RICORDANDO GIANCARLO CATTONI

a pochi giorni dalla sua morte

 

"Babbo è morto il Giancarlo", con queste parole mia figlia mi raggelò appena rientrato a casa.

Incredulità, uno scherzo, non è possibile: una girandola di pensieri affollò la mia mente, ma man mano che le notizie giungevano, sempre più particolareggiate, mi sono dovuto arrendere.

Giancarlo era morto, uno stupido incidente stradale, un autobus che arrivava, lui in motorino, un incrocio a cento metri dalla sua casa, un semaforo che forse non funzionava bene: l’impatto.

Un incidente stradale, come tanti, ma stavolta con un finale atroce: diciassette anni, certe morti sono pesanti come macigni.

Lui, amico dei miei figli era conosciuto a Trento ove abitava il padre, a Lucca ove aveva frequentato l’istituto artistico "Passaglia", in Mediavalle ove abitava con la madre; era a Trento adesso, suo padre gli aveva trovato un buon lavoro in una tipografia come grafico, un lavoro che a lui piaceva, ed aveva lasciato la scuola per questo.

Mi sembra impossibile non averlo più in giro per la casa, con mio figlio al computer, con la piastra in mano e gli storici album in vinile dei Nirvana, a cena con noi e talvolta restava anche a dormire.

Tra tutti gli amici di mio figlio era l’unico che leggeva con piacere i miei racconti, e gli piacevano, amava soprattutto un personaggio, "L’Imperatore", che era presente in tre o quattro racconti delle mie "Storie di fine millennio" e più volte mi ha chiesto: "Perché non fai qualche altro racconto con l’Imperatore?" gli rispondevo che per ora non avevo niente in mente, ma chissà?

Adesso so che ne scriverò ancora, grazie a Giancarlo, e saranno racconti dedicati a lui.

Chi l’ha conosciuto è rimasto, come sempre accade davanti al mistero semplice della morte, impotente e pietrificato: ma non è giusto morire così a soli diciassette anni.

Ti ricorderemo sempre, Giancarlo.

 

 

(vittorio baccelli)