ERA E IO

 

Ricorda solo vagamente la condanna, tutto questo è avvenuto troppo tempo addietro. Di quel primo periodo non ricorda quasi niente, neppure il crimine commesso e che l’ha condotto all’esilio. Sa di essere senziente in un mondo solo in parte reale, illusorio per quanto riguarda la maggior porzione di esso.  Neppure il suo nome ricorda, probabilmente la condanna ha cancellato anch’esso. Quest’entità ha cominciato a chiamarsi Io e questo è oggi il suo autentico nome. In questo luogo d’esilio la vita è dura, più volte ha rischiato la pelle ma s’è indurito ed evita il più possibile ogni pericolo. Ma è curioso, maledettamente curioso e vuol capire fino in fondo cosa lo circonda, in quale tipo di mondo si trova, ma soprattutto vuole evadere da questa follia ove è stato gettato, una galera senza porte, sbarre o secondini, ma ancor peggiore delle carceri tradizionali. Sa però che evadere è impossibile, a lui però la speranza nessuno può toglierla. “La speranza è l’oppio dei falliti” questa è una delle voci che gli rimbomba talvolta nella mente, sicuramente un ricordo della sua passata esistenza. Sa però che questa è solo una frase fatta, “aria fritta” l’avrebbe definita un tempo. Anche altre parole gli risuonano talvolta nella mente e hanno a che fare sicuramente con la sua passata esistenza, due parole in particolare affiorano spesso, “vimana” e “murchdana”. La prima, n’è sicuro, si riferisce a un tipo d’aereo, la seconda è riferita a una pistola a raggi. C’è poi un unico oggetto che riguarda il suo passato, è una sottile striscia metallica con sopra scritto “Il dottor Duruwalla è nato a Bombay ma ha studiato medicina a Vienna e vive a Toronto. Uomo senza radici, torna spesso a Bombay dove si occupa di bambini invalidi. Ora lo perseguita l’ombra di un assassino…” E’ sicuro che questo frammento di scrittura non riguardi se stesso in prima persona, ma faccia riferimento alla sua trascorsa realtà. Nel suo luogo d’esilio ha come alloggio un grande stanzone cubico, che lui ha imparato a chiamare il cubo, all’interno del quale appaiono e scompaiono tutti gli oggetti d’uso e anche il cibo. All’esterno la realtà è sempre mutabile, talvolta c’è un enorme deserto che s’estende all’infinito, altre volte distese di prati verdi, o colline, o rocce scoscese, o una riva di mare con un infinita spiaggia e un cielo azzurro. Tutte proiezioni, Io pensa, è come essere in una stanza ove proiettano ologrammi. In cielo vi sono quasi sempre due soli, ma le loro dimensioni sono variabili. Alle volte la pressione o la gravità sembrano maggiori, alle volte sembrano minori; anche l’aria subisce delle modifiche da profumata a pestilenziale e talvolta irrespirabile, sì che Io è dovuto rientrare immediatamente nel cubo. Anche gli animali all’esterno sono mutevoli: insetti e uccelli d’infinite specie e sempre diversi, cavalli, unicorni, pegasi, maiali, oche, appaiono e scompaiono, allucinazioni forse? Un solo animale resta sempre vicino al cubo: è un cane enorme, grosso quanto un vitello, con la mascella cascante, il muso nero e delle grosse ossa sporgenti. A lui viene in mente la parola “mastino” e quello è divenuto il suo nome. Mastino sta sempre vicino a lui e la sua presenza inquietante è divenuta poco a poco familiare. Mastino gli fa compagnia e l’aiuta a evitare i “palloni” un pericolo che si presenta abbastanza spesso attorno al cubo. I palloni hanno le dimensioni d’un cespuglio e sono dei vegetali il cui interno è pieno di semi affilati come rasoi. I palloni all’improvviso esplodono e sempre nelle vicinanze di qualche animale e i loro semi divengono mortali schegge. Per riprodursi i palloni non hanno niente di meglio che un cadavere caldo caldo. I palloni sono estremamente mobili e rimbalzano da un posto all’altro come le palline d’un flipper o meglio ancora come un coniglio di gomma pieno di gas. Adorano le imboscate e cacciano in gruppo. Ma l’aspetto più pericoloso di questo vegetale, se di vegetale si tratta, è che può sgonfiarsi a piacimento e ciò lo rende quasi impossibile da identificare, Mastino riesce invece a scovarli col fiuto e quando sono sgonfi non possono esplodere. Sono dunque solo Mastino e i palloni le uniche due forme di vita che si ripetono anche in set diversi, mentre le altre forme di vita sono estremamente mutevoli. Per essere un condannato voli penserete che il nostro Io non se la cavi poi tanto male, ma ne siete sicuri? Credo invece che nessun altro senziente sia riuscito a vivere a lungo in questa realtà quanto Io. Talvolta all’uscita dal cubo lui trova un fiume e in esso le scille. Ma questi animali già li ha conosciuti forse su altri mondi durante la sua esistenza “normale”: le osserva, le ammira e le evita. Queste coloratissime margherite aprono le loro affilate corolle multicolori sollevando il collo come stelo dalle acque attendendo immobili le loro prede. Io ha esplorato infinite volte i dintorni della sua dimora, ma come possiamo parlare d’esplorazioni in un set che a ogni suo uscita dal cubo che gli funge da ricovero muta, e mai è proprio esattamente lo stesso? Finché Io se ne sta fuori dal cubo tutto resta immutabile, quando rientra e poi esce, ogni volta la mutazione ha inizio. Solo Mastino resta sempre tale e quale attorno a lui: è una costante fissa, l’unica, anche se i palloni s’incontrano spesso.Io esce ancora una volta, Mastino lo segue con passo lento, attorno a loro solo prati, un deserto le cui dune si sono ricoperte d’un manto verde. Sembrerebbe proprio erba a una prima occhiata, ma ad ogni passo scricchiola con un rumore di biscotti o di piccole ossa calpestate e si sbriciola polverizzandosi: forse si tratta di tutto fuorché d’erba. Io avanza sempre nella stessa direzione, riesce a orientarsi come se avesse una bussola interna anche se i soli mutano sempre grandezza e dimensioni, di notte poi le stelle sono inaffidabili dato che variano sempre le loro configurazioni. Lui passeggia per ore seguito dal cane, sempre nella stessa direzione, ha con se un po’ di cibo e d’acqua, è intenzionato a non rientrare nel cubo finchè non abbia finito tutte le provviste. Giunge la notte e lui si ferma, stende sul prato la stoia e col cane si sdraia su di essa osservando le stelle. All’improvviso un punto luminoso nel cielo si sposta senza lasciare scia. Non è una stella cadente, forse un asteroide in orbita vicina? All’improvviso il punto luminoso accelera, fa una curva deviando dalla propria traiettoria e scompare oltre l’orizzonte. Io è perplesso e non riesce a dormire, giunge infine l’alba annunziata dal più piccolo sole. Arrotola la stoia e riprende ad avanzare nella stessa direzione di malavoglia seguito da Mastino. Sente che deve proseguire, avverte qualcosa d’interessante più avanti, per ora niente cibo né acqua né per lui né per il cane. Il sole ora è quasi perpendicolare sulle loro teste e vede degli alberi in lontananza, sono di un verde diverso da quello delle dune e quando è più vicino s’accorge che sono palme e formano un vasto circolo. Pensa allora che c’è un’oasi in questo deserto di dune verdi. S’avvicina sempre più finchè dal nulla sbucano strani uomini e lui si trova circondato. In mano hanno corti bastoni, sicuramente armi, la loro pelle è bianca e indossano e indossano strane tute, anch’esse bianche che s’ispessiscono ai piedi a mo’ di scarpe. Fanno cenno di seguirli mentre i piccoli bastoni sono puntati su di lui. Io sorride fa cenno d’aver capito, loro gli dicono qualcosa, ma il linguaggio è incomprensibile, lui s’avvia nella direzione indicata, cioè verso l’oasi, è circondato dai nuovi venuti e Mastino lo segue. Giungono a ridosso delle palme che si ergono all’improvviso fitte, formando un bastione. C’è un passaggio dal quale entrano, all’interno dell’oasi una folla lo attende e lo guarda con curiosità. Tra le palme si scorgono costruzioni metalliche, una piccola folla ora lo circonda e in molti gli parlano col solito linguaggio incomprensibile, lui fa cenno di non comprendere. Attorno a lui sono portati degli strani meccanismi dai quali scaturisce un raggio che viene puntato su di lui che non avverte niente. Infine lo sospingono sopra una piccola piattaforma che subito s’innalza di qualche centimetro da terra e velocemente lo porta davanti ad un’altra piccola costruzione metallica lontana dal punto di partenza ma sempre all’interno dell’oasi. Viene fatto entrare e un uomo di pelle bianca vestito solo coi boxer lo sta attendendo. Lo fa sedere su uno strano sgabello e avverte dei ronzii di macchinari in funzione. L’uomo è davanti ad una consolle sulla quale lampeggiano numerosi led.

-         Ora puoi capirmi?

-         Adesso sì.

-         Abbiamo appreso il tuo linguaggio e tu hai imparato il nostro.

-         Dove sono?

-         Sicuramente non nel tuo mondo.

-         Anche se così fosse, il mio mondo non riesco a ricordarlo.

-         I tuoi ricordi sono stati rimossi, ma le macchine ci stanno lavorando sopra, chissà che tu non possa riaverli.

-         Voi siete diversi da me.

-         Diversità solo superficiali, non abbiamo quei tuoi due cornetti sulla fronte, siamo un po’ più bassi e la nostra pelle è bianca e non ha quei riflessi azzurri che tu hai. Le differenze finiscono qui.

-         Stessa razza, allora?

-         Sì, con qualche lieve variante di scarsa importanza. Rimarrai con noi o ripartirai?

-         Ho passato un tempo lunghissimo solo col mio cane, ho bisogno di stare con gli altri, ma non speravo più d’incontrare esseri senzienti.

-         Come sei giunto qua da noi?

-         Mi hanno costretto in un cubo come abitazione, e ogni volta che uscivo dal cubo tutto era diverso.

-         Vorrei vedere questo cubo.

-         Ci andremo.

-         Ora però devi riposarti, ti assegnerò una buona sistemazione.

-         Grazie.

Io viene scortato  verso uno dei tanti piccoli alloggi metallici presenti sotto le palme di quest’oasi. Ad attenderlo un’avvenente giovane in perizoma. Io l’osserva stupefatto, si sofferma sui suoi seni e non sa proprio cosa dire. Questa ragazza è bellissima e la mancanza dei due corni temporali e l’insolito colore non la rendono certo meno affascinante, anzi per lui è più esotica, una gradita novità. Non sperava proprio che questo potesse succedere, è ancora incredulo e frastornato, ha quasi paura di svegliarsi e di ritrovarsi nel cubo.

-         Mi chiamo Era, tu sei Io.

-         Sì.

-         Sei stato assegnato qui con me, staremo insieme per tutto il tempo della tua permanenza tra noi se a te va bene.

-         È un onore per me essere tuo ospite.

-         Accomodati allora, divideremo tutto.

Io entra e osserva l’ambiente per lui alieno, tutto è diverso dal cubo ove per moltissimo tempo ha abitato, ma le emozioni lo sopraffanno dopo tanta solitudine e poi mai e poi mai avrebbe creduto di poter tornare tra suoi simili, o quasi simili. Davanti a questa bella ragazza si dimentica la stanchezza si scorda pure di Mastino che è rimasto all’ingresso dell’oasi, le ore trascorrono veloci, Era vuol conoscere la sua storia e lui gli narra tutte le sue avventure, quelle almeno che riesce a ricordare mentre mangia dei frutti succosi, non può parlare del suo mondo perché non lo ricorda. Sono assieme sdraiati su un grande imbottito quando entra Mastino e s’accuccia accanto a loro. Era cerca del cibo adatto per il cane, glielo posa accanto in una ciotola, poi gli versa dell’acqua. Mastino grato mangia, beve, poi si sdraia sul pavimento vicino alla porta d’ingresso, chiude gli occhi dormendo, ma aprendoli ogni tanto, sempre all’erta. I giorni passano veloci per Io ed Era, ormai assorbiti da una routine amorosa. Io ha avuto all’inizio qualche difficoltà a relazionare sessualmente con Era, troppo arrugginito potremo dire, ma tutto questo è stato felicemente superato e i due nonostante le diversità culturali e fisiche, sono divenuti una coppia affiatata. Dopo aver cenato, qui occorre preparare la cena non c’è cubo che prepara, Io sta lavando le stoviglie alla fonte dietro casa quando si sente chiamare da una voce maschile. E’ lo sciamano, colui col quale ha potuto per primo parlare qui nell’oasi, vuol sapere se è pronto ad accompagnarlo al cubo col quale è arrivato. Io gli dice d’esser pronto ad accompagnarlo e che lui non vuol ripartire, si trova molto bene nell’oasi ed è innamorato di Era. Lo sciamano benedice all’istante questa unione e chiede se all’indomani lui sia pronto ad accompagnarlo al cubo. Io dice di sì e di buon mattino  lo sciamano col suo assistente giunge su una piattaforma anti-g. Partono per il deserto, Mastino sale con loro, attraversano le verdi dune di quest’assurdo deserto finchè, guidati da Io giungono al cubo che si staglia netto col suo colore metallico nel verde mare di pseudo-erba. La piattaforma s’arresta davanti all’ingresso, un rettangolo nero che risalta sulla superficie argentea del cubo.

-         Entriamo.

-         No sciamano, io non entro.

-         Perché?

-         Perché ogni volta che sono entrato il set esterno è mutato alla mia uscita. Questo posto mi piace e voglio rimanerci, Era è la mia donna, sento che il mio posto è qui.

-         Bene, andrò da solo, conosco tutta la tua storia, le macchine me l’hanno narrata, tutte le tue esperienze sono a me ora note.Qui c’è una nuova strada da percorrere, la mia via passa attraverso questa conoscenza. Tu avrai molti figli con Era, questo è il tuo destino. Finché non tornerò il mio assistente sarà il nuovo sciamano dell’oasi. Detto questo attraversa il nero rettangolo e sparisce all’interno del cubo. Niente succede mentre Io, l’assistente e Mastino osservano attentamente il cubo, poi Mastino si drizza bene sulle zampe, scuote più volte la pelliccia e lentamente s’avvia verso la scura apertura, si gira un’ultima volta ad osservare Io poi deciso scompare nel nero rettangolo. Un attimo dopo il cubo sembra collassare e svanisce. Io e l’assistente risalgono in silenzio sulla piattaforma e s’avviano in direzione dell’oasi.