- vittorio baccelli - i racconti -
- con questo racconto si conclude la raccolta "mainframe" - apparso su "mainframe " per la prima volta -
ENEA PERELLI
Enea Perelli stava morendo. Aveva da tempo ormai assimilato questa certezza ed aveva anche scartato ogni soluzione al problema. Per la verità di soluzioni gliene era stata proposta solo una, ma questa l’aveva rifiutata da tempo.
Enea Perelli aveva vissuto fin troppo a lungo, sicuramente più di ogni altro essere umano, e la stanchezza si era ormai impossessata del suo animo ed ora anelava al vero riposo, desiderava incontrare la grande consolatrice, l’incontro era già stato rinviato troppo a lungo.
L’immortalità non era mai rientrata nei suoi programmi e da tempo aveva compreso che l’eternità aveva ben poco a che spartire con l’immortalità.
Andrea Perelli dopo una giovinezza che era durata fino al compimento del suo sessantesimo anno, aveva iniziato ad assistere al lento decadimento del suo fisico, sintomi prima impercettibili, ma poi sempre più evidenti. Tutto era iniziato dalla dentatura ed il dentista doveva intervenire continuativamente per limitare i danni, erano poi arrivate le macchie della pelle. Erano apparse macchie marroni prima sul dorso delle mani, poi sulla schiena, infine in tutto il corpo, la vitamina C le rallentava, ma lentamente proseguivano la loro crescita.
La vista si era indebolita e senza occhiali divenne prima impossibile leggere, poi guidare, in seguito divennero indispensabili per ogni banale attività. Il ricorso al laser azzerò il tutto, ma il processo ebbe di nuovo inizio.
Anche l’udito si era indebolito, fare ogni cosa divenne sempre più faticoso, dopo aver mangiato aveva bisogno di un’ora di riposo e la sera si ritrovava a letto mai più tardi delle dieci per risvegliarsi all’alba.
Le mani avevano un leggerissimo tremito e la memoria non era più quella di una volta.
Le molteplici attività che aveva intrapreso sempre richiedevano la sua attenta presenza, e la sua presenza doveva essere pure brillante come il suo aspetto.
Finora era riuscito ad arrestare gli inevitabili processi d’ossidazione con l’uso intelligente degli integratori e della medicina olistica, ma dopo sessant’anni di giovinezza questi non riuscivano più a funzionare a dovere e l’orologio biologico aveva preso il sopravvento.
Così si era messo alla ricerca, anche in rete, di qualcosa o qualcuno che fosse riuscito a mantenerlo giovane ed efficiente.
Anche la libido aveva subito un notevole calo, Enea era abituato ad avere varie relazioni in contemporanea, ma questo ora gli risultava impossibile, era uno stress anche avere frequenti rapporti con una sola donna.
Durante la ricerca si ritrovò nel sito di uno sciamano informatico che si faceva chiamare Quezc, assicurava vita eterna a coloro che lo avessero attentamente seguito. Le pratiche proposte erano relativamente semplici, si basavano su esercizi respiratori e varie tecniche di meditazione con l’ausilio del proiettore delta e di appositi programmi sistim. Così Enea iniziò a seguirle.
In seguito vi furono una serie di lezioni sulla simbologia delle rune e sulla dizione dei mantra ad esse collegate. Ogni runa era unita ad un mantra ed ogni mantra era abbinato ad una divinità celtica.
Sempre sotto l’influenza di Quezc si addentrò nello studio della religione zoroastriana e successivamente nelle pratiche della via yaqui alla conoscenza, del buddhismo conobbe lo zen e l’aspetto esoterico del lamaismo.
Le lezioni si tenevano nella realtà virtuale di Quezc, un sito nel quale le aule di studio erano allestite all’interno di una piramide egizia, all’esterno si accedeva tramite due uscite: una dava su un deserto di sabbie infuocate, l’altra in un’impenetrabile foresta amazzonica.
Enea non era l’unico allievo, molti andavano e venivano, ma solo altri due erano una presenza fissa. Una si chiamava Ishtar e l’altro Ale, ma tra loro era vietato comunicare.
Lo sciamano si presentava sempre vestito con una lunga tunica, i cui colori cambiavano ad ogni lezione. I tre allievi furono istruiti anche nelle tecniche del sogno ed in quelle dall’agguato.
Già da un anno Enea seguiva le lezioni, finché un giorno collegandosi in rete trovò il sito completamente vuoto.
Attese a lungo girando per la piramide ma nessuno si fece vivo, né lo sciamano, né gli altri due allievi. Mentre era nell’aula delle lezioni, si attivò uno schermo ed apparve il volto dl maestro.
- Mi stavi aspettando?
- Sì, maestro.
- Per te le lezioni sono finite.
- Ma ho ancora molto da apprendere.
- Non eri venuto da me per apprendere.
- E’ vero, cercavo la giovinezza.
- O l’immortalità?
- C’è differenza?
- Si e no, ma ora sei pronto per passare ad una fase successiva.
- E sarebbe?
- Io ti cavalcherò di notte, ed il possesso ti donerà energia vitale.
- Cavalcherò?
- Si, entrerò in te, ti possederò, e tu il giorno avrai più conoscenza, più consapevolezza ed accrescerai costantemente le tue energie vitali. Non è questo ciò che realmente volevi?
- Si e no, comunque proviamo, quando si inizia?
- Subito. Da stanotte.
- Va bene.
E lo sciamano scomparve dallo schermo. Enea si ritrovò nel suo appartamento e si dedicò alle sue normali consuetudini.
La sera si recò a letto e si addormentò mentre stava leggendo un libro.
Per la prima volta Quezc entrò in lui, che cosa facesse, Enea non lo ricordava, ma ogni giorno era sempre più giovane ed in forze, ed anche sempre più ricco.
Il suo alleato infatti giocava quotidianamente in borsa con risultati strepitosi ed ora stava dando la scalata ad una multinazionale.
Enea era avviato a divenire l’uomo più ricco del mondo. Sempre più giovane, aveva tutte le donne che voleva, lussuose abitazioni sparse per il pianeta, un’immensa fattoria in Africa, un autentico castello in maremma con piscine, campi da tennis, golf, maneggio, una sala per collegamenti sistim e satellitari, un modulo abitativo sull’avamposto lunare, jet privato e servitori, robot, ancelle.
Aveva tutto, meno che le ore del sonno che erano di Quezc. La simbiosi era perfetta per entrambi.
Ma un giorno accadde l’imprevedibile. Enea si svegliò in piena notte comprendendo che qualcosa non andava, non sapeva cosa, ma l’inquietudine l’attanagliava. Andò nella stanza di Annette, la sua nuova segretaria ventenne e nel buio s’infilò sotto le coperte alla ricerca del suo caldo corpo.
Ma Annette non c’era, accese le luci e sulla moquette scorse macchie di sangue. Vide che anche i lenzuoli erano sporchi, allora seguendo le tracce di sangue uscì dalla camera e si mise alla ricerca di Annette.
Le tracce terminavano nella cucina del piano inferiore, davanti alla porta di un frigo. Aprì lo sportello ed all’interno scorse i pezzi di quella che era stata la sua ultima segretaria.
Per lungo tempo rimase incredulo ad osservare la macabra scoperta, senza riuscire a dare una spiegazione su cosa fosse realmente accaduto.
Poi chiamò i robot di casa ed ordinò loro di gettare nell’inceneritore ogni cosa che si trovasse nel frigo e nella camera di Annette, mobili, moquette e carta da parati compresa. Ordinò poi di trasformare la camera in uno studio-libreria. Prese ogni cosa che ricordava Annette e la gettò nell’inceneritore. Solo allora si accorse che anche il suo pigiama era sporco di sangue, se lo tolse in fretta, gettò anch’esso nell’inceneritore, poi si fece una doccia.
In rete tentò di collegarsi con Quezc, ma il sito era chiuso ed ogni tentativo di entrare risultò vano.
Stava per desistere quando una forza sovrumana lo bloccò alla consolle, lui cercò di disconnettersi, ma era completamente paralizzato, sentì una forza fredda uscire dal PC e penetrare decisa e con violenza nella sua mente. La sentì frugare a lungo trai suoi pensieri e fu certo che qualcuno o qualcosa lo stava uccidendo.
- Perché?
- Quezc è morto, io l’ho ucciso
- E Annette?
- Quella puttana con cui stava scopando l’ha raggiunto subito dopo.
- Vuoi uccidere anche me?
- No, tu eri il cavallo di Quezc, forse potrai servire.
- Non sono un cavallo, e tu chi sei?
- Mi chiamano “Nostra signora dei dolori” e non farti mai più ritrovare sulla mia strada, a meno che io non voglia.
Ed un dolore lancinante colpì Enea in ogni sua parte del corpo, mentre una scarica elettrica lo fece schizzar via dalla consolle.
Si risvegliò dopo alcune ore completamente dolorante, con le mani piene di grumi di sangue come se le palme fossero state trafitte, e con scottature diffuse in tutto il corpo. La scrivania ed il computer erano completamente bruciati.
Chiamò i robot, ordinò loro di rimettere tutto in ordine e si fece adagiare nell’autodoctor.
Nessuno si preoccupò della sparizione di Annette ed Enea ritornò alle sue precedenti occupazioni, gli affari seguitarono ad andare a gonfie vele anche senza l’alleato, ma il processo d’invecchiamento era ricominciato.
“Nostra signora dei dolori” solo una volta si mise in contatto con lui, per annunciargli che se lo avesse rivisto, l’avrebbe ucciso.
Gli anni trascorsero veloce ed Enea girava solo in rete o con il suo simulacro. Le sue cellule, infatti, per evitare la morte erano state disciolte in una cisterna d’acciaio piena di liquido amniotico.
Aveva in rete trovato un sito che lo appassionava e solo in quello si sentiva a suo agio. Era un mondo fatto di prati verdi, di fiori profumati, di mari calmi, di ruscelli sciabordanti, quasi del tutto disabitato. Gli umani abitavano solo un immenso prato circondato da alte foreste. Un laghetto era sito proprio nel mezzo al prato e molti bambini sempre giocavano. Bellissime donne si specchiavano nude nelle terse acque ed ogni tanto l’aria si riempiva di dolci melodie ed appariva un derviscio che roteando danzava, facendo accorrere tutti i bambini che sorridenti si sedevano in cerchio attorno a lui.
Era un sito strano, che non appariva da nessuna parte, che in realtà non avrebbe dovuto esistere, ma che aveva un interazione così densa da potersi scambiare per un mondo reale.
Enea sostava sempre di più in questo mondo armonioso, mentre il suo simulacro sulla terra assolveva diligentemente ogni suo compito. Aveva dapprima pensato di trasferirsi definitivamente qui, ed i tecnici gli avevano detto che la connessione era possibile, ma lui aveva riflettuto a lungo ed infine deciso per il no. Aveva troppo vissuto, era ormai stanco. Sarebbe rimasto ad ammirare il derviscio finché le sue cellule l’avessero tenuto in vita, poi sarebbe corso, come tutti, verso l’ignoto.
Era
su quel mondo, sdraiato sul bordo del laghetto, stava osservando un gruppo di
bambini che giocosi si rincorrevano.
Le
cellule del suo corpo si trovavano entro una cisterna d’acciaio lunga otto
metri col diametro di due, posta in un laboratorio al secondo piano interrato
alla periferia di una metropoli francese.
Tre
giovani del gruppo d’estremisti schizzati denominato “bambini
dell’islam” irruppero nel laboratorio e piazzarono molecole d’antimateria
proprio sopra la cisterna d’acciaio, poi furtivamente uscirono.
Il
derviscio apparve al limitare del prato ed iniziò a roteare mentre la dolce
musica dei flauti ney si diffondeva nell’aria.
Improvvisamente
il laboratorio collassò generando un grande buco circolare nel paesaggio
squallido della periferia metropolitana.
Enea
avvertì un lampo accecante e subito dopo si trovò impigliato nel vento solare
generato dalla rotazione di un’immensa svastica luminescente.
“Nostra
signora dei dolori”, tolse le forbici gocciolanti di sangue dal torace di un
giovane malcapitato ed ebbe la certezza d’esser rimasta l’unica aspirante
all’immortalità.
-
Un rompicazzi di meno – esclamò, ricominciando il suo lavorio con le
forbici.