-         vittorio baccelli – i racconti – eclisse

 

 

IL MIO LINCHETTO

 

Insieme ad alcuni amici avevo uno studio in via San Paolino, nel centro storico lucchese. Era una casa molto antica che all’inizio era stata affittata da un nostro amico pittore originario della Garfagnana. Questo nostro amico aveva anche uno studio a Venezia e lì gli affari andavano molto bene poiché vendeva soprattutto ai turisti. All’inizio mantenne la casa anche se non c’era quasi mai, poi divise l’affitto con un altro pittore siciliano, un certo A…. che venne ad abitare lì con la sua ragazza che era di Livorno. Ma la coppia presto scoppiò e lei ritornò nella sua città natale, mentre l’A…. ripartì per la Sicilia. L’amico garfagnino ci chiese se volevamo noi tenere lo studio, che era un vero e proprio appartamento ammobiliato, con cucina, due camere, due stanze attrezzate per la pittura con tanto di cavalletti e mensole per i colori ed un salotto. Noi accettammo volentieri e ci trasferimmo in quella casa per oltre un anno. Prima di lasciarci l’appartamento ci disse che il mobilio, i quadri ed i lampadari sarebbe tornato a prenderli prima o poi, infine si raccomandò di trattar bene il linchetto che abitava in quella casa, che a lui aveva sempre tenuto compagnia. Il linchetto? chiedemmo noi. Lui ci spiegò che era un elementare, ma qui a Lucca li chiamano linchetti, lui l’aveva trovato in casa, e tutti nella via sapevano che c’era, ma nessuno l’ha mai visto, però la presenza sua si sente, eccome se si sente. Comunque ci tranquillizzò dicendo che mai aveva fatto del male a qualcuno, ci disse anche che lui in questa casa ci dormiva sempre da solo, e mai una volta si era sentito spaventato.

Noi prendemmo la cosa non sul serio e pensammo che ci stava prendendo in giro, ma dopo pochi giorni cominciammo ad avvertire una presenza. Era come se i colori della casa fossero più vivi, e la notte sembrava che ci fosse un cane alla porta che sorvegliava il nostro ingresso.

In questa casa non vi furono sue manifestazioni, ci si sentiva in compagnia anche quando si era soli, tutto lì.

Ci trasferimmo poi, tutti in blocco in via Santa Croce, dove demmo vita allo Studio 21, e lui ci seguì, ce ne accorgemmo tutti che c’era venuto dietro e ne fummo contenti.

Solo un nostro amico, Leo, sentiva una presenza opprimente. Se si addormentava nello studio si risvegliava di colpo perché sentiva un forte peso addosso che lo soffocava.

Un pomeriggio Leo venne da solo allo studio, si sdraiò sui cuscini e si mise a leggere un libro: all’improvviso ogni cosa cominciò a volargli intorno, fogli, libri, dischi, cuscini, plaid ed altro ancora. Leo terrorizzato, si alzò immediatamente e schizzò fuori. Non rimise più piede nello studio e ci fece portare le sue cose a casa sua.

Abbandonammo poi anche lo studio 21 ed io mi trasferì prima in via San Giorgio, poi in via Santa Chiara in casa di una coppia d’amici.

Il linchetto mi seguì in questi spostamenti, ma non dette più manifestazioni appariscenti.

Infine questa volta da solo affittai un appartamento in via dei Borghi, ed ancora una volta continuavo ad avvertire la sua presenza. Lo sentivo girare per la casa e mi dava la sensazione d’avere un grosso gattone. La sera lo sentivo in cucina ed ero certo che passasse molto del suo tempo sopra un vecchia cucina a carbonella che se ne stava inutilizzata in un angolo.

A Lucca si dice che i linchetti si rendono visibili assumendo la forma di piccoli uomini, quasi dei nani, con buffi cappellini, talvolta alla marinara. Il nostro, più dignitosamente, non si è mai fatto vedere in alcuna sembianza. Anche in via dei Borghi si ripeté ciò che era successo allo studio21, questa volta a danno di Maurone, un mio amico di piazza, che veniva da me ogni tanto a farsi una doccia. Un pomeriggio era da solo e mentre faceva la doccia sentì strani rumori. Si mise l’asciugamano attorno alla vita ed uscì dal getto d’acqua convinto che fossi ritornato. Appena fuori vide che tutti gli oggetti della casa stavano volando in cerchio, e poi attorno a lui. Superando il primo attimo di stupore, cominciò ad aver paura, prese di corsa i suoi vestiti, che stavano svolazzando e scappò nudo fuori di casa, chiuse la porta e si rivestì sul pianerottolo. Quando tornai a casa trovai un casino della madonna, tutto era per terra, poi mi telefonò Maurone e mi spiegò l’accaduto, capii subito cos’era successo, e giù gran risate: anche Maurone, come Leo, a lui non stavano simpatici.

I fornelli della cucina, ove lui preferibilmente stava, erano stati costruiti sopra un antico caminetto in pietra serena e la ragazza che stava con me in quel periodo (ed è quella che poi mi sposai) decise di riportare alla luce il vecchio caminetto.  Sfacemmo i fornelli e da quel giorno in cucina era visibile un bel caminetto in pietra, ma il linchetto smise di girare per casa. Si era rifugiato in un vecchio armadio di noce che si trovava prima della camera, in una stanza buia che avevo battezzato la stanza degli armadi.

Quando purtroppo fui malamente sfrattato da quella casa che avevo da trenta anni, l’armadio, fu smontato e rimontato nel salotto ove abito ora a Ponte all’Ania.

Ed il mio linchetto s’è nuovamente trasferito e se ne sta buono buono in quell’armadio pieno zeppo di videocassette e con la mia collezione di Dylan Dog e di Martin Mistere , posto davanti al televisore ed alla play station.

Ogni tanto da qualche cenno di vita quando i miei figli lo chiamano, facendosi sentire con dei secchi colpi. Tutto lì.

Volevo dargli un nome, ma per ora non ne ho mai trovato uno adatto, avete qualche nome da suggerirmi?

In casa in ogni caso abbiamo due gatti, Gatto Rosso (tipico gattone italiano tigrato) Batuffolo (angora trovato piccolo per strada più morto che vivo), in grosso cane, Babi (ex randagione, pastore dei Pirenei) ed il linchetto.

Il pittore garfagnino, del quale non ricordo il nome, non l’ho più rivisto.

Ferruccio A…., tornò per riprendere alcune sue cose, di lui ho due quadri, l’ho ritrovato sulle pagine di Flash Art, adesso è abbastanza noto ed abita di nuovo in Sicilia.

La ragazza di Ferruccio, l’ho rivista una diecina d’anni fa in uno studio dentistico a Livorno, ove lavorava. Ero lì per una protesi che mio padre aveva portato a riguardare.

Leo, si è sposato, ha poi divorziato ed adesso abita con sua madre in città.

La coppia d’amici di via Santa Chiara, è scoppiata, abitano separati non so dove e tutti e due ogni tanto li rivedo ai mercatini antiquari, hanno banchi, ovviamente distinti.

In quanto a Maurone, era già grosso prima, ora è enorme, sposato, con figli, abita in periferia in una casa che gli ha passato il Comune. L’ultima volta che l’ho rivisto era a bordo d’una vecchia auto ed occupava quasi tutti e due i sedili anteriori.

***

Sono passati alcuni giorni da quando ho scritto ciò che avete appena letto, e stavo rileggendo il pezzo, quando, rivolto verso l’armadio che è nella stanza accanto a quella col computer, ho esclamato a voce alta: - Ma ci sei ancora?

Ho udito un secco ed unico colpo provenire da dentro l’armadio.