- vittorio baccelli – i racconti – eclisse –
LUNA DEMONE
Il
pittore garfagnino, del quale non ricordo il nome, stava in una via del centro,
per l’esattezza in via San Paolino, quasi in fondo, a ridosso delle Mura.
Era un tipetto basso, biondo, tutto pepe e
saltellante.
Aveva iniziato un’attività redditizia in quel di
Venezia: vendeva ai turisti, che lì non mancavano, acquerelli disegnati su
carta e poi, faceva anche ritratti, per strada, su richiesta.
Poi si era messo assieme ad altri pittori, tutti
giovanissimi, ed i quadri li facevano collettivamente, tipo catena di
montaggio.
Praticamente a lui, la casa a Lucca in via San
Paolino non serviva proprio più, e così l’aveva subaffittata ad un altro amico
pittore, Ferruccio A….. che era poi divenuto, pure lui, amico nostro.
Ferruccio ci abitava con una bella ragazza – un po’
troia, dicevano le malelingue – di Livorno, ma dopo un certo tempo non è che
andassero poi tanto d’accordo, per la verità cominciarono a litigare in
continuazione.
Bisticciavano così alla grande che Ferruccio decise
di tornare dalle sue parti, in Sicilia, lei invece decollò per quel di Livorno.
La casa, d’accordo col pittore garfagnino, fu
lasciata a noi, con l’impegno che avremmo pagato puntuali affitto e bollette
varie e che avremmo pure ospitato loro tre (Ferruccio, il pittore garfagnino e
la ragazza di Livorno) ogni volta che fossero capitati a Lucca.
Ferruccio non tornò mai più, la sua ex ragazza
invece fece qualche capatina, anche per riprendersi le sue cose: una volta
dovevo passare la notte con lei, ma Marinella, la mia donna di allora,
s’ammoscò di qualcosa e mi spompò alla grande non lasciandomi libero quella
notte, se non quasi al mattino. E così l’incontro andò a farsi benedire.
Un pomeriggio, il pittore garfagnino capitò
all’improvviso con una scarica d’amici che s’accamparono in casa col sacco a
pelo.
Disegnarono per tutto un giorno intero ed il
successivo l’appartamento era zeppo di fogli acquerellati appesi ad asciugare.
Ogni tanto capitava qualche sconosciuto, mandato da
uno dei tre ex abitanti, a ritirare qualcosa: pian piano se ne andarono
vestiti, asciugamani, lenzuola, piatti, posate, pentole, cianfrusaglie, qualche
quadro, piccoli mobili, un lampadario di ferro battuto (che cedemmo di
malavoglia) ecc.
Mi ero alloggiato in una parte di una stanza alla
quale ci si accedeva dalla cucina, scendendo quattro scalini; questa stanza
normalmente la dividevo con Elio, ma qualche volta anche con Massimo.
La Marinella, che un sera voleva portarmi fuori per
forza, mentre invece ero impegnato in una partita a carte, al mio rifiuto mi menò di brutto.
Scappai da quella che allora era la mia casa mentre
lei stava spaccando piattini e tazzine, e gli amici esterrefatti assistettero
paralizzati alla scena.
Ad una parete della stanza che avevo occupato,
affissi un poster che raffigurava una gran nave e misi pure accessori da nave
nella stanza.
-
Ci
siamo imbarcati, siamo in una cabina, la nave è partita, dove arriveremo?
Dissi più volte, ma nessuno sembrò mai farci
attenzione.
Ed in quella cabina Daniela propose lo scambio di
coppie, ma il mio ed il suo partner rifiutarono categoricamente.
Vidi la neve dall’oblò dopo aver fatto l’amore con
Patrizia, mi feci Daniela mentre lei aveva ancora addosso un impermeabile
giallo, ed una volta, solo una volta, la cedetti a Ciccio e Johnny.
L’ingresso era una delle parti più strane di quella
casa, eravamo all’ultimo piano ed il pianerottolo aveva una grande apertura sul
lato che dava all’esterno della casa, praticamente era quasi un terrazzo fatto
a elle.
Alla fine della elle, iniziava una rampa di scale,
più piccole e di mattoni sconnessi, che saliva fino ad un appartamento sito a
tetto sull’edificio accanto che era più
alto del nostro.
Entrare in questa parte del palazzo era come
spiccare un salto all’indietro nel tempo: mattoni vecchissimi, pareti
scrostate, impianto luce a treccia con isolatori ceramici, tanto per rendere
l’idea.
Il portone, verde screpolato, di quell’appartamento
sembrava quello di una vecchia casa di campagna, e la casa era abitata da una
coppia di vecchietti: addirittura erano anni che lui non scendeva.
Io vidi solo l’ingresso e mai mi spinsi oltre: c’era
una cucina annerita da stagioni di fumo, con un gran camino sempre acceso, sul
quale pendeva un paiolo nero anch’esso.
C’era un massiccio tavolo quadrato in legno con
quattro sedie impagliate attorno, una credenza ad un lato ed una vecchia madia
appoggiata alla parete opposta.
Assuero invece aveva fatto amicizia con l’anziano
signore e spesso, munito di un fiasco di vino andava a trovarlo, ed allora si
sentivano cantare in piena notte.
La moglie però non era contenta di queste sbronze, e
qualche volta scendeva a lamentarsi.
Una notte, dopo che Assuero se ne fu andato, sentii della confusione sulle scale, mi affacciai alla porta e vidi alcuni infermieri della Croce Verde (aveva il presidio proprio sull’altro lato della strada, di fronte al nostro portone) che con un lenzuolo stavano portando giù qualcuno: era l’anziano signore.
Dopo il vocio, il silenzio, ed io rimasi sul pianerottolo ad osservare i tetti illuminati nella notte dalla luna demone che quella sera splendeva impietosa, spargendo sinistri riflessi argentati che dalle tegole rimbalzavano sulle canale di scolo dell’acqua, ritornando poi alle rade nubi anch’esse argentate Accesi una sigaretta ed ebbi il presentimento della morte.
Una
sera capitò anche Tonino e la sua donna, passarono da noi la notte, a distanza
di tempo, quando loro due si sposarono, sapemmo che si trattava della vedova
C……i.
Cene,
feste, incontri, qualche viaggio in acido con il sottoscritto che leggeva al
buio il quotidiano e che suonava un flauto dolce, assieme a Marco (lui il
flauto lo sapeva suonare, io no).
Ma come una nube temporalesca a ciel sereno,
all’improvviso ci capitò lo sfratto: il proprietario aveva saputo del sub sub
affitto e non n’era rimasto per niente entusiasta, tra l’altro aveva intenzione
di rimettere in sesto l’appartamento e d’affittarlo a prezzo pieno.
Così assieme alla nave affondò pure la mia cabina.
Chi prese qualche mobile, chi un quadro, chi
cianfrusaglie per ricordo, chi non volle nulla.
Roberto, che stava mettendo su casa con Giovanna,
prese un po’ più degli altri, soprattutto mobili e quadri.
Io arraffai qualche disegno, una toilette da camera
e varie cianfrusaglie.
La vecchietta del piano di sopra, dopo la notte di luna demone nella quale morì il marito, non l’ho più rivista e l’appartamento fuori del tempo è rimasto sempre chiuso.
Ferruccio
A….. l’ho ritrovato sulle pagine pubblicitarie di Flash Art, ho saputo che
abita sempre in Sicilia, oggi è un pittore affermato impegnatissimo con le
mostre e con la vendita dei suoi quadri.
L’ex
ragazza di Ferruccio la ritrovai a Livorno
- stavo accompagnando mia madre ed eravamo in un laboratorio
odontotecnico ove lei doveva ritirare
una sua dentiera che era lì in riparazione -
la vidi in camice bianco, non mi
riconobbe o fece finta di nulla; quel giorno io rimasi indifferente.
Daniela
è morta d’embolia.
Il
Manca fotografa un po’ di tutto e realizza mostre, fotolibri e calendari:
faceva parte dei Bambini di Satana e questo gli ha creato qualche problema.
Il
Carozzi era bibliotecario alla biblioteca di Stato ed è morto di AIDS.
Patrizia
gira per Lucca in auto col suo attuale, e penso definitivo, tipo.
Tonino
dopo esser divenuto comunista, aver disegnato la bandiera arcobaleno della
pace, è oggi un pittore di grido e si è maritato come vi ho già detto.
Ciccio,
l’ultima volta che l’ho visto, faceva il contadino e difendeva l’uso dei
fitofarmaci; forse così la marhjuana che coltiva per uso proprio, coi
fitofarmaci avrà più sprint! De gustibus…
Johnny
se ne è tornato in America con suo fratello, in quel quartiere di N.Y. ove la
sua famiglia abitava e dove si parlava solo il capannorese stretto.
Del
pittore garfagnino non ho più saputo nulla.
L’ultima
notte che avevamo il possesso dell’appartamento, io la trascorsi da solo sul pianerottolo
davanti al grande portale che dava una visione totale dei tetti del quartiere.
Anche quella fu una notte di luna demone, coi suoi argentei malefici influssi.
Miagolii di gatti e versi di civette dalle vicine mura.