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ESTREMAMENTE TUA

 

 

(omaggio a Stephen King)

                                     Noi vogliamo inneggiare all’uomo che tiene il volante

                                     la cui asta ideale attraversa la Terra, lanciata a corsa,

                                     essa pure, sul circuito della sua orbita.

                                        (Filippo Tommaso Marinetti  - Manifesto del Futurismo)

 

Automezzi con motore a combustione interna, inquinanti, superinquinanti, ma dominanti su tutto, e per loro si fanno strade, si parla sempre di costruirne di nuove, c’è chi sostiene che ce ne sono già anche troppe, ma la maggioranza vuol farne sempre di nuove.

La Versilia ed il modenese da tempo ambiscono ad un collegamento ed ogni tanto qualcosa si muove in questo senso.

E vi voglio parlare proprio di questo tracciato perché mi riguarda per l’appunto da vicino.

Infatti abito in Versilia, all’interno della tenuta di Migliarino in un vecchio rustico che ho fatto interamente ristrutturare. Questo è un posto magnifico, la mia famiglia, un tempo ne era in parte proprietaria, finché un avo spendaccione e dissoluto non perse a carte proprio questa tenuta.

L’ultimo discendente del vincitore ebbe un figlio che portava il mio stesso nome, al quale per il raggiungimento della maggior età, regalarono un’auto scoperta.

Dovete sapere che il ragazzo a tutta velocità si schiantò con l’auto contro un pino proprio all’interno della tenuta, in fondo al rettilineo della stradicciola asfaltata che l’attraversa: ora c’è una marginetta in ricordo.

Oltre che il mio nome, aveva anche i miei stessi anni.

Ma cambiamo argomento e parliamo della mia ragazza, anche lei abita in aperta campagna, ma nel modenese.

Noi due stiamo da soli nelle nostre rispettive case, ci vediamo però tutti i sabati e le domeniche: generalmente e lei che viene da me.

La nostra storia va avanti da più di tre anni e tutto prosegue per il meglio.

La mia lei ha un hobby, le piace scoprire sempre nuovi percorsi che poi affronta col suo enorme fuoristrada.

Odia visceralmente le autostrade e non le imbocca proprio mai, dice che sono solo nastri di morte, ama invece le strade più impervie, sconosciute ed accidentate, oltretutto sostiene che studiando attentamente il territorio, anche con l’ausilio delle cartine, si risparmia un sacco di tempo rispetto alla cosiddetta viabilità veloce.

Le prime volte che ha raggiunto casa mia impiegava alcune ore, dopo mesi di studio sul territorio e sulle sue dettagliate cartografie, sosteneva d’impiegare solo un’ora.

Non è che ci abbia creduto a scatola chiusa, ma non ho detto mai niente per non contraddirla e farla contenta.

Le sue cartine, spinto dalla curiosità, le ho viste: sono ricavate da vecchie foto satellitari d’origine sicuramente militare e sono zeppe di grafici segnati con varie matite colorate.

Più che cartine geografiche sembrano dei quadri astratti, degli informali alla Pollok.

Sul retro e sui bordi delle carte topografiche vi sono poi tutta una serie di scritte a biro: appunti indecifrabili perché stilati con un linguaggio che non so leggere, ma che ho subito riconosciuto come l’alfabeto che fu usato da John Dee, ricordo d’averlo anche trovato su alcuni miei vecchi libri che parlavano dell’origine dei Rosacroce. Rimasi affascinato da quel linguaggio composto d’arcani simboli magici, astrologici ed alchemici e cercai di saperne di più.

Le uniche notizie che ricavai su Dee furono che era un mago e negromante dell’Inghilterra puritana, nato a Londra nel 1527, vissuto fino al 1608 e che fu astrologo di corte della regina Elisabetta la Grande: rosacroce e massoneria se lo contendono da secoli.

La scorsa settimana la mia lei mi ha raccontato una cosa impossibile: sosteneva d’esser arrivata da me impiegando solo quindici minuti col suo fuoristrada.

Ovviamente non ci ho creduto, mentre lei era addirittura euforica per aver raggiunto questo record.

Ma posso far di meglio! – ha esclamato ad un tratto.

Secondo me, non te lo omologheranno mai.

Scommetti che entro un mese arriverò a cinque minuti?

Tu sei di fuori…..

Guarda che seguo vie psicogeografiche.

….come un tacchino.

A quel punto non le ho risposto ed ho lasciato cadere la conversazione, sono uscito sul retro della casa e mi sono acceso una sigaretta.

Mi sono fermato davanti al fuoristrada ed ho cominciato ad osservare attentamente il suo 4X4. E’ veramente imponente, un autentico bestione della strada, anzi del fuoristrada. Ma quello che lei sostiene è semplicemente impossibile.

Ho guardato sempre più attentamente l’automezzo, gli ho girato attorno, stavo osservando i sei fari anteriori messi tutti in fila, quando ho notato che erano pieni d’insetti morti appiccicati.

Che strani insetti! Molto grossi, con ali metalliche di libellula, ma taglienti al tatto come rasoi, poi mi sono soffermato su una testa d’insetto, un po’ più grossa delle altre, rimasta incollata sul paraurti.

Dalla bocca di questa testa, inequivocabilmente d’insetto con i due grandi occhi sfaccettati, spuntavano file di denti aguzzi come aghi.

Non mi risulta che gli insetti abbiano apparati boccali di questo tipo, e quali strade lei usi per annullare le distanze è per me un mistero che voglio al più presto risolvere.

E così alla sera, dopo aver cenato all’aperto, entro nel discorso.

Cara, visto che ora ci metti solo un quarto d’ora ad arrivare fin qui, perché stanotte non dormiamo a casa tua?

E’ questo che vuoi?

Sì, è tanto che non stiamo da te.

Allora infilati una giacca a vento e partiamo.

Va bene, e lasciamo stare tutto com’è, metterò in ordine domani quando si ritorna.

Mi alzo da tavola, m’infilo la prima giacca a vento che trovo all’attaccapanni, chiudo solo la porta e salgo sul fuoristrada. Lei ha preso solo la sua borsetta, la getta sul ripiano sotto il cruscotto, si siede al posto di guida, gira la chiavetta e senza più parlare partiamo.

C’è un cronometro sul cruscotto, appena superato il cancello di casa lei lo fa scattare, poi accende i fari, io mi volto per vedere il tavolo abbandonato con le posate, i piatti, i bicchieri ed i resti della nostra cena, ma non riesco a scorgere nulla, solo una foschia lattiginosa.

Il motore intanto ha preso a rombare a pieno ritmo, il panorama scompare, anche il chiarore se ne va, restano solo i coni di luce dei due fari che sembrano farsi solidi.

Sento il vento sibilare così forte da superare in rumore del motore, un vento che s’insinua con forza fin dentro l’abitacolo mentre l’aria appare più densa ed un riverbero viola ci avvolge.

A tratti la nebbia si dirada e scorgo in alto, forse sopra un colle, una costruzione medioevale che s’intravede nella foschia e veloce schizza via per lasciare il posto ad un altro edificio similare, un po’ più allungato e con estesi bastioni.

Vengo all’improvviso preso dallo spavento e mi afferro al cruscotto: davanti a noi c’è il ponte del Diavolo, quello di Borgo a Mozzano e noi sfrecciamo velocissimi sotto l’arcata principale poi la nebbia si fa ancor più fitta ed appare la sagoma d’alcuni ruderi di castelli. Alle mie spalle giungono bagliori da quello che mi sembra un edificio più moderno, squadrato, forse una villa, mi domando se non sia quella di Catureglio che fu abitata da Lucida Mansi.

Stiamo ora girando attorno ad una grande torre nera a base quadrata ed ecco all’improvviso riappare il sole del tramonto e siamo nella campagna modenese davanti alla casa di lei.

Mi guardo intorno inebetito, lei ha il cronometro in mano ed esclama soddisfatta:

Quattordici minuti, tre secondi e undici decimi!

- Un nuovo record del cazzo…

Mormoro con un filo di voce mentre mi guardo nello specchietto retrovisore e mi scorgo bianco come uno straccio lavato.

Cosa hai detto amore?

Niente, ho bisogno d’una birra.

…………….