BARTOLOMEO DI MONACO. Sue opere pubblicate: "Lucca racconta"; "Mattia e Eleonora e altre storie"; "I casi del commissario Luciano Renzi: La rabbia degli uomini"; "La culla della luna"; "Cencio Ognissanti e la rivoluzione impossibile". E-mail:
bartolomeo.dimonaco@tin.it Sito web: http://space.tin.it/clubnet/badimona
ALTRE STORIE DEL PICCOLO ORO
IL VECCHIO
Oro tornava al suo rifugio sui monti.
Percorreva in piena notte un sentiero aspro, reso più buio dagli alberi
carichi di foglie e dalla vegetazione in quel tratto assai folta, quando vide in
lontananza venirgli incontro una piccola luce, una lanterna. Evidentemente,
qualcuno si trovava sul sentiero a quell'ora così poco adatta ai viaggi e
percorreva in senso contrario la sua stessa strada.
Infatti, si trattava di un vecchio, avvolto in un gran mantello nero che
lo ricopriva fin sotto gli occhi; teneva in mano una lanterna e con quella si
faceva luce lungo il sentiero.
Brontolava a voce alta, si lamentava della vita.
Ricordava l'età della giovinezza, quando nessun pensiero triste gli
attraversava la mente, e benediceva le epoche passate, allorché la vita era
breve e di schianto sopraggiungeva la morte; l'uomo ne era colto impreparato, il
pensiero lontano da lei.
"Che tu venga, maledetta signora!" imprecava.
Oro si fece in disparte per non essere visto. Cercò rifugio dietro una
siepe, sforzandosi di non far rumore.
Invece l'uomo udì il fruscio dell'erba e, con sorpresa del bimbo, lo
chiamò.
Un po' bruscamente lo tirò per un braccio.
"Vieni, vieni con me. C'è una locanda qui vicino. Vedrai,
staremo bene."
Fecero poca strada, infatti, e giunsero alla locanda.
L'uomo spalancò la porta, e come se fosse stato giorno
gridò:
"Salute a tutti, gente!"
Invece non c'era nessuno, nemmeno l'oste che si presentò di lì a poco
mezzo nudo e assonnato.
I due si sedettero e lasciarono che l'oste li servisse.
Il vecchio cominciò a parlare.
Ricordava la gaiezza della gioventù, l'assoluta mancanza a quell'età di
ogni seria preoccupazione che turbasse l'esistenza. Amici, divertimenti,
superbia, risolutezza erano stati per anni il nutrimento della sua
anima.
Si era sposato, aveva avuto dei figli, era stato molto felice e ogni nuovo
giorno che nasceva aveva rappresentato per lui una benedizione del cielo. Si era
raccomandato a Dio perché la sua vita fosse la più lunga
possibile.
Ma ecco che all'improvviso una giornata nera si affacciò del tutto
inaspettata nella sua esistenza; i figli erano già grandi, sposati e
lontani.
Quel giorno sentì un'angoscia profonda occupargli la mente, e la
malinconia rendergli indesiderata ogni cosa che vedeva o faceva. Il pensiero ad
un tratto gli squarciò il velo dell'avvenire e l'uomo si trovò davanti, senza
averci mai pensato prima, i giorni futuri della sua vita. Li vide vuoti, senza
ideali, mete da raggiungere, battaglie da fare, impegni da realizzare. Sentì la
fatica di vivere, il peso delle ore, dei minuti.
Da quando poi sua moglie era morta, intorno a lui era piombata la
terribile solitudine, l'invisibile e silenzioso veleno mortale. Che fatica
era diventato vivere!
Lo sconosciuto, infine, tacque.
Trascorsero la notte alla locanda e il mattino dopo Oro volle condurre il
vecchio nel bosco.
"Ti farò vedere cose meravigliose" gli disse.
Non fecero che poche decine di metri, e apparve davanti a loro un grazioso
villaggio, ricco di fontane zampillanti, e di casupole dall'architettura
fantasiosa, colorate.
"Non c'è mai stato questo villaggio!" esclamò il
vecchio.
Entrarono e subito qualcuno si fece loro incontro.
"Restate con noi" disse.
Per le strade c'era altra gente, allegra, di ogni età: ragazzi, bambini,
vecchi; ognuno aveva qualcosa da fare, da sbrigare.
"Restate con noi" ripeté qualcuno.
E Oro suggerì al vecchio di restare. Sarebbe rimasto anche lui a fargli
compagnia.
E così quella notte, chiusi nella loro stanza, felici, si addormentarono
molto presto. Il pensiero a poco a poco li abbandonò e nel sogno che presto li
pervase, videro intorno a loro minuscoli spiritelli dalle forme e dai colori
bizzarri.
"Fatevi più in là" disse uno di essi ai compagni "Non
vedete che li soffochiamo?"
"Attenti a non svegliarli" raccomandò un
altro.
Allora si disposero chi seduto per terra, chi lassù in alto sul soffitto,
chi sulla sponda del letto, chi seduto sul comodino.
Scoprirono così i nostri amici, ma soprattutto il vecchio, che al di là
dei nostri sensi, appena fuori della barriera dei nostri occhi e dell'udito,
tutta un'altra vita scorre, diversa dalla nostra, con altre regole e sentimenti.
L'abitano quegli spiritelli dalle dimensioni impercettibili, fatti come d'aria,
colmi di un'esuberante voglia di vivere.
Passano le giornate ricercandosi l'un l'altro negli spazi dell'universo,
formando gruppi che si rincorrono, giocano, si ritrovano insieme, si narrano
storie, esperienze, avvenimenti che li hanno colpiti, anche della vita
dell'uomo, e sempre straripa intorno a loro interesse, alacrità, curiosità,
desiderio di vivere.
E questo loro grande amore per la vita possono trasmetterlo all'uomo, se
egli lo desidera!
Possiedono inoltre un'altra qualità che supera ogni immaginazione:
racchiudono dentro la loro mente tutto il passato del mondo e, ancora di più,
di ciascun uomo sulla Terra, morto o vivente, trattengono nel pensiero la
vita!
Basta entrare in rapporto con questi esseri meravigliosi, godere
certamente la loro confidenza, perché, attraverso la forza del pensiero, essi
rievochino in immagini che paiono vere, i fatti della nostra esistenza
desiderati.
Quando Oro si svegliò di primo mattino, gli sembrò che il mondo e la
vita fossero davvero meravigliosi; anche il vecchio, gli occhi rivolti al bimbo,
sentì l'anima ricolma di desiderio, di voglia di vivere.
Scesero nella piazza.
Si unirono a loro altri uomini; il sole era già caldo, invitante, e
insieme andarono per le stradine del villaggio. Tutti erano felici. Pareva che
il tempo si fosse arrestato, e quegli uomini fossero penetrati dentro
l'eternità.
Il vecchio conversava con loro. Sembrava contento di trovarsi lì, e
quando Oro s'avvide che non badava più a lui, piano piano, in punta di piedi,
si allontanò.