- vittorio baccelli - i racconti -

- pubblicato per la prima volta su "mainframe" - hurruh è una realtà paradosso che tornerà ancora nei miei racconti -

vittorio baccelli

HURRUH

 

Cindy e Meg erano amiche da sempre, Cindy alta uno e ottanta, bionda e slanciata, col fisico tipico delle modelle un po’ anoressiche, Meg rossa, non molto alta, tornita ma assai piacente.

Una coppia che gli amici definivano assai appetitosa.

Si erano conosciute all’ultimo anno del liceo, poi erano passate all’università iscrivendosi alla stessa facoltà, seguendo gli stessi corsi, dando identici esami.

Facevano da anni coppia fissa ed i maschietti loro amici avevano ormai da tempo rinunciato a conquistarle, tanto non c’era niente da fare, per la verità si sapeva che questa coppia ogni tanto s’apriva, ma le amicizie erano sempre rigorosamente al femminile.

Terminata l’università avevano iniziato a lavorare assieme, preparavano sceneggiature teatrali per la TRI-TV, per olofilm, per programmi neurali, e così via, ed erano, non ancora famose, ma molto apprezzate.

Una mattina le troviamo insieme nel loro modulo di trasporto in direzione Milano, per un incontro di lavoro con un regista della rete sistim.

Una nebbia tremenda, quella mattina, una di quelle spesse nebbie come solo la pianura Padana può regalarci, non si vedeva a più di tre metri, dunque visibilità zero, ma il modulo seguiva la pista magnetica dell’autovia e precedeva senza scosse ad una trentina di chilometri l’ora.

Nell’abitacolo entrava dal cruscotto e dai finestrini una plumbea luce spettrale filtrata dalla spessa coltre di nebbia, bagliori verdastri si diffondevano dallo schermo attivato     sul cruscotto ove dei quadratini, verdi appunto, segnalavano i veicoli oggi in lento movimento sull’autovia in un set grigio perla luminescente mentre le corsie erano sottili linee azzurre.

Cindy e Meg che avevano inserito la guida computerizzata, parlavano tra loro del più e del meno, con quel chiacchiericcio tipico di chi vive da anni insieme, mentre il modulo arrancava lento in direzione Milano… il tempo scorreva senza fretta e la nebbia pian piano si fece un po’ meno fitta, poi diradò ed infine si cominciarono a scorgere i raggi del sole.

Quando il grigio manto scomparve del tutto, o quasi, Cindy esclamò all’improvviso nel bel mezzo della conversazione – Ma dove cazzo è finita l’autovia?– la strada si era, infatti, ridotta a due sole corsie, lo schermo non indicava alcun veicolo ed il panorama era collinare.

-         Ma qui le colline non ci dovrebbero essere!

-         Ci sarà stata una deviazione e noi non ce ne siamo accorte.

-         Collegati con la rete satellitare e guardiamo dove siamo finite.

Meg armeggiò coi comandi del computer di bordo, ma i dati non giunsero, sullo schermo si formò la scritta <NON IN RETE>

-         Cazzo! ci mancava anche questo, siamo scollegati!

Dal cruscotto Cindy estrasse il satellitare e digitò il codice di connessione.

Il display rimase acceso ma non si formarono le icone per l’entrata in rete.

-         Sembra che siamo proprio tagliate fuori da tutto.

-         Ma insomma, questa è una strada, le strade portano sempre da qualche parte, pro-

Seguiamo.

-         Una stazione di servizio, un paese, al limite un casolare, qualcosa troveremo.

-         Guarda là, c’è un cartello! MODULO FERMATI AL CARTELLO!

Era uno di quei cartelli azzurri che da tempo immemorabile sono collocati sulle strade all’inizio ed alla fine di ogni centro abitato.

HURRUH

-         Hurruh? ma che cazzo di posto è? Non l’ho mai sentito nominare, e poi dovremmo essere a pochi chilometri da Milano.

-         Guardiamo nella memoria del computer di bordo, poi gli chiediamo la cartina e finalmente arriveremo a Milano.

Meg digitò HURRUH e poi disse - LOCALITA’ E CARTINA PER MILANO –

< NOT IN FILE – NOT IN FILE > apparve lampeggiante sullo schermo.

-         E così siamo servite, vediamo che cazzo di paese è questo! – e Cindy riprese la guida manuale e proseguì lungo la strada.

Dopo una curva, un paio di villette, la strada era ora munita di marciapiedi su entrambi i lati e di fari per l’illuminazione.

Poi altre villette, case a due piani, infine una grande piazza circolare con edifici di due, tre piani e loggiati intorno, un parcheggio nel mezzo occupato da solo tre moduli.

Nessuno sotto gli archi, nessuno nella piazza, ma all’interno dei negozi, dalle vetrine, si scorgeva del movimento.

Il modulo fu parcheggiato accanto agli altri tre e le due amiche scesero.

Osservarono le targhe, due avevano la sigla HU seguita da tre numeri, l’altra invece aveva una targa con scritte in arabo.

-         Andiamo bene! – dissero all’unisono, mentre si stavano dirigendo verso un negozio che sulla vetrina aveva la scritta CAFFE’ DROGHE TE’.

-         Sarà sicuramente un bar – entrarono e si ritrovarono in un locale con un bancone,

tavolini e sedie nel centro, alle pareti giochi elettronici che lampeggiavano coi loro led multicolori.

Dietro al banco una biondina in minigonna e bianco grembiule civettuolo.

-         Desiderate?

-         Sapere dove siamo.

-         In un bar, a Hurruh.

-         Si, ma dove?

-         A Hurruh.

-         Abbiamo capito, ma dove si trova? vicino a Milano? in Italia? in Svizzera? all’inferno?

-         Non capisco, desiderate?

-         Neppure noi comprendiamo: intanto prepara due caffè, poi indicaci la toilette e dov’è il terminal.

-         La toilette è là, il terminal cos’è?

-         Un comunicatore, un satellitare, un telefono.

-         Ah quello! Eccolo! – e da sotto il bancone estrasse un telefono nero di quelli col disco rotondo che facendolo girare con l’indice si forma il numero voluto.

Cindy prese quel cazzo d’apparecchio telefonico che sembrava uscito da un’olofilm ambientato nel ventesimo secolo e compose il numero del regista col quale avevano appuntamento.

Dopo tutta una serie di ticchettii una voce metallica sentenziò < ATTENZIONE NUMERO NON ESATTO – RICOMPORRE ATTENTAMENTE IL NUMERO > e Cindy ricompose attentamente il numero, ma il risultato fu il medesimo.

Due caffè fumanti erano intanto posati sul bancone.

Li bevvero, si recarono a turno nel bagno, fecero per pagare – Quanto?

-         Quanto cosa?

-         I due caffè.

-         Quello che vi pare.

Le due amiche si guardarono perplesse l’un l’altra, poi Meg estrasse due monete metalliche da un credito, il prezzo normale di due caffè, e le posò sul bancone.

Risalirono sul modulo senza dire più una parola.

-         AVVIO – disse Cindy, ma il modulo rimase spento ed immobile.

Provò allora con l’accensione manuale, controllò i circuiti uno ad uno, ma tutto rimaneva spento come se l’energia del mezzo si fosse prosciugata.

- Ora sì che andiamo bene! – e scesero rimanendo ferme nel bel mezzo della piazza e guardandosi intorno – Là c’è scritto HOTEL.

-         Si, prendiamo una stanza e poi vediamo quel che succede.

Presero le due borse da viaggio e si diressero verso la scritta HOTEL, a fianco della quale c’era una porta a vetri girevole.

Entrarono nella hall.

Una stanza bianca quadrata con scale in fondo, una reception sulla destra, piante verdi ai lati, due grandi divani dall’aria accogliente, quadri con nature morte alle pareti, un ambiente tutto sommato, molto rilassante.

S’avvicinarono al bancone ed apparve un giovane in giacca e cravatta, sorridente.

-         Buongiorno!

-         Buongiorno a lei, vorremo una camera.

-         Due camere singole?

-         No, una matrimoniale se è disponibile.

-         E’ libera la tre, primo piano. Quanto vi fermate?

-         Il meno possibile, un giorno, forse di più, ma dove siamo?

-         A Hurruh.

-         Si, ma in quale regione? quanto dista Milano?

-         Non capisco.

-         Neanche noi se è per questo, comunque il modulo di trasporto s’è fermato, è possibile far chiamare un meccanico?

-         Sicuro, provvediamo a tutto noi.

-         Un’altra cosa, dov’è un bancomat?

-         Un bancomat?

-         Si, quella macchinetta che ci si infila la tessera magnetica, lei con lo scanner ti scruta la retina e se sei proprio te, sputa i soldi.

-         Ah, quella! ce n’è una proprio in piazza, qui accanto, ma la stavano risistemando, sicuramente tra qualche ora sarà pronta.

-         Un’altra cosa, abbiamo scatole e valige nel modulo che è rimasto aperto, possiamo portare tutto in camera?

-         Ci mancherebbe altro! ci pensiamo noi.

-         Vorremo anche qualcosa da mangiare in camera.

-         Sarà subito fatto, buon soggiorno – e così dicendo allungò una chiave d’ottone

appesa ad una cordicella con attaccato un pomello rotondo di plastica verde con sopra scritto in nero il numero tre.

Cindy e Meg si recarono nella camera tre, che si trovava subito dopo la rampa delle scale, la chiave girò nella serratura: la stanza era accogliente, con un grande armadio ed una finestra che si apriva proprio sulla piazza.

Una porta dava nel bagno e li una doccia ed una grande vasca.

Posarono in terra le due borse e – Guarda c’è la TRI-TV.

-         No, è un televisore.

-         Meglio quello che nulla.

Disse Cindy e l’accese, lo schermo s’illuminò, divenne azzurro ed apparve una scritta <CI SCUSIAMO PER LA MOMENTANEA INTERRUZIONE – I PROGRAMMI RIPRENDERANNO APPENA POSSIBILE >

-         Ti pareva! Qui non funziona un cazzo, ma dove siamo capitate?

-         A Hurruh, no?

E risero tutte e due di gusto.

-         Facciamo conto d’essere in vacanza, prendiamola come viene e facciamoci un bel

bagno caldo.

Così detto, si spogliarono e s’infilarono nella vasca aprendo i rubinetti ed usando un bagno schiuma al sandalo che avevano nella borsa.

-         Però ci si sta veramente bene in questa gran vasca.

Mentre scherzavano nell’acqua, s’aprì la porta d’ingresso ed una cameriera entrò con un vassoio con cornetti, due bricchi colmi di caffè e latte, due tazze, cucchiaini ed una zuccheriera.

-         Poso tutto sul tavolinetto?

Cindy e Meg si guardarono, poi osservarono la cameriera che era entrata nel bagno e le stava fissando sorridendo.

E Meg – Posa tutto sul tavolino, grazie.

La cameriera apparecchiò per la colazione sul tavolinetto, rientrò nel bagno, si sedette sul bordo della vasca, mise una mano nell’acqua tiepida e le fissava continuando a sorridere.

Meg allora – Che c’è, mica vuoi fare il bagno con noi ?

-         Ne sarei felice, grazie – e cominciò a spogliarsi, restò nuda, era giovane e bella, poi s’infilò nella vasca – Visto, c’è posto per tutte e tre.

A quel punto Cindy e Meg si ripresero dallo stupore e cominciarono a ricoprirla di schiuma con una spugna, poi ad accarezzarle i seni, il culetto ed a penetrarla delicatamente con le loro dita insaponate, ed anche lei iniziò ad accarezzarle.

Dopo aver a lungo giocato nella vasca, si asciugarono e si misero sul letto leccandosi vicendevolmente ed accarezzandosi, finché non furono sazie.

Dopo aver fatto l’amore si versarono il caffè, il latte, mangiarono i cornetti, e Meg: 

-         Come ti chiami?

-         Sandra.

-         Senti Sandra, a me i cornetti piacciono alla marmellata, ce ne sono?

-         Oggi quelli sono finiti, per cena ve li procuro, ma ora devo proprio andare – e

cominciò a rivestirsi, poi uscì.

-         Senti Meg, qui è tutto scoppiato, ma penso che ci divertiremo, prendiamola come una vacanza e come fonte d’idee per il nostro lavoro.

Cindy riprovò col televisore e questa volta funzionava anche se si prendeva un solo canale.

-         Guarda, è l'ultimo film di Stevens.

-         Si, ma l’abbiamo anche noi in memoria solida.

Un orologio sul comodino segnava le 18 – Non è possibile, disse Meg osservandolo,

al mio sono le 14.

-         Anche al mio.

-         Mi sa che qui il tempo scorre più veloce.

-         E perché i nostri orologi si comportano diversamente?

-         ………………….

-         Usciamo a fare un giro in paese?

-         Va bene, prepariamoci a trovare una stranezza dietro l’altra.

E così fu, i negozi erano tutti chiusi, a parte il bar ove si erano fermate quando erano arrivate.

Il paese era costituito solo dalla piazza e dalla strada da cui erano arrivate, che proseguiva dalla parte opposta e che anch’essa si dirigeva verso verdi colline.

Fermarono un passante – Come mai i negozi sono tutti chiusi?

-         Perché è tardi, oggi hanno la chiusura alle 19 ed ora sono le 19 e 30.

Infatti la luce del sole era calata, ma i loro orologi segnavano entrambi le 16.

-         Te l’ho detto, qui il tempo va più veloce.

-         Ma i nostri orologi no.

-         Ma gli orari dei negozi non erano stati liberalizzati in tutta Europa?

-         ……………………

Rientrarono all’hotel e si sedettero ad un tavolo della sala da pranzo che s’apriva a destra della scala.

-         Non mi sembrava che ci fosse la sala da pranzo al piano terra.

-         Non ci avremo fatto caso.

Un cameriere le salutò e preparò il tavolo a cui si erano sedute, poi portò una caraffa di latte, una di caffè ed una di tè, dopo alcuni minuti giunse con un vassoio di cornetti caldi e fumanti, esclamando – Sono alla marmellata!

-         Ottimo, ma un vero pranzo, qui è possibile farlo?

-         Si, domani.

-         …………

E se ne andò facendo un lieve inchino, sempre sorridendo.

Mangiarono un paio di cornetti a testa, poi riprovarono a telefonare a Milano, inutilmente.

Prima di rientrare in camera chiesero al cameriere se ci fossero i vigili urbani e lui rispose che avevano l’ufficio proprio in piazza.

Strano, avevano girato proprio tutto il piazzale, ma non l’avevano visto.

Rientrate in camera accesero il televisore: stavano nuovamente trasmettendo il film di prima, cambiarono canale, ed un secondo era in funzione, programmava uno spettacolo hard con due ragazze nude sul letto.

-         Guarda sembra il demo che abbiamo girato in casa l’anno scorso.

-         Si, ma le protagoniste non siamo noi.

-         Però ci somigliano, guarda la bionda, ha due tette proprio come le tue.

-         E’ vero! Per quello mi piaceva tanto!

Dopo un po’ lasciarono accesa la TV e si misero sul letto.

-         Cindy, m’è venuta un’idea.

-         Cosa?

-         Aspetta e vedrai – alzò la cornetta del telefono ed attese.

-         Servizio.

-         E’ la camera tre, potete mandarci una bottiglia di champagne ed una cameriera alta uno e settantacinque, con un bel paio di tette, capelli lisci lunghi e neri e possibilmente mulatta?

-         Si, tra mezz’ora va bene?

-         Perfetto, aspettiamo, grazie.

-         Metteranno tutto sul conto?

-         Chi se ne frega!

E si rotolarono nel letto ridendo.

Nell’attesa si sintonizzarono su un terzo canale che aveva preso a trasmettere, era un documentario-inchiesta su un misterioso personaggio televisivo che si faceva chiamare “il bel tenebroso” perché quando si presentava non si riusciva mai a cogliere per intero i lineamenti del volto e talvolta anche il suo corpo; vi erano sempre attorno a lui delle sottili tenebre, forse ologrammi, che lo facevano solo intravedere.

Era dal pubblico considerato bellissimo ed un’aura di magia lo circondava sempre nelle sue rare apparizioni pubbliche.

Scriveva racconti, poesie e faceva lavori grafici ed olografici apprezzatissimi.

Nessuno sapeva chi realmente fosse, ove vivesse, ma tutti lo conoscevano col nome che qualcuno gli aveva dato e che lui non aveva rigettato: “il bel tenebroso”.

La TV trasmise una lunga carrellata delle sue opere e mentre una sorridente presentatrice più nuda che vestita era nel bel mezzo dell’intervista col bel tenebroso, la porta d’ingresso s’aprì ed entrò una splendida mulatta con lunghi capelli neri, portando un vassoio sul quale c’era una bottiglia di Moet Chandon in fresco nel suo secchiello argentato e due calici rovesciati.

Cindy le fece cenno di posare tutto sul tavolinetto, poi prese un bicchiere nel bagno e le disse – Resta con noi – aprì la bottiglia e riempì i tre bicchieri – Alla salute! –

Tutte e tre bevvero e Meg – Spogliamoci.

Rimasero nude, si accarezzarono, si baciarono, si trasferirono sul letto leccandosi e penetrandosi vicendevolmente.

Al mattino inoltrato Meg e Cindy si risvegliarono, la cameriera non c’era più e la stanza era stata rimessa tutta in ordine.

-         Una doccia e poi scendiamo a far colazione.

Ma era quasi l’una quando scesero per la colazione e nella sala da pranzo era già apparecchiato il loro tavolo; due signore che avevano appena terminato il pranzo uscendo le salutarono con un cenno del capo.

Si sedettero e dopo pochi istanti, Sandra, la cameriera, le raggiunse – Ciao, ben alzate!

-         Senti Sandra, volevamo far colazione, ma mi sa che siamo in ritardo, qui il giorno sembra essere meno di venti ore e non ventiquattro, come dovrebbe.

-         Di ventiquattro? ma certo! Anche se siete in ritardo per la colazione ve la faccio servire, ma oggi a pranzo abbiamo antipasto di mare, riso allo scoglio, salmone al vapore e orata arrosto, poi vini e contorni adeguati e frutta, dolce e gelato.

-         Favoloso! Andiamo matte per il pesce, niente colazione, servici il pranzo. Una domanda, la cameriera mulatta che ha passato la notte con noi, come si chiama?

-         Naona. E’ brava vero? Sa proprio fare un sacco di cose.

Ed il pranzo fu perfetto, tutti cibi squisiti accompagnati da vinelli bianchi veramente intonati.

Sazie, dopo pranzo uscirono per fare un giro.

Si fermarono prima al bancomat, ed incredibile, era in funzione, Meg chiese il saldo del loro conto dopo aver messo gli occhi in direzione dello scanner retinale, sullo schermo apparve la cifra < 90 milioni di crediti >  entrambe strabuzzarono gli occhi, poi, dopo un UAUUUU!!! – Qui siamo ricchissime!

-         Senti Meg, a me ora va bene tutto, io non voglio svegliarmi.

Proseguirono saltellando di gioia e notarono poco più avanti un modulo della polizia municipale lì parcheggiato con le sue inconfondibili bande azzurre sulla carrozzeria, davanti al modulo una porta a vetri con su scritto  HURRUH – POLIZIA MUNICIPALE.

Entrarono in un piccolo ufficio con scrivania e computer al quale stava seduto un normale vigile urbano con una sigaretta accesa tra le labbra e con addosso la divisa consueta..

-         Buongiorno, posso esservi utile?

Le due ragazze si sedettero e con dovizia di particolari raccontarono tutta la loro storia, omettendo solo la fermata al bancomat.

Il vigile le ascoltò con attenzione, prendendo appunti con un lapis, poi disse loro

- Non preoccupatevi, è caduto un ponte dell’autovia e c’è stata una deviazione, anche le comunicazioni che sono tutte su cavi ottici si sono interrotte per la rottura del cavo coassiale, tra un giorno o due tutto sarà ripristinato, intanto fate conto d’essere in vacanza e divertitevi. Se avete bisogno di qualcosa rivolgetevi pure qui da noi o all’albergo.

Ringraziarono e lo salutarono, ma prima di andarsene Cindy chiese – Cercavamo un campo da tennis e un maneggio, ce ne sono qui vicino?

- Naturalmente, sono a circa un chilometro sulla strada che va verso sud, quella opposta a dove voi siete arrivate, ma oggi è giorno di chiusura, domani li trovate aperti.

-         Si, però il nostro modulo non funziona, va beh! ci andremo a piedi.

- Stamani presto ho visto il meccanico che stava lavorando al vostro modulo, penso sia stato riparato, se no dite all’hotel che vi cercheranno un taxi, o vi noleggeranno un mezzo.

-         Grazie di tutto, veramente.

Uscirono, poco più avanti c’era una libreria, entrarono e trovarono tutta una serie di libri in italiano ed anche in francese sugli scaffali.

-         Questa libreria sembra che abbia i nostri stessi gusti.

-         Peccato che sono tutti titoli che già abbiamo.

-         Però guarda che bella questa edizione in francese del “Neuromante” di Gibson, si acquistiamola.

 S’avvicinarono al bancone ove una diciottenne distratta stava dandosi lo smalto alle unghie – Quanto viene questo?

-         Una sciocchezza, lo farò mettere sul vostro conto.

-         Sul nostro conto?

-         Si, pagherete poi all’albergo – e continuò a laccarsi le unghie ignorandole completamente.

Ancora una volta perplesse uscirono e si recarono al modulo per vendere se era stato veramente riparato.

Salirono e tutto funzionava, tutto tranne i collegamenti in rete.

-         Prendiamo la strada sud e guardiamo fin dove arriviamo.

Dopo qualche villetta la via si snodava tra verdi colline con curve dolci e saliscendi, ad un certo punto videro un incrocio con una strada sterrata chiusa sui due lati da due sbarre uguali a quelle dei vecchi caselli ferroviari, sulle quali vi erano affissi due cartelli di legno, su quello di destra c’era scritto CAMPI DA TENNIS e su quello di sinistra MANEGGIO e sotto entrambi scritto in piccolo “oggi chiuso per turno di riposo”.

Proseguirono per più di due ore in un panorama sempre uguale, senza incontrare nessun’altra deviazione, finché – Guarda là, c’è un cartello! - ed il cartello azzurro diceva HURRUH

Erano rientrate dalla strada nord.

-         Va bene così – disse Meg.

-         Si, va bene così, rispose Cindy, ma stasera chiederò a qualcuno dov’è la piscina e

dove fanno i concerti rock.

-         Io spero solo di non svegliarmi, la situazione qui è sempre più intrigante.

Dopo aver parcheggiato Meg chiese al computer di bordo – CARTINA DI HURRUH E DINTORNI – e sul monitor apparve la piantina della cittadina con la sua piazza rotonda e la strada che a nord partiva per fare un lungo giro serpentino attorno al centro abitato per poi risbucare nella piazza al lato sud. Solo un piccolo incrocio, quello del maneggio e dei campi da tennis.

Niente altro, nessun’altra cartina era disponibile nelle memorie del modulo.

Tornarono nella loro camera d’albergo ed accesero la TV, oggi funzionavano ben sette canali e su ognuno vi era una trasmissione diversa, un canale stava nuovamente mandando in onda l’intervista al bel tenebroso, un altro trasmetteva un vecchio film che a loro piaceva da impazzire “Pomodori verdi fritti alla fermata del treno” e su questo canale si fermarono.

Sfogliarono alcune riviste che avevano nelle borse da viaggio e dopo aver fatto una doccia scesero nella hall distendendosi su un comodo divano.

-         Ora abbiamo anche la musica in sottofondo.

-         La sento, però oggi il tempo sembra essersi rifasato.

-         E’ vero, sono le diciotto e tutto sembra normale.

Naona s’avvicinò a loro – Tutto bene ragazze?

- Si, siamo state un po’ in giro, abbiamo acquistato un libro, abbiamo scoperto d’essere ricche, abbiamo conosciuto un simpatico vigile urbano, ci hanno riparato il modulo, abbiamo visto dove sono il maneggio ed i campi da tennis, a proposito, domattina andremo a cavallo, vuoi venire con noi?

-         Volentieri, ma avete gli abiti adatti?

-         No, ma abbiamo delle tute.

-         Vi porterò domattina in camera tutto l’occorrente, così vi sveglierò anche presto. Beh, ciao, ci vediamo alle sette, vi cambiate, facciamo una colazione veloce, e poi via, al maneggio.

-         Sei molto gentile, ciao, a domani.

Arrivò Sandra, chiacchierarono un po’ insieme, le chiesero dov’era la piscina e seppero che si trovava dopo i campi da tennis, chiesero quando c’era il prossimo concerto rock e Sandra disse che era previsto tra due giorni, proprio nella piazza e che sarebbe stato uno spettacolo da non perdere.

Arrivò poi l’ora di cena con ravioli, vitella al forno, patate arrosto, vini, dolce, frutta e gelato.

Alla fine della cena – Io dico di esagerare, perché non chiediamo una cameriera orientale per passare la notte?

-         Si, non siamo mai state a letto con una orientale.

Fecero un cenno a Sandra, che subito arrivò al loro tavolo.

- Senti, ancora champagne in camera stanotte e puoi farla portare da una cameriera orientale?

-         Un’orientale?

-         Si, una cameriera o cinese o giapponese, ma che sia bella e con gli occhi a mandorla, mi raccomando.

-         Capisco, va bene verso le dieci?

-         Perfetto, un’ultima cosa, puoi dirle di venire da noi nuda?

-         Naturalmente, nessun problema.

Cindy disse a Sandra d’avvicinarsi, le mise una mano sotto la gonna ed iniziò ad accarezzarle le gambe, poi spinse le dita più su, scostando le mutandine ed infilandole delicatamente nella sua fessura umida e – Sandra sei un tesoro, se vuoi puoi venire anche te.

-         Grazie, ma io verrò un po’ più tardi.

Ed alle dieci in punto la porta della camera s’aprì ed entrò una bellissima orientale nuda e profumata che spingeva un carrello con due bottiglie di champagne nei secchielli con ghiaccio e cinque coppe rovesciate – E’ permesso?

- Certo che è permesso – e le si fecero intorno, accarezzandola ovunque, poi bevvero sdraiate sul tappeto, ed infine si trasferirono sul letto.

-         Come ti chiami?

-         Roana.

-         Tra poco verrà anche Sandra.

-         Si, me l’ha detto e ci porterà una sorpresa.

-         Noi adoriamo le sorprese.

-         Ed a mezzanotte in punto mentre Cindy succhiava il pelo pubico di Roana e Roana quello di Meg e Meg quello di Cindy, si aprì la porta ed entrò Sandra anche lei completamente nuda con una TRI-TV in mano e dietro a lei una rossa mozzafiato alta quasi due metri, con tacchi a spillo, jeans aderentissimi ed una camicia rosa di seta trasparente che faceva ammirare due seni prorompenti, sicuramente della quinta, dritti che più di così non si può, con due grandi capezzoli dipinti d’azzurro rivolti all’insù ed in piena erezione.

-         Questo lo leviamo – disse Sandra posando sul tappeto la TRI-TV e spostando il televisore fuori della porta.

La TRI-TV  si accese ed una musica dolce ed orientale si diffuse, lentamente comparvero le figure olografiche dei suonatori che si davano da fare attorno ai loro strumenti e con le loro voci.

-         Ed adesso la vera sorpresa.

L’antica musica di “Nove settimane e mezzo” si diffuse nell’aria e la rossa iniziò a spogliarsi seguendo il ritmo come fosse la miglior professionista.

E quando arrivò allo slip, la sorpresa, sfoderò un cazzo perfetto, cominciò ad accarezzarlo a tempo di musica ed ottenne un’erezione incredibile.

Mentre ora la musica era rock mixato con Wagner, la rossa una alla volta penetrò le quattro ragazze nude sul letto, mentre queste si accarezzavano tra loro. Dopo un’ora di giochi Meg, Cindy, Sandra e Roana erano venute più volte. Ad un tratto la rossa esclamò – Sto per venire – e Cindy si alzò dal letto,  prese in bocca il membro della rossa e lo succhiò finché la sua cavità orale si riempì dello sperma che fu bevuto voluttuosamente.

Al mattino Cindy e Meg si ritrovarono sole nel letto svegliate da Naona che aveva portato i vestiti per l’equitazione, il giorno lo passarono poi in piscina e la sera decisero di rimanere sole e cenarono in camera.

Dopo cena il comunicatore satellitare di Cindy iniziò a trillare, era la prima volta da quand’erano arrivate.

- Pronto, sono il vigile urbano col quale avete parlato ieri, sono riuscito a contattare il vostro regista, vedete, pian piano anche le comunicazioni stanno riprendendo: dopodomani sarà qui da noi, sapete, la nostra amministrazione comunale gli ha commissionato una nuova rete sistim e l’ha ingaggiato, così se volete potrete lavorare qui con lui.

Cindy ringraziò, poi le due ragazze si guardarono con aria interrogativa e Meg – Va bene così, no?

Intanto il paese era tappezzato di manifesti che annunciavano il concerto rock e la mattina successiva, quella del concerto, i moduli parcheggiati nella piazza erano stati spostati lungo la strada nord, in piazza erano montate file di poltroncine rosse imbottite e su un lato era stato innalzato un enorme palco come quelli usati nei grandi concerti rock degli anni settanta.

Quella sera pian piano la piazza cominciò a riempirsi e Meg e Cindy si sedettero proprio in prima fila davanti al palco, con loro c’erano Sandra, Roana, Naona, la rossa bisex della quale avevano saputo il nome: si chiamava Andrea. C’era anche il vigile urbano che per l’occasione sfoggiava  jeans e maglietta dei Doors.

-         Ma quello la in fondo a sinistra, non è….

-         Si è proprio lui, e si vede e non si vede.

-         E’ il bel tenebroso! E guarda che meravigliosa donna le siede accanto, è bellissima.

-         E’ vero, sembra una dea.

Intanto tra il pubblico giravano molte canne, ed anche a loro arrivarono, poi le luci si spensero ed iniziò uno spettacolo pirotecnico di luci laser multicolori, infine il palco s’illuminò ed Elvis con la sua chitarra intonò l’aria più famosa del suo repertorio, seguendo la musica con quel movimento dell’anca che tutto il mondo aveva conosciuto.

Meg e Cindy restarono a bocca aperta, senza più dire una parola, mentre dietro il palco Fred Mercury coi suoi Queen, Bill Haley coi Comet, Jim Morrison coi Doors ed i Pynk Floyd con Sidney Barrett si stavano preparando.

Sandra sussurrò allora a Meg – Siamo bravi ad imparare, vero?