ILARIA

 

Mescolata con una miriade di studenti universitari che a frotte sciamavano dall’ateneo di Urbino, avevo in centro visto una ragazza, che bella non era, ma m’intrigava fortemente. Era molto abbronzata, labbra disegnate con rossetto scuro, capelli biondissimi, quasi bianchi, tagliati a spazzola, portava sempre camicette molto sbottonate e minigonne colorate. Volevo conoscerla e mi ripromisi di fermarla la prossima volta che l’avessi incontrata.

La vidi entrare in una libreria e pazientemente mi misi ad aspettarla fuori. Accesi una sigaretta, ma lei non usciva, ne accesi un’altra e quando l’ebbi terminata mi decisi di entrare. Cominciai a curiosare trai libri, sempre attento a scorgerla, ma nella libreria di lei non vi era traccia.

Alcuni giorni dopo nuovamente la incrociai, mi misi dietro di lei e la seguii per alcune centinaia di metri, poi entrò in un negozio di biancheria intima. “Questa volta non mi scappa” ricordo d’aver pensato e rimasi davanti alla vetrina ad aspettarla. Passò più di mezzora, ma non uscì. Allora entrai ed iniziai a guardare la merce esposta. Ovviamente guardai anche tutto il negozio alla sua ricerca, ma della ragazza non c’era traccia. “Sarà uscita da una porta laterale” mi dissi e nuovamente, a mani vuote me ne uscì per le strade di Urbino.

Alcuni giorni dopo ero a Pesaro e stavo vagando per la città senza una meta precisa, d’un tratto la vedo che sta entrando all’UPIM. La seguo, entro anch’io, giro tutto il magazzino, ma ancora una volta di lei nessuna traccia.

Passano altri giorni e di nuovo ad Urbino la incontro e questa volta la fermo.

-         Ciao, esci da qualche lezione?

-         Ma ci conosciamo?

-         No, ma ti ho visto all’Università, poi in giro qui in città, e l’altro giorno mi sembra d’averti incontrata a Pesaro.

-         Si ci vado spesso, ci ho degli amici.

-         Mi chiamo Alessandro, mi piaci e ti volevo conoscere.

-         Davvero? Io mi chiamo Ilaria.

-         E’ un nome lucchese, io sono di Lucca. Hai da fare?

-         No, stavo girando.

-         Allora vieni con me.

Detto questo, le annuisce senza rispondere e la porto nel mio minialloggio che ho in città. Appena giunti inizio a spogliarla, lei in silenzio mi asseconda. La sdraio sul mio letto e facciamo l’amore.

Dopo una mezzora mi fa – Alessandro, è tardi devo andare a studiare, ho un esame tra due giorni e sono maledettamente indietro.

-         Ci rivediamo?

-         Certamente.

-         Dove?

-         Lasciamo fare al caso. Ciao.

E se ne andò. Ma per tutto quell’anno accademico non riuscii a rivederla anche se devo dire, la cercai ovunque.

L’anno successivo, mi ero quasi del tutto dimenticato di lei, preso com’ero da centomila cose da fare. Con la mia auto stavo recandomi versi Montefeltro, quando ad un incrocio con una strada laterale non asfaltata, mi sembrò, passando, di vedere Ilaria seduta su un muretto a lato della strada. La via era stretta e molto trafficata, poi ero in ritardo per un appuntamento, così non tornai indietro, ma mi ripromisi di ripassare da quel posto per vedere se lei ci fosse stata davvero.

Due giorni dopo, saranno state le dieci di mattina, tornai a quell’incrocio, ovviamente sul muretto non c’era nessuno, allora imboccai con l’auto quella strada non asfaltata e mi ritrovai a salire su per le colline. Passai colli coltivati ad ulivi ed a viti, mentre la strada saliva sempre più, ed era sempre più stretta, ed anche piena di buche, al punto che il fondo della mia auto toccò più volte la strada. Decisi infine di tornare indietro e durante l’inversione di marcia rischiai d’impantanarmi in una bozza d’acqua sicuramente generata da una polla. A ritroso proseguii la strada per tornare a valle  e quando ero quasi in fondo, vidi Ilaria sulla via che stava scendendo a piedi. Mi accostai.

-         Ciao, guarda chi si vede!

-         E che ci fai qui? E poi con una spider, non mi sembra proprio la strada adatta per la tua auto.

-         Dovevo vedere una persona e di auto ci ho solo questa.

-         Io andavo a prendere l’autobus.

-         Vai a Urbino?

-         Si.

-         Anch’io, sali, ti accompagno.

Lei salì e mi raccontò che ora lavorava in un laboratorio a una diecina di chilometri da Urbino e che abitava proprio lungo la via ove l’avevo incontrata.

Con l’auto proseguì verso Urbino, poi girai in una strada sterrata trai campi e mi fermai.

-         Fumiamoci un sigaretta, prima d’arrivare in città.

-         La mattina io non fumo.

Mi accesi una sigaretta, uscii di macchina, lei mi seguì. Si appoggiò all’auto, io l’abbracciai e le mordicchiai un orecchio. Rise, ed allora le mie mani scivolarono entro la camicetta e le palpai i due piccoli sodi seni, le strinsi leggermente i capezzoli. Le accarezzai poi i glutei, glieli strinsi e – Bel culetto! –

Lei sorrise soddisfatta, allora le tirai giù lo zip dei pantaloni, indossava pantaloni colorati aderentissimi, e guardai le sue slip rosse trasparenti, con le dita le accarezzai il pelo biondo ricciolino, poi con l’indice entrai nella sua cosina che era bagnata.

-         Culetto, tettine e passerotta, tutto a posto.

-         Pensavi forse il contrario?

-         Purtroppo stamani ho un sacco di cose da fare, ma una di queste sere esci con me?

-         Volentieri, ti lascio il numero di telefono.

Cercai nella mia auto una penna e lei scrisse il suo numero su una pagina della mia agenda mentre mi raccontava che aveva un ragazzo che lavora con lei, ma l’ha lasciato perché di lei se ne approfittava. Anzi ha dovuto cambiare il numero di telefono, perché era divenuto un tormentone. Mi disse che aveva comperato un motorino nuovo, proprio per andare a lavorare e mi chiese se l’accompagnavo alla concessionaria della Piaggio, così se era pronto lo avrebbe ritirato subito

Le raccontai brevemente dell’ultima ragazza con la quale avevo filato per più di un anno e che poi mi aveva lasciato senza alcun motivo.

Risalimmo in auto e conversammo su l’Università che lei per ora aveva lasciato e l’accompagnai davanti alla Piaggio, ove lei scese.

-         Ricordati di chiamarmi.

-         Ci puoi scommettere.

-         Allora ci vediamo.

-         Domani ho da fare, ma venerdì ti chiamo al sicuro.

-         Ciao.

-         A presto.

Ed il venerdì pomeriggio feci il suo numero, sentii squillare il telefonino, ma non rispose nessuno. A distanza di un’ora rifeci il numero, ancora nessuna risposta. Ritentai più tardi, stesso risultato.

Infine squillò il mio telefono.

-         Pronto? – disse una voce maschile.

-         Si.

-         Lei oggi m’ha chiamato più volte, desidera?

-         Cercavo Ilaria, una mia amica, mi ha lasciato questo numero.

-         Qui non c’è nessuna Ilaria, è rimasto il suo numero in memoria, così l’ho chiamata.

-         Mi scusi, forse ho segnato male il numero.

-         Succede, arrivederci.

-         Arrivederci anche a lei, e mi scusi di nuovo.

Rimasi a guardare perplesso il mio telefonino e lo spensi.

Pensai “Maledizione, l’avrà fatto apposta a darmi il numero sbagliato? E perché? Comunque sono certo che la ritroverò, o seduta su quel muretto di pietra in quella strada sterrata vicino a Urbino, o in città, e quando la ritrovo dovrà darmi subito la sua cosina e questa volta, il numero giusto”.

Due giorni dopo mi tornò in mente che lei mi aveva detto di aver cambiato da poco il numero del telefonino. Quello che mi aveva lasciato iniziava con il 0347, ma gli ultimi Omnitel sono tutti con il 0349. Riprovai col nuovo numero, questa volta mi rispose una voce di donna.

-         Pronto?

-         Ilaria?

-         No, non sono Ilaria.

-         Scusa, devo aver sbagliato numero.

-         Non c’è problema.

-         Scusa, ciao.

-         Ciao.

Invece il problema c’è, non sono ancora riuscito a rintracciarla.

Passano inutilmente altri cinque giorni, poiché di lei ancora nessuna traccia, decisi di fare una cosa, anche se ritenevo che  risultati positivi non ne avrebbe prodotti.

A quell’incrocio, quello con la strada sterrata che va verso le colline, c’è un grande pannello in legno, delle dimensioni di un cartellone pubblicitario, che è stato lì montato dalla locale Comunità Montana.

Su questo pannello vi è affisso un solo manifesto che sponsorizza una serie di festeggiamenti, già avvenuti, sul Giubileo.

Accanto al manifesto, con delle puntine da disegno, ho affisso un foglio bianco formato A4 scritto con pennarello nero. In cima al foglio ho disegnato la silhouette della mia auto, è una spider, non credo che su quella strada piena di buche transitino molte auto di quel tipo, e subito sotto il disegno in caratteri maiuscoli ho scritto: IL NUMERO DI TELEFONO E’ SBAGLIATO, CHIAMAMI AL e segue il numero del mio telefonino. Lei capirà? Penso sia difficile, occorre occhio ed intelligenza per comprendere che il messaggio è mio. Ma se a lei io interesso, qualche probabilità ce l’ho.

Sono passati altri tre giorni ed ancora non è successo nulla, allora questa mattina verso le sette e mezzo ho parcheggiato su quella strada sterrata. Se lei va al lavoro, come mi ha detto, ho pensato che poteva transitare verso quell’ora. Ho aspettato inutilmente fino alle otto e mezzo, poi me ne sono andato.

I giorni passano lenti, siamo quasi ad un mese dall’ultimo incontro, oggi è domenica pomeriggio, alcuni amici m’avevano telefonato per passare il pomeriggio in piscina, gli ho risposto che non ne avevo voglia, e sono andato in centro ad Urbino.

E lì l’ho incontrata, le ho detto del numero di telefono sbagliato, le ho fatto rivedere il numero e lei ha risposto che non va bene, c’è anche un cinque, ma non ha voluto correggerlo.

Siamo andati in un bar, lei ha preso un gelato, io un caffè, faceva un caldo boia, da piena estate, anche se siamo solo a fine primavera. La mia macchina era parcheggiata lontano, mi ha detto che oggi non aveva voglia di far niente, neppur io, le ho risposto, fa troppo caldo. Le ho chiesto allora se ci si poteva vedere domani sera alle nove, all’incrocio con la strada sterrata, mi ha risposto, forse.

Allora le ho dato il mio numero di telefono e siamo rimasti d’accordo che domani passerò ad aspettarla, se lei non potrà, è lo stesso, mi telefonerà quando sarà libera. Sono sempre più perplesso, comunque l’ho accompagnato al nuovo motorino che ha acquistato, è uno ZIP della Piaggio di un bel colore blu. Lei si è infilata il casco ed è partita a razzo.

Ovviamente all’indomani non è venuta ed alle nove e un quarto me ne sono andato.