I SOGNI DI QUINTINO
Primo sogno. Mi trovo sulla salita
principale delle Mura. Sono seduto su una panchina ed accanto a me c’è mia
madre che sta leggendo una rivista femminile (Anna Bella?). Mi alzo e mi reco
verso la piazza del caffè delle Mura. In piazza ci sono gli americani, qualcuno
è di colore, molti sono appartati e dialogano con giovani ragazze. Un americano
in divisa si avvicina, è di colore e lo conosce bene, è venuto più volte a casa
per il pranzo. L’americano mi prende per mano, fa cenno a mia madre che sono
con lui, e mi porta giù per la scesa, attraversiamo il sottopassaggio ed
entriamo nel Campo Balilla, il cui ingresso è sorvegliato da militari della MP.
C'è un elicottero in mezzo al campo, l’americano apre la portiera e mi mette a
sedere su un sedile, poi mi fissa per bene con delle cinghie. Si mette ai
comandi ed avvia il rotore. Sono paralizzato dallo stupore e mentre il motore
si riscalda osservo dalla bolla in plexiglas trasparente il campo sportivo,
mentre pian piano l’elicottero s’innalza. Poi acquista velocità e in un attimo
è sopra la città, è una gincana tra le torri, poi ancora più in alto verso il
fiume.
Sono a bocca aperta, è la prima volta che volo, l’americano
mi guarda sorridendo, e sembra guidare il mezzo con estrema facilità. Sta
adesso seguendo il torrione delle fontane, ed in un baleno risiamo sopra il
Campo Balilla. L’elicottero si alza, si alza sempre più. A questo punto il
motore si ferma e l’elicottero comincia a precipitare, veloce, sempre più
veloce, mentre la terra s’avvicina pericolosamente. L’elicottero inizia ad
avvitarsi su se stesso mentre sta piombando a terra. L’americano ride a
squarciapelle, sono terrorizzato ed urlo. A questo punto mi sveglio.
Secondo sogno.
E’ notte,
c’è un incendio, ha preso fuoco uno stabilimento industriale, i capannoni ed i
magazzini ardono: uno strano odore si diffonde nell’aria. Siamo all’aperto,
fuori da una grande limonaia, guardiamo l’incendio lontano ed annusiamo l’aria.
Ma poi rientriamo, la riunione continua. La limonaia è arredata come una stanza
per le feste. Sono seduto su un lungo divano imbottito, appoggiato alla parete.
Musica soffusa, cuscini multicolori, bevande assortite, sopra il divano grandi finestre.
Accanto a me è seduta Patrizia, alla mia sinistra una ragazza che non conosco.
Patrizia ha in collo una bambina di circa dieci anni, è sua figlia.
“Dai, tocca a te” mi fa ridendo ed abbassa lo zip
dei miei pantaloni, poi estrae con delicatezza il mio membro, lo accarezza
finché non si indurisce. Mette sopra di me la bambina, le alza la sottana, è
senza mutandine, le allarga la cosina ed aiuta il mio membro ad infilarsi,
molto lentamente entro in lei. Lascio fare imbarazzato, sorrido alla bambina e
lei ricambia il sorriso, divertita.
Sento che sono completamente dentro di lei, m’inarco
mentre lei inizia a muoversi in su ed in giù, prima lentamente, poi sempre con
più impeto. La sua cosina mi stringe sempre più prepotentemente. Patrizia e
l’altra ragazza che ho accanto mi osservano compiaciute.
Il ritmo ora è costante e non accelera, Patrizia si
alza, cinge la vita della figlia con le mani e l’aiuta nel suo muoversi
ritmico. Do pochi minuti vengo copiosamente entro la piccola. E qui il sogno
termina, per un attimo mi sveglio, ma poi ricado addormentato. Questo sogno non
lo racconterò al mio analista.
Terzo sogno. Sono in auto e procedo a
gran velocità, davanti a me c’è un grande arco di marmo, la strada passo sotto
di esso. E’ l’arco di Melissa, passo sotto la sua imponente mole e dopo una
curva mi trovo in un piazzale enorme occupato da bancarelle che vendono i più
svariati articoli. Supero alcuni banchi con stoviglie disegnate , curvo per non
andare a sbattere contro una pila di tappeti, diminuisco la velocità ed inizio
uno slalom tra bancarelle, mercanti e clienti. Dopo una pila di grandi forme di
formaggio, scorgo l’uscita della piazza-mercato. Mi dirigo verso di essa e vedo
la strada sbarrata da un enorme camion carico di legname da ardere che sta facendo
strane manovre. Il camion colpisce di striscio una catasta di pentole di rame
che cadono con gran fracasso, poi a marcia indietro imbocca una rampa. Ho
fermato l’auto e a distanza di sicurezza osservo la scena. Il camion monta la
rampa e lì si ferma. Uno scivolo esce dal cassone ed una estremità è rivolta in
direzione della mia auto. Ho un presentimento e tolgo l’auto dalla traiettoria
dello scivolo, appena mi sono spostato, dallo scivolo iniziano a cadere a forte
velocità i pezzi di legno, il camion sta scaricando il suo carico proprio dove
pochi istanti prima avevo parcheggiato. I legni cadono facendo un forte rumore.
Quarto sogno. Mi si avvicina una ragazza e
mi prende di mano il borsello, io la guardo allibito “Ma che fai?” e lei mi
sorride, lo apre e dentro ci mette un mazzo di chiavi. Io quelle chiavi non le
voglio, sono irritato, le ritiro fuori e gliele rendo, lei me le rimette nel
borsello. Al che io sono sull’incazzato e gliele sbatto in mano. Lei allora
danzando se ne va, ci ripenso e quella mi ricorda qualcuna che conosco. E’ lì
che danza allontanandosi, è vestita con un tubino marrone, arriva un giovane in
jeans e l’afferra per la vita dicendole “Olivia fermati!”
A sentire il suo nome, mi viene in mente chi è,
allora mi volto a guardarla, mentre lei si divincola dal giovane, vedo alzarsi
il tubino fino ai fianchi, è senza mutandine e la sua fichetta è in bella
mostra, allora le vado incontro e l’abbraccio “Olivia ti ho riconosciuta!” e
comincio ad accarezzarla sul delta di venere. L’accarezzo a lungo, poi mi
ritrovo da solo su di una spiaggia.
Quinto sogno. Ho visto la fortezza enorme
in nera pietra eretta in cima al colle, proprio davanti alla mia casa. Questa
volta la vedo nitidamente in ogni suo particolare, non come altre volte che era
coperta dalla foschia. Oltre la fortezza, in lontananza s’erge maestoso il
dente roccioso dell’alto monte: pietra su pietra.
Le luci questa notte sono quasi del tutto spente,
l’illuminazione pubblica è saltata, gli ultimi passeggiatori notturni se ne
stanno andando verso le loro case, i bambini da tempo hanno abbandonato il
campo giochi.
Entro nell’auto, lampeggia un led sul cruscotto,
lampeggia anche il led del cellulare. Attendo una persona che anche questa sera
non arriva. Attendo anche una chiamata, che pure non arriva.
Led rosso lampeggiante dell’auto, led verde,
ugualmente lampeggiante ma con diverso intervallo, del cellulare.
S’illumina il campanile nella notte ormai silente,
un cane randagio attraversa circospetto la strada. Lontano stridio di pneumatici
nella notte, in questa strada di periferia senza città: inutilmente
attendo.
Sesto sogno.Sono all’ingresso di uno stabilimento balneare,
fermo su alcuni scalini che danno su una terrazza con tavolini ed a fianco c’è
il bar. E’ pieno di gente, siamo in estate. Vedo entrare una ragazza mulatta,
formosetta, non molto alta ma l’ho già notata altre volte, m’intriga parecchio,
è maledettamente appetitosa. E’ insieme al solito accompagnatore abituale, un
tipetto in su con gli anni. La guardo mentre mi passa accanto, indossa un
costume molto succinto viola, un due pezzi ed un pareo in vita che non copre
niente. Le mutandine del due pezzi sono spostate da un lato ed io ammiro il
culetto e guardo più attentamente: non è un costume, è una lingerie di pizzo
che lascia scoperto tutto il culetto, lei se ne accorge e con la mano lo
rimette a posto. Ora è qualche metro davanti a me, un giovane seduto le
accarezza i glutei mentre lei passa. Si volta a guardarlo e gli sorride. Penso,
ma allora è facile conoscerla, non vi sono le difficoltà che credevo. Col suo
tipo si siede in fondo alla terrazza, vicino alla spiaggia piena di bagnanti.
Allora salgo gli scalini, ero rimasto lì fermo semiparalizzato a guardarmela
tutta, meglio a mangiarmela con gli occhi,
con indifferenza vado a sedermi al tavolo accanto al loro. La mia sedia
è vicinissima alla sua, il suo tipo ha aperto un quotidiano e lo sta
sfogliando. Mi faccio coraggio, allungo una mano e comincio ad accarezzarle una
coscia. Lei si gira, mi guarda a lungo, lascia fare sorridendo, poi mi fa un
cenno con la mano. Capisco cosa mi vuol dire, mi vuol dire “dopo”, io annuisco
con la testa e mi giro sorridendo non prima d’averla accarezzata fin sopra e
sotto le mutandine. Quando, dopo pochi minuti, mi giro nuovamente verso di lei,
il tavolo è vuoto, non ci sono più. Allora mi alzo, guardo verso la spiaggia ma
non la vedo, torno all’ingresso del bagno, scendo gli scalini, lì fermo c’è un
mio amico appoggiato all’ingresso.
-
Mica
hai visto quella mulattina bellina un casino?
-
Sì,
è uscita con quel tipo anzianotto, sono andati per il lungomare in bicicletta.
Allora torno alla terrazza deciso ad aspettarla. Mi
siedo ad un tavolo, ma il cielo s’oscura e velocissimo arriva un temporale
estivo. Alle prime gocce mi rifugio nel bar, al chiuso scelgo di aspettarla. Il
tempo passa ed anche il temporale cessa d’infuriare, ed io aspetto. Aspetto
fino al mio risveglio.