- vittorio baccelli - i racconti -

- pubblicato nel 2000 su "ferdinandea notizie", foglio di catania - fa parte della raccolta "eclisse"-

IL VENERDI’ TREDICI DOPO L’ECLISSE

                                                                                                                                                              Per essere perfetta,

le mancava solo un difetto.

(K.Kraus)

                                                                                                                                                         

L’aspetto alle quindici e trenta accanto allo stadio e lei con la sua Punto Sole arriva col solito ritardo di quindici minuti, è sempre perfetta la sua non puntualità.

Sale sulla mia auto, come sempre si lamenta che il sole le da’ fastidio su una macchina scoperta, poi strada facendo s’allaccia le cinture ricordandomi che possono fare la contravvenzione anche al passeggero, mi parla dell’ultima cena con gli amici e del figlio in vacanza.

Con l’auto m’inerpico sui nostri verdi colli per la strada nota, serpeggiante tra gli uliveti recentemente potati.

Supero il posto magico, il nostro belvedere, ove nei giorni più tersi e ventosi s’intravede in lontananza il mare nello spazio lasciato da due colline.

Il posto magico ove con lei ho trascorso i momenti più belli di questi ultimi dieci anni di vita.

Per la verità anche qualche screzio, lì ci siamo detti parole d’amore, abbiamo vissuto silenzi intensi ci siamo confidate le tappe delle nostre due esistenze, talvolta così lontane, talvolta così intrecciate.

Ricordo quando le dissi che mia moglie era rimasta incinta e quando lei mi confidò che si sarebbe separata dal marito.

Proprio in quel posto le mollai un ceffone, tanti anni addietro, per motivi banali, e ancora me ne dispiaccio.

Vado oltre il posto magico e poco più avanti mi arresto all’entrata della vigna.

Il panorama tipicamente mediterraneo ci circonda, più in basso s’innalza il pino contorto carico d’anni e di uccelli.

Stendo il plaid sull’erba cercando l’ombra nella calura di mezzo agosto.

Un refolo di vento distende i nostri sensi, ci sdraiamo, mi fa i complimenti per la maglietta che indosso, poi parliamo dell’eclisse e di come l’abbiamo vissuta, storie di mare e di vetri affumicati, di un fratello che trova da ridire su una persona che con lei parla, io le narro del centro cittadino che s’è fatto buio e, mi ami ancora? Nessuna risposta.

Faccio per toglierle i sandali ma lei interviene, non sai fare, e se li leva, le sfilo dolcemente i fuseau neri alla pescatora ed iniziamo a fare l’amore coi preliminari soliti, ma sempre diversi.

L’aria profuma di niepitella mista ad altre erbe aromatiche e gli odori collinari s’intrecciano al suo profumo, profumo di donna, di muschio bianco e di sesso: quanti umori graditi!

Giunge purtroppo troppo presto, come sempre, il momento di andare.

Torniamo in auto e ripercorro il sentiero a ritroso verso la città che in basso ci attende con i soliti molteplici impegni consueti e la riaccompagno alla sua auto parcheggiata.

Il solito ti voglio bene, anch’io, il bacio sulla guancia e martedì non ci vediamo, sarò tutto il giorno all’Elba, ti telefono lunedì.

E Valentine mi telefonerà tutte le mattine alle nove in punto per rimandare il nuovo incontro.

Giovedì e venerdì niente, nel pomeriggio la chiamo e lei: è tutto finito, non ti amo più, ho riflettuto a lungo da sola in questi giorni, non ho sentito la tua mancanza, non sapevo come dirtelo, duravo fatica a far l’amore con te, eri divenuto un peso, pensa alla tua famiglia che io devo rifarmi una vita e giù con altre simili banali piacevolezze.

Ma io ti amo come dieci anni fa, come la prima volta e ti desidero come allora e forse ancor di più, che scherzo è questo, non me lo potevi fare.

E poi il silenzio, il mio silenzio che assiste impotente ad una parte della mia vita, ad una parte di me che si allontana, che si allontana sempre più, che sta morendo.

E mi dico è già successo, ma poi lei è tornata, è un déjà vu, svegliatemi da questo semplice incubo, eravamo interplementari, noi due.

Ma non è un sogno, è la realtà ed una gran tristezza dovuta all’impotenza mi stanca le membra ed offende la mia ragione.

L’impermanenza è la principale fonte di dolore per noi esseri umani.

Un venerdì tredici subito dopo l’eclisse, una maledetta congiunzione astrologica negativa, Valentine ti amo!

 

I cuori sono duri, il più delle volte non si spezzano. (S.King)