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EYMERICH
RIFLETTE
L’inquisitore è da solo, in silenzio, nella bolla fuori del tempo che è il suo studio. A questa si accede da una porta celata in uno degli ultimi piani della torre. Riflette: ha compiuto varie ricerche sui siti internet del ventesimo secolo e si è spinto fino ai primi anni del ventunesimo, ha stampato il materiale trovato su Reich e l’ha raccolto in un capiente faldone. Sempre dalle ricerche di quegli anni s’è imbattuto in due pagine che l’hanno colpito, un articolo di giornale e l’intervento su un forum. L’articolo è tolto da un quotidiano dell’epoca, il Tirreno, ha in mano il foglio e per l’ennesima volta lo rilegge:
“Il fantasma di un incontro – Una magnifica ossessione – L’amore tra un uomo ed una donna assume talora le sembianze d’un fantasma, si nutre d’ossessioni, vive di ombre, di sguardi fuggevoli. Come nella love story qui proposta da Vittorio. Tutto nasce dall’incontro nel ’74 a Urbino, nel castello di re Federico, di una bellissima bionda. Un colpo al cuore, un’ossessione - L’ho ricercata un po’ dovunque, ma da quel giorno non l’ho più rivista – scrive Vittorio. Quel volto di donna diventa un fantasma da inseguire perché – quella ragazza e le ore del pomeriggio trascorse con lei erano rimaste indelebilmente fisse nella mia memoria – Finché nel ’77 in villa Bottini a Lucca, Vittorio scorge una figura di donna molto simile a quella incontrata ad Urbino – Sono nel giardino di Villa Bottini e penso a lei, come tante altre volte in questi anni, ed ecco all’improvviso lei si mostra, fresca, raggiante, come quando la conobbi ad Urbino o come lei apparve nei miei sogni d’adolescente. E’ reale e vivida come nei ricordi nella mia memoria. Si siede accanto a me e sussurro “Elisabetta ti amo, ti ho sempre amato” La scena si svolge al rallentatore, irreale come in un sogno e lei mi fa “Anch’io” Le stringo le mani, la guardo a lungo negli occhi, infine nascosti da una folta siepe i nostri corpi s’intrecciano, le nostre labbra si cercano…”Tornerò amore, tornerò nei tuoi sogni, oltre il tempo, oltre la vita”. Vorrei ribattere, vorrei fermarla ma resto immobile mentre lei se ne va, è come fossi inchiodato in quel posto quando infine riprendo l’uso del mio corpo e riesco a muovermi, lei è ormai svanita nel nulla. Corro per il giardino, guardo ovunque: nessuna traccia”.
L’inquisitore lascia cadere il foglio per terra, è quanto mai perplesso. Nel ’99 la storia d’Elisabetta è addirittura finita sui giornali dell’epoca, o meglio un frammento della sua storia. Ed un altro frammento è qui su quest’altro foglio con stampato un intervento su un forum, questo è del 2002:
“Di questo racconto ho apprezzato il percorso originale, che delinea vicende e personaggi in maniera sfuggente, quasi con reticenza, per poi far muovere la narrazione facendola ingorgare sulla penna che la sta scrivendo con una sterzata metaletteraria ben accompagnata dalla scrittura e da alcuni dettagli. Anche lo scenario è rarefatto e nebuloso, onirico, a metà strada tra una fantascienza ortodossa e la fuga trascendente. Molti elementi mi sono apparsi simbolici, ad esempio il tappeto di capelli, o l'uccisione di Elisabetta, o le vite che ripetono i loro percorsi cercando di sfuggire alla nemesi. La cosa che invece ho trovato cedevole è la credibilità del tutto, credibilità in senso narrativo, sarebbe la legatura delle parti e la loro rispondenza a un disegno unitario (vedi l'innesto di Reich e delle sue opere). E' evidente che questo racconto va letto in stretta connessione con il precedente "tradimenti", ma forse Vittorio sta gettando le fondamenta di un plot più complesso, che testa di volta in volta regalandoci le novità. Per quanto riguarda la trama, essa ricalca quella eterna del canovaccio amoroso che ha partorito le cose migliori e peggiori della letteratura: Elisabetta ama Vittorio, Elisabetta è stata sposata con l'imperatore, ma non l'ha mai amato, Elisabetta è amata dall'inquisitore, che non è ricambiato. Sulla bozza sentimentale del triangolo si innesta lo scenario fanta-temporale, e debbo dire che è innestato con notevole efficacia, anche se alcuni accenni a eventi particolarmente complessi come la rigenerazione vitale e l'esistenza dei droidi (sostituti carnali di esseri non presenti) lasciano lo spazio a interrogativi enormi (che però non potevano essere spiegati nella spazio del racconto). Una storia narrata in modo particolare, stimolante.”
Dopo questa lettura, l’inquisitore si alza in piedi e fissa l’immagine spoglia del muro, riflette. Da tempo ha tolto ogni riferimento sacro dalla sua stanza, solo l’inginocchiatoio è rimasto in un angolo. Pensa a Elisabetta, si concentra e la scorge, adesso soggiorna in quel pianeta con l’unico continente verde, pieno di laghetti e d’uomini in perenne festa. Divertimenti semplici ma reali: Elisabetta senza il suo aiuto di li non può uscire, e questo lo tranquillizza, poi ha chiesto lei d’esser lasciata in quel luogo per un po’ di tempo. E’ bene che se ne stia lì tranquilla e senza pensieri in mezzo ai gruppi di dervisci roteanti che ballano pregando al suono dei flauti ney. Lascia Elisabetta ai suoi riposi e cerca l’imperatore. Lo ritrova sulla sua isola nel pianeta ai limiti del tempo e degli universi. Qui ci sono delle novità, l’inquisitore subito se ne rende conto, un altro umano l’ha raggiunto ed il comunicatore è stato riattivato. Non sanno ancora tararlo, ma coi droidi a disposizione, presto per tentativi sarà efficiente. L’inquisitore sorride, era ora che l’imperatore tornasse ai suoi mondi, chissà che choc per loro! E Vittorio? Non riesce a rintracciarlo, si mette allora sull’inginocchiatoio e si concentra come quando era uso pregare, sembra assente dal suo mondo e vi sono tracce su un pianeta che un tempo era un immenso opificio, ma ora è abbandonato ed i rimasti stanno tentando di bonificarlo. Comunque qui di lui vi sono solo tracce. L’inquisitore ha sempre evitato i contatti con questo posto, vi sono strane entità, sembrano divinità ma non lo sono. Saranno forse il frutto della tecnologia più spinta? C’è una comunità che si definisce tecno-nucleo ove scienza e semidei si fondono, ma è una comunità instabile, le entità sono in perenne lotta tra loro, ma anche gli dei pagani erano così. Comunque le entità dell’opificio sembrano tranquille, ma ugualmente l’inquisitore evita ciò che non conosce. Gli umani dell’opificio hanno anch’essi riattivato un trasmettitore, il loro isolamento sta per finire. Ma perché questo pianeta era stato isolato? Perché i rimasti erano stati abbandonati? Nessun documento lo dice. Tracce di Vittorio anche su una lunghissima spiaggia sudamericana, ma la sua presenza fisica manca. E’ su Reich che vaga adesso la mente dell’inquisitore, non tanto sulla vita dello scienziato, quanto su le realizzazioni attuate dalle sue idee. L’inquisitore ha scoperto un intero universo che è collassato per una applicazione errata delle scoperte reichiane, esiste anche una minuziosa registrazione dell’evento, realizzata da alcuni ragazzini inavvicinabili. E c’è di più, i ragazzini non sono del tutto umani, metà dei loro geni provengono da una razza superevoluta, quella degli umanoidi dalla testa di cane, che gli antichi credevano dei. Ed i ragazzini sono in un universo paradosso, in una specie di collegio, ma non tutti, alcuni sono ospiti di strutture militari sulla vecchia Terra. Già, la vecchia Terra, quando lui Eymerich era un fedele servo di dio, quando c’era ancora un dio, mentre il sonno si sta impadronendo del suo corpo ricorda nei minimi particolari l’anno 1369 quando nella fortezza di Montiel in Castiglia, re Pietro il Crudele è assediato dal fratellastro Enrico di Trastamara, anch’esso pretendente al trono. Nella fortezza si verificano episodi spaventosi: apparizioni di mostruose facce che si disegnano sulla pietra, comparsa di laghi di sangue. Così Pietro il Crudele lo chiama in soccorso e lui comprende che attorno al castello s’affrontano non solo due sovrani, ma anche due forme di magia, la cabala ebraica e la negromanzia. L’inquisitore si destreggia trai due re in lotta, resiste all’ostilità d’un altro inquisitore, ed affronta una insidia allora a lui sconosciuta: l’amore di una donna che è forse un angelo o forse un demone. E’ qui che il volto di Elisabetta si sovrappone ai ricordi e l’inquisitore dolcemente scivola nel sonno mentre un leggero sorriso segna le sue labbra.
vittorio baccelli