-
vittorio baccelli – i racconti – terzo sigillo –
ESTATE
Anche oggi sto compiendo il lavoro di sempre che consiste nel portare al pascolo le capre che la mia famiglia possiede. Sono sul monte di pietre e mio padre dice che dista tre chilometri dal villaggio. Qui sul monte, trai sassi, cresce un’erba verde scuro con le foglie rigide che terminano in acuminati aculei, è l’erba pungente che piace molto alle capre. Mentre gli animali pascolano disperdendosi per il monte alla ricerca dell’erba, mi stendo in terra accanto ad una parete di roccia che copre i raggi dell’intenso sole viola. Penso alla ragazza della fattoria vicina che m’intriga non poco e con la quale ho preso un appuntamento per la sera di dopodomani: ci vedremo al giardino del villaggio, quello con il pozzo nel mezzo alle aiuole perennemente fiorite, mentre penso a lei, estraggo lo zufolo dallo zainetto ed intono struggenti melodie. Passa il tempo e senza accorgermene, mi addormento. Mi risveglio affamato, dallo zainetto estraggo alcune gallette ed una bottiglia d’acqua della fonte. Mangio, bevo e ripenso ad il prossimo incontro. Presto arriva il tramonto ed all’orizzonte scorgo le righe d’azzurro luminescente che lo precedono. Nere nubi dalla consueta forma ovale solcano veloci a grande altitudine il cielo, mentre s’alza il torrido vento della notte. E’ l’ora del rientro, riprendo lo zufolo ed intono a lungo la nota del richiamo. Una ad una le capre rispondono obbedienti al consueto suono, mi si fanno attorno e le conto: sono tutte e tredici. Inizio lento il rientro alla fattoria, gli animali come ogni sera docili mi seguono.
Scendo dal monte di pietra, a valle attraverso il secco alveo d’un antico fiume, poi m’immetto sulla vecchia autovia, un nastro di nera terra compatta che so essere asfalto, disseminato di buche e di profonde crepe che lo suddividono in lastre sconnesse: è un percorso impervio per me, non per le capre che filano spedite. Proseguo attraverso i tre ponti costruiti in quella pietra artificiale che usavano gli antichi, una pietra che sfida i tempi. Dalla pianura di sabbia ammiro al tramonto, in lontananza, gli scheletri della città morta che rivolgono al cielo le dita sbrecciate di pietra artificiale. Finalmente giungo all’oasi che con il fronte compatto di palme si staglia netta nel panorama di grigie sabbie infuocate. Entro nell’oasi per il sentiero noto salutando i guardiani che armati, giorno e notte, proteggono il villaggio con le sue fattorie. Percorro il sentiero seguito dalle capre che ora corrono verso il recinto aperto e si accalcano all’abbeveratoio. Le chiudo nel recinto e guardo l’edificio a due piani della mia fattoria, le luci nella casa sono già accese. Babi, il mio cane lupo, mi viene incontro festoso in cerca di carezze, l’accontento e con lui entro in casa.
Vado subito in cucina e dal frigo tolgo una bottiglia d’acqua ghiacciata, ne bevo alcune sorsate. Mia madre mi fa un gesto di saluto mentre sta preparando la cena.
- Tra mezzora tutti a tavola!
Ne approfitto per prendere il mio libro preferito, mi sdraio sul divano e lo sfoglio. E’ zeppo di foto e disegni. Parla delle stagioni, quando nei tempi antichi c’erano anche l’autunno, l’inverno e la primavera.
Ma adesso c’è solo l’estate, mio padre mi ha raccontato che un’estate di tanto, tanto tempo fa, il calendario si fermò di botto e tutti gli antichi perirono. Gli dei vollero punire gli uomini per aver condotto il pianeta al “koyaanisqatsi” che significa una vita senza equilibrio. Si salvarono solo gli Eletti e si stabilirono nelle oasi.
Questo dice mio padre, ma non capisco cosa c’entrassero gli dei e neppure cosa significhi vivere una vita senza equilibrio. Ho raccolto molti vecchi libri e li ho collocati nella mia stanza, in molti di questi si parla di guerre, in altri di alieni venuti sulla terra. Forse gli antichi sono stati distrutti non dagli dei, ma dalle guerre o dagli alieni, l’ho chiesto più volte al mio mentore, ma non ha saputo fornirmi alcuna risposta. Gli ho anche chiesto degli dei, ma lui ha detto di non preoccuparmi, anche loro sono morti con gli antichi.
Tutto sommato sono fiero d’essere un Eletto.