prima avevo visto seguire dal mio predecessore. Mi presentati ad una porta che s’aprì da sola e con rumore, non appena ne fui vicino. Due guardie armate di spada s’impadronirono di me senza profferir parola. Un terzo uomo mi coprì con un magnifico mantello, fui introdotto in un piccolo padiglione ove trovai una tavola imbandita.

28  - Tre specie di cibi mi furono offerti in questo posto. Io ne mangiai e le forze furono ristorate all’istante.

29  – Alcuni colpi si fecero sentire, guardai le mie guardie per sapere cosa significasse quel segnale, ma tutto sparì: ero rimasto solo.

Mentre leggevo non mi sono accorto dell’arrivo di un temporale, il tuono mi ha fatto tornare alla realtà, ma anche la corrente se n’è andata. Mi metto comodo sulla poltrona rossa ed accendo una Superleggera della Rothmans. Come posacenere uso una coppa che vinsi ad una gara podistica. Poltrona e coppa provengono dalla mia zattera. Al buio ripenso ad una bionda nuda sulla mia poltrona, tanto tempo fa, con le gambe aperte ed io ai suoi piedi, sdraiato su un tappeto che vogliosamente la succhio.

La sigaretta è finita, il ricordo è vivido, ed ecco si riaccende la lampada.

30  – Mi alzai, e poiché l’entrata del padiglione era chiusa, presi ad esaminare i quadri che decoravano il salone. Uno rappresentava un fanciullo seduto presso un ruscello di latte con una coppa in mano.

31  – In un altro il pittore aveva rappresentato una capra allattante un leone.

32  – In un altro quadro si vedeva un vecchio infermo, disteso su piume di corvo.

33  – Il quarto quadro rappresentava un mare di fuoco sul quale fluttuava una barchetta ed alcuni uomini che si sforzavano di raggiungere ed afferrare a nuoto.

34  – Mi venne l’idea che quelle pitture allegoriche dovessero contenere qualche verità. Nella certezza che fossero state messe per istruirmi, mi diedi a cercarne il senso. Fissai nuovamente il primo quadro e poiché era posto in un angolo ove la luce del giorno non lo raggiungeva interamente, lo rimossi per collocarlo altrove ed esaminarlo più da vicino, ma non l’avevo ancora rimosso che già non pensavo più a studiarne l’allegoria. Quel quadro infatti nascondeva l’accesso ad un magnifico appartamento in cui credetti di vedere una donna giovane e bella, distesa su un divano e tutta coperta di fiori.

35  – La passione mi fece smarrire, o a dir meglio fui ingannato dalle illusioni della natura. Slanciarmi nell’appartamento e cadere in ginocchio davanti alla bellezza, per me non fu che un istante. Ma lasciando il padiglione ebbi la disgrazia di lasciarvi il mantello di cui mi ero coperto all’entrata del labirinto.

36  – Seduto presso la donna che si era svegliata, mi accorsi di avere un cuore, credetti di veder palpitare il suo e mi abbandonai a tutti gli incanti dell’amore.

37  – Dopo qualche tempo di piacere, sentii bussare alla porta dell’appartamento. La mia compagna aprii, e riconobbi le due guardie che mi avevano condotto nel padiglione. Impugnarono nuovamente le spade e mi fecero segno di seguirle.

38  – Mi condussero, lasciandomi poi solo, in una stanza in cui stava un altare. Mi avvicinai e vidi un agnello disteso sopra un grosso libro. E poiché mi proponevo d’aprirlo, mi apparve accanto un uomo vestito di nero e mi abbatté con un colpo che mi diede alla fronte.

39  – Persi i sensi e non rinvenni se non dopo qualche ora. Mi ero appena sollevato che l’uomo mi fece nuovamente cadere rovesciandomi, bruscamente come la prima volta e ciò si ripeté per tre volte. Dopo mi domandò perché mi trovassi in quei luoghi senza il mantello con cui ero stato coperto all’atto della mia presentazione. Non sapendo dove l’avessi lasciato, non potei rispondere. Il mio silenzio rivelò la mia confusione, fui condannato a viaggiare fino a che non l’avessi ritrovato.

40  – Lo stesso uomo vestito di nero mi condusse fuori dalla sala e così mi trovai in una foresta. Solo, senza vesti e senza difese.