- vittorio baccelli - i racconti -

- apparso per la prima volta su "eclisse" -

MANIFESTAZIONE ANAOGGETTUALE CON HAPPENING

Il 9 marzo del 1969, nella sala Salvemini del defunto PSU lucchese, si tenne la Manifestazione Anaoggettuale con Happening. La manifestazione fu pensata all’interno dello S21 e materialmente realizzata dal sottoscritto, dall’Ardinghi e dal Pedonesi, con un po’ d’aiuto di altri amici. Prima realizzammo il manifesto che fu pagato da tal Giannetto Davini del PSU, poi provvedemmo a realizzare gli oggetti. Erano oggetti d’uso comune privati delle loro funzioni, e pertanto fruibili solo come oggetti artistici, nelle loro autentiche forme e non contaminati dal loro uso, che restava interdetto. Ricordate la scultura “Cadeau” del 21 di Man Ray? Quel ferro da stiro con le punte saldate? Beh! avevamo preparato cose del genere. L’intera manifestazione con la conseguente produzione artistica, anche d’eventi, rispecchiò un andamento collettivo alla FLUXUS.

Io preparai due sculture composte da pezzi di motore d’auto saldati, un collage titolato “Guingau”, che era un’opera di Gauguin tagliata a metà ed assemblata con la parte sinistra a destra e con la parte destra a sinistra, presentati anche un preservativo imbullonato (che fu la pietra dello scandalo) ed un distributore d’arance: era un dispenser di palline di gomma da masticare di quelli a bolla trasparente, con dentro arance. Pedonesi costruì sadicamente gli “occhiali per masomiope”, le cui lenti finivano con due punte metalliche acuminate che avrebbero sicuramente accecato chi avesse avuto l’ardire di provarli, e qualcuno ci tentò quella sera, ci fu anche chi mise le cinquanta lire nel distributore d’arance, poi la “palascopa”, un manico con granata ad un’estremità e scopa nell’altro: costruitela da voi e provate ad usarla!

Ardinghi presentò un aspirapolvere HOOVER vecchissimo con motore e parte della carrozzeria fusi, ma filo elettrico e presa nuovissimi, poi una poltrona che dava una leggera, ma fastidiosa scossa elettrica a chi ci si sedeva sopra. Vi era poi tutta una serie di piccoli oggetti elaborati collettivamente, trai quali ricordo una siringa pronta per l’uso piena di cemento e un cavatappi a vite con tappo metallico saldato nella punta. Gli oggetti erano casualmente disposti nella stanza, quelli più piccoli erano posati su un tavolo affiancato aduna parete: sul tavolo vi era anche il poster, messo in vendita, non ricordo a quanto, con lo scotch era attaccato al manifesto uno zolfanello, anch’esso privato della sua funzione perché non si accende se non sfregato sull’apposita striscia chimica. Dalle pareti pendevano enormi rotoli di carta bianca e sul pavimento erano disposti bidoncini di colore con pennelli ad uso dei visitatori. In sottofondo musiche dei Rolling Stones, dei Pink Floid e brani di musica tibetana. Luci: bianche violente fisse, ed a tratti strobo.

All’inizio sconcerto trai primi ignari visitatori, i soliti presenti ad ogni inaugurazione di mostre, non si sa se per bere e mangiare o se attratti dall’arte; poi molti iniziarono a disegnare, a scrivere, a scarabocchiare sui rotoli di carta bianca.

L’happening durò fino a verso le 20, era iniziato alle 15, tirammo fuori i beveraggi solo verso le 19: ci fu chi scappò subito, chi si accovacciò per terra (no c’erano sedie, solo il divano elettrificato, ovviamente inutilizzabile), chi si mise a ballare, chi discuteva di sport, chi trovò l’anima gemella e si diresse verso luoghi più appartati, chi scrutava gli oggetti, uno ad uno, con l’aria da intenditore, due giornalisti che scattarono foto a tutto e tutti (mai pubblicate), tre in un angolo arrotolarono spinelli per tutto il tempo, Luciano, un nostro amico tossico, allora famosissimo (suonava con gli Eremiti) venne con la chitarra e tentò di suonare, ma poi s’allontanò di corsa (forse richiamato dal buco) e tutti gli altri, come ho già scritto, erano alle prese con le pareti bianche ed i colori.

Alle 21 furono piazzate una cinquantina di sedie in mezzo alla sala ed iniziò una conferenza del critico d’arte de La Nazione, Corrado Marsan sugli happening e su le (allora) ultime tendenze dell’arte figurativa. La conferenza fu poi pubblicata sulle pagine culturali de La Nazione, mentre il Manifesto Anaoggettuale apparve sulla rivista romana d’Ars. Circa la metà del pubblico non comprese niente né della manifestazione, né dell’happening, né di quello che il relatore aveva dettagliatamente spiegato ed analizzato. Gli oggetti rimasero in visione per una settimana.

I rotoli di carta con i disegni furono portati via non so da chi, ma riapparvero esposti in Villa Bottini durante l’occupazione del 77. Il PSU emise un comunicato, pubblicato sulla stampa locale, ove definiva la manifestazione priva di ogni valore e contenuto artistico: come al solito, avevano capito tutto, loro.

Il mio preservativo imbullonato fu censurato nella maniera più drastica: sparì, il secondo giorno non c’era più.

Dopo la conferenza, accompagnato Marsan alla sua auto (tornò a casa a Firenze), tornammo allo S21 e lì trovammo mutandine e reggiseni appesi ad asciugare. Marinella, una nostra amica collaboratrice aveva litigato in casa sua (a causa mia) e si trasferì per una quindicina di giorni nel nostro studio, ma questa è un’altra storia.

Quando, una settimana dopo smontammo la rassegna, con gran sollievo dei dirigenti del PSU che ci avevano ospitato, misi le due sculture composte da pezzi di motore saldati in un fustino vuoto di DIXAN, uscimmo e ci fermammo alla Cubana per berci un caffè, non vi dico la mia sorpresa, quando riprendendo in mano il fustino, le sculture rimasero sul pavimento del bar. Il fustino era privo del fondo!