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L’ISOLA DELL’ALBERGO IMPERIALE

 

 

 

 

Ci siamo lasciati incantare all’agenzia di viaggio, ma d'altronde il posto era meraviglioso ed i costi alquanto contenuti. Ed anche l’arrivo all’isola con l’idrovolante, un mezzo antico divenuto ormai esclusivo, ci ha conquistato. Quest’anno dunque una vacanza da sogno, ci siamo detti, in un’isola spersa nell’oceano con un albergo dai mille comfort: un Albergo Imperiale appunto.

L’idrovolante, d’un bianco impeccabile con rifiniture in oro ci ha puntualmente accolti all’imbarco stabilito e dopo un lungo, ma perfetto volo è planato in mare, proprio davanti ad una meravigliosa isola.

Un’isola tropicale? No, un’isola ricca d’acque e con condizioni meteorologiche di tipo mediterraneo dovute ad anomalie climatiche. Scesi dall’idrovolante su una piattaforma galleggiante, anch’essa bianca ed oro, siamo stati ospitati su una grande lancia pilotata da un marinaio di colore in livrea. Man mano che ci avvicinavamo alla costa, con sempre maggiori dettagli si scorgeva l’isola avvolta nel verde, anzi in tutte le sfumature del verde, con alti cipressi che s’innalzavano fin quasi dalla riva.

Dal dominante verde emergevano alcune rocce d’un marrone rossastro appoggiate alle quali s’intravedevano antiche e possenti mura. La barca intanto silenziosamente girava attorno a larghi scogli fino ad arrivare ad una spiaggetta, invisibile fin quasi al punto d’arrivo, con rena di gran calibro d’un quarzo scintillante leggermente rosato ai raggi del sole. Il marinaio ci ha aiutato a scendere ed ha scaricato i nostri bagagli sulla spiaggia, poi ci ha indicato una costruzione a due piani seminvisibile poiché quasi totalmente avvolta dalla vegetazione.

-         Quello è il residence, attendete lì che verranno a prendervi dall’albergo per portarvi alla reception.

Abbiamo ringraziato il marinaio, gli abbiamo dato una buona mancia, lui è ripartito con la silenziosa lancia augurandoci un felice soggiorno, ha girato sulla destra dell’isola ed è scomparso ai nostri occhi. Dopo un po’ che aspettavamo seduti sulla sabbia, visto che nessuno veniva ad accoglierci, ci siamo diretti al residence lasciando i bagagli sulla spiaggia.

Il residence ci ha lasciato un po’ interdetti, così ricoperto dai verdi rampicanti, da sembrare abbandonato, siamo comunque entrati ed abbiamo trovato un bancone a qualche metro dalla porta, con sopra un registro con copertina bianca e oro, un telefono nero, di quelli con la tastiera a disco ed un campanello come quelli che si vedono nei vecchi film, che se ci batti sopra, suonano.

Abbiamo suonato più volte, infine da una porticina è uscita una giovane molto bella, vestita solo con una t-shirt molto lunga che le arrivava fino a metà coscia, ci ha guardato a lungo in silenzio con occhi assenti, poi si è diretta verso l’uscita. Sono rimasto ad osservarla, con la sua maglietta, leggermente gialla, un tempo forse era bianca e con su le spalle la scritta in color seppia, forse un tempo era in nero “so resistere a tutto tranne che alle tentazioni”.

Perplessi ci siamo guardati in faccia ed abbiamo nuovamente battuto il pugno sul campanello. Infine è giunta una donna di mezz’età.

-         Desiderano?

-         Siamo i signori Patrito, Frederik e Mollie. Abbiamo una prenotazione per l’Albergo Imperiale, l’idrovolante ci ha lasciato sulla spiaggia e ci hanno detto di presentarci qui al residence.

-         Ah sì, capisco!l’Albergo Imperiale, accomodatevi pure qui, verranno a prendervi quanto prima. A proposito, io sono la signora Wroth.

-         Piacere! Ma non sapevate del nostro arrivo? L’agenzia non v’ha avvertito?

-         Sì, sì, avvertono sempre, ma sapete, l’Albergo non funziona più come una volta.

-         Come sarebbe a dire? Cinque stelle ci hanno garantito.

-         E cinque stelle saranno. Accomodatevi pure, al piano di sopra ci sono alcune camere libere, prendete pure quella che volete.

-         Ed i bagagli?

-         Portateli in camera.

-         Noi?

-         Fatevi aiutare da Annalise, è proprio lì fuori.

E detto questo la signora Wroth sparì uscendo in fretta da una porta laterale.

-         Frederik che facciamo?

-         Chiamiamo Annalise, portiamo il bagaglio in camera ed aspettiamo che vengano a prenderci dall’Albergo.

-         Credi che sia l’unica cosa da fare?

-         Hai qualche idea migliore?

-         …………………………….

-         Certo è strano un comportamento del genere per un albergo a cinque stelle, faremo le nostre rimostranze. Lasciarci qui per delle ore, quanto sarà mai grande quest’isoletta?

Siamo usciti fuori e tornati alla spiaggia abbiamo visto Annalise accucciata accanto ai nostri bagagli che con le mani scavava una piccola buca nella sabbia guardando fisso il mare.

-         Annalise, signorina Annalise!

Ma lei non dette cenno d’aver capito, allora io e mia moglie prendemmo alcuni dei bagagli e ci dirigemmo verso il residence, quando eravamo circa a metà strada, mi girai e vidi che Annalise ci stava seguendo con il resto dei bagagli.

-         Grazie Annalise!

-         …………………

Salimmo le scale, la prima camera che trovammo era tutta disfatta, piena d’oggetti e di vecchie valige polverose, la seconda era chiaramente occupata, la terza invece era libera. Ci accomodammo, posammo i bagagli e cominciammo a sistemare un po’ le cose, il minimo indispensabile per essere pronti alla partenza per l’Albergo Imperiale. Annalise intanto s’era seduta su una poltrona e se ne stava immobile con lo sguardo perso nel vuoto. Il bagno non era un granché pulito e Mollie cominciò a rimetterlo in ordine.

-         Mollie, ma che fai? Da un momento all’altro verranno a prenderci e tu ti metti a fare le pulizie?

-         Il bagno ho bisogno d’usarlo. E se non è pulito a me fa schifo, qui ci sono strofinacci, acido e varechina, perciò lasciami fare.

-         Sei venuta in vacanza per fare le pulizie?

-         Falla finita!

-         OK! Come vuoi.

Intanto avevo aperto una valigia e tirato fuori alcuni indumenti. Annalise per la prima volta sembrò dar cenno di vita, s’alzò ed osservò alcune t-shirt, poi ne prese una nera dell’Arena col logo ricamato in bianco sul davanti, se la mise al petto come per provarsela, si guardò allo specchio, poi si tolse la sua, oggi grigia ma un tempo forse bianca, e la buttò per terra.

Rimasi interdetto ad osservarla, era completamente nuda. Mollie proseguiva intanto con le pulizie del bagno, Annalise nuda la superò e s’infilò sotto la doccia.

- Ah! Brava! Fatti un bel bagno! Esclamò Mollie continuando nelle sue occupazioni.

Presi un telo da mare ed aspettai che Annalise finisse il suo bagno, quando uscì, Mollie seguitava a pulire, le porsi il telo, lei s’asciugò in fretta poi s’infilò la mia maglietta nera e si risedette sulla poltrona, mentre i suoi occhi perdevano lentamente di lucidità.

-         Ho finito. Ora mi faccio anch’io una bella doccia! Esclamò Mollie dal bagno.

Lasciai la camera con Annalise catatonica sulla poltrona e Mollie sotto la doccia, scesi e chiamai a gran voce la signora Wroth. Apparve un uomo con camicia a quadri e pantaloncini di fustagno.

-         C’è la signora Wroth?

-         E’ occupata, io sono Charles, se posso esserle utile…

-         Dovrebbero venirci a prendere dall’albergo, lei sa quando?

-         Dall’albergo? Non le resta che attendere.

-         Ma che cazzo di servizio! Ma mi dica quando vengono gli ospiti, dopo quanto tempo passano a prenderli?

-         Non glielo so proprio dire, ma mi scusi, avrei molto da fare. E poi appena arrivano, state tranquilli che vi avvertiamo subito.

-         Senta in camera mia è rimasta Annalise, e mi sembra un po’ strana, ci sono dei problemi?

-         Con Annalise? No assolutamente, non ci sta molto con la testa, ma è bravissima e con lei può anche fare ciò che vuole.

Detto questo, Charles se ne andò strizzandomi l’occhio, poi uscì e sparì lungo il sentiero che s’inoltrava nel verde. Uscii allora anch’io e girai attorno al residence, era molto più grande di quello che sembrava visto dall’esterno, ma non potei girare completamente attorno al suo perimetro perché un lato era strettamente saldato ad una roccia che emergeva perpendicolarmente al terreno. Dopo la passeggiata ritornai al residence, ora nell’ingresso su un divano stava Mollie che sfogliava con interesse vecchie riviste femminili. La TV in un angolo era spenta, provai ad accenderla, ma in tutti i canali si vedevano solo puntini luminosi che danzavano velocemente rincorrendosi in ogni angolo del cinescopio: la spensi. Mi diressi al bancone ed alzai la cornetta del telefono, udii un sibilo, feci lo zero, poi il doppio zero, lo stesso sibilo. Chiamai la casa d’alcuni amici miei usando anche il codice internazionale, ma ottenni sempre lo stesso identico sibilo. In camera avevo il cellulare, ma non andai neppure a provare se funzionasse: qui era sicuramente fuori rete. Ero immerso un questi pensieri, quando arrivò Annalise con un vassoio di vimini pieno di frutta fresca d’ogni tipo: banane, ananas, pere, mele, uva bianca e nera, fichi, ciliegie….

Presi una pigna d’uva bianca profumatissima ed iniziai a mangiarla mentre stavo uscendo. Si stava facendo sera e dall’Albergo ancora nulla. Più tardi, mentre mi trovavo in veranda sbaraccato su un dondolo a prendere il fresco dondolandomi con Mollie, decisi che il mattino dopo sarei andato io alla ricerca dell’Albergo. Lo dissi a Mollie, e lei mi rispose che se mi faceva piacere andava bene. Anche lei stava diventando abulica come Annalise? O forse si trovava bene anche in questo strano residence ed aveva iniziato a godersi la villeggiatura, mentre io me ne stavo in ansia aspettando quelli dell’Albergo?

Dormimmo in camera e non si soffocava dal caldo, anzi la stanza era molto areata; di mattino presto m’alzai e mangiai qualche frutto, disseminati per il residence c’erano sempre dei vassoi di vimini colmi di frutta fresca. Mi avviai poi deciso, come avevo stabilito, verso l’unico sentiero che partiva dal residence verso l’interno. Camminai per alcune ore, sempre immerso nella vegetazione rigogliosa dell’isola, trovai alcuni massi sistemati come dolmen, i resti d’un possente muro in pietra, un laghetto stracolmo di ninfee in fiore, un cartello arrugginito che portava ancora la scritta leggibile “ALBERGO IMPERIALE  à” con la freccia nella giusta direzione nella quale stavo andando. Incrociai anche miriadi d’insetti non molesti e farfalle d’ogni tipo, ed anche qualche piccolo animale che non si faceva vedere, ma del quale avvertivo la presenza: coniglio? lepre?

Improvvisamente dopo svariate ore di cammino, esterrefatto mi ritrovai davanti al residence. Cazzo! avevo girato attorno: eppure non potevo aver sbagliato strada, il sentiero era unico, non c’erano stati né incroci, né altre diramazioni. Presi una pigna d’uva da un cesto e mi sedetti sul dondolo, uscì Mollie e mi chiese se ero già di ritorno. Le risposi di sì e nessuno dei due aggiunse altro. Più tardi mi recai alla spiaggia, c’era Annalise sul bagnasciuga con la mia maglietta. Mi spogliai completamente e nudo m’immersi nell’acqua nuotando a lungo, poi mi sdraiai al sole. Annalise era sempre immobile ove l’avevo lasciata, le onde si frangevano con regolarità, il sole scaldava senza bruciare: la passeggiata ed il nuoto avevano rigenerato il mio corpo invece di stancarlo e così rinfrancato, riguardo all’albergo pensai “ a questo punto vengano pure quando cazzo gli pare, e chi se ne frega…” E mi addormentai sulla spiaggia ed un sogno vividamente reale mi raggiunse trovandomi indifeso.

Ero nato, con un gemello che era morto pochi giorni dopo la nascita. Avevano preparato la lapide, ma era doppia: da un lato c’era il nome del mio gemello Artur con la data di nascita e quella della morte, dall’altro c’era il mio nome Frederik con solo la data di nascita. Mio padre pose nella fossa la piccola bara bianca con rifiniture in oro, con dentro le spoglie del mio gemello, mentre un prete pontificava a lato, altri cominciarono a ricoprire con la terra la fossa. Tutti piangevano.

Mi svegliai di soprassalto. Il sole era all’orizzonte, Annalise era sempre sdraiata ove l’avevo lasciata, tra noi due, posato sulla sabbia c’era un vassoio di vimini colmo di frutta fresca. Addentai una pera, ritornai poi verso il residence facendo un cenno ad Annalise per farle capire se veniva anche lei, ma i suoi occhi che prima sembravano mi stessero guardando, rimasero spenti. Mentre m’avvicinavo all’edificio incrociai Charles che stava imboccando il sentiero con una vanga in spalla: “mi sa che è lui che ci procura il cibo, ma dove sono gli orti? Il pollaio? Gli alberi da frutto?” ricordo d’essermi chiesto.

Rientrai nel residence e cercai Mollie, la trovai al piano di sopra che stava pulendo una camera, ma non la nostra, quella di Charles.

-         Ma che fai?

-         Pulisco, non vedi?

-         Ma non è la nostra camera.

-         Lo so.

-         Ma noi siamo ospiti qui nella dependance dell’albergo.

-         Già, l’Albergo Imperiale…..

Lasciai perdere e proseguii verso la nostra camera, aprii una mia borsa di pelle ed estrassi il cellulare: incredibile! Era in rete! Feci il numero del mio ufficio digitando prima il prefisso internazionale e mi rispose una voce maschile in una strana lingua gutturale. Provai con altri numeri ma le risposte, con voci maschili o femminili, erano tutte in quella strana, incomprensibile lingua, gutturale, con schiocchi e sibili. Buttai l’inutile cellulare sul letto e m’avviai lungo il corridoio, la camera di Charles ora era bella pulita ed in ordine, ma Mollie non c’era, entrai allora nella prima camera, quella tutta incasinata e zeppa di roba e cominciai a curiosare: vecchie valige polverose ovunque con dentro abiti d’ogni foggia, cellulari spenti, chincaglieria varia, tappeti arrotolati, uno scatolone zeppo di giochi di bambino, pile di vecchi giornali ingialliti, foto ottocentesche sbiadite, un ferro da stiro, un computer dei primi, lampadari in terra……….

La mia attenzione venne attirata da alcuni piccoli quaderni rilegati in tela bianca con gli angoli rifiniti in oro, erano una diecina chiusi in un cassetto, li sfogliai, erano vergati a mano, ogni quaderno aveva pochi fogli scritti e con calligrafie diverse, le rimanenti pagine erano in bianco: li presi e li portai nella mia camera.

Con un asciugamano umido ripulii la tela delle copertine dalla polvere: ora erano tutti d’un bianco candido, li posai sul mio comodino, mi sdraiai sul letto ed iniziai a leggere il primo.

È la notte di Valpurga quella che va dal trenta aprile al primo di maggio, la notte nella quale, secondo le leggende le streghe si scatenano. Le creature si ribellano sempre al loro creatore: Lucifero si ribellò a Geova, il Golem al rabbino Loew, il Mostro al barone Frankestein; visioni, invenzioni, fantasia e metafisica. Il più recente mito della “creatura ribelle” è HAL 9000, il calcolatore che tenta d’impadronirsi dell’astronave in 2001 odissea nello spazio. Immaginarsi oggi un’apocalisse informatica sotto forma di una ribellione delle macchine, fa ancora parte della fantascienza, ma non dimentichiamo però che l’idea di HAL 9000 per il film di Kubrick viene da Marvin Minsky, allora ordinario di scienze informatiche al MIT di Boston.

Chiusi questo primo quaderno, che finiva così, il resto erano solo pagine bianche e scesi le scale: trovai la signora Wroth che stava pulendo l’ingresso

-         Giorno di pulizie, oggi? Non ha mica visto mia moglie?

-         Sì Mollie è in cucina.

E la trovai dietro ai fornelli che stava preparando una frittata di zucchini. Fuori intanto s’era fatta notte, ma la vita nel residence sembrava avere ritmi propri, intanto mi mangiai una fetta di frittata bella calda, c’era qui in cucina una bottiglia di vino rosso dalla quale mi servii abbondantemente. Da una scatola di legno, posata su un tavolinetto accanto ad un posacenere ed un accendino da tavolo in argento, uscirono fuori degli Avana. Mi scolai mezza bottiglia di vino rosso ed avevo il sigaro acceso in bocca. La TV manco a dirlo, non funzionava, il telefono neppure, il mio cellulare invece andava, ma non serviva ad un cazzo con le sue incomprensibili voci. Trovai anche un computer moderno in uno sgabuzzino abbandonato che un tempo doveva essere un ufficio, ma anche questo non andava proprio, me ne intendo poco, ma la tensione della corrente mi sembrava troppo bassa ed ho la sensazione che fosse corrente continua, e non ho visto fili all’esterno e neppure generatori, mi sono chiesto più volte chissà da dove venisse. Col sigaro in bocca me ne tornai in camera, avevo anche dei libri in valigia, meno male, pensai, tanto qui mi sa che i tempi s’allungano. Entrai in camera e sentii qualcuno sotto la doccia, pensai fosse mia moglie, entrai ed invece trovai Annalise sotto i getti, più bella che mai. Posai il sigaro, mi spogliai ed entrai in doccia con lei. Con la mano destra le sollevai la gamba sinistra e la penetrai senza esitazione: mentre ritmicamente la possedevo sotto il getto della doccia i suoi occhi sembrarono sciogliersi e farsi vivi. Ci asciugammo e la gettai sul letto, facemmo a lungo l’amore e dopo alcune ore mi risvegliai ancora abbracciato a lei. Andai al bagno senza svegliarla ed uscii nel corridoio, passai davanti alla camera di Charles, aprii la porta socchiusa e vidi nel letto completamente nudi ed addormentati, mia moglie, Charles e la signora Frederik. Sorrisi e scesi le scale, mi avviai in cucina e mi preparai un buon caffè. Trovai anche un pacchetto di sigarette e me lo infilai in tasca. Più tardi ero sulla veranda e vidi Charles nuovamente con la vanga in spalla, lo chiamai.

-         Charles!

-         Mi dica.

-         Ma dove sta andando?

-         Agli orti.

-         Ma dove sono?

-         Lungo il sentiero, ad un paio di chilometri.

-         Ma io l’ho percorso tutto e non li ho visti.

-         Il sentiero va dove vuole che uno vada.

-         Come? Che significa?

-         Porta ognuno in posti diversi.

-         Non capisco.

-         ………………………………

Senza rispondere, ma scotendo la testa si avviò verso l’orto ed io rimasi perplesso ad osservarlo: tornai allora verso la spiaggia, stetti un po’ al sole, poi mi tuffai. All’uscita dall’acqua c’era Annalise che sembrava aspettarmi. Mi avvicinai, la baciai e lei per la prima volta disse una parola: “L’Albergo?”

-         Cos’hai detto?

Ritornò poi nel suo silenzio, mi prese la mano ed imboccò il sentiero, ed io con lei, dopo una ventina di minuti giungemmo in un prato tutto fiorito, margherite multicolori ovunque, in lontananza una torre nera a base circolare, senza aperture. Lei si sdraiò in terra, si sfilò la mia maglietta. Voleva far l’amore. L’accontentai, quando mi rialzai la torre ora mi appariva a base quadrata, rimasi perplesso, non solo per la torre, ma anche per quel posto che l’altro giorno non c’era – era solo ieri o era passato molto più tempo?

Veloce giunse la notte e mi ritrovai nella mia stanza al residence con Annalise, mia moglie ormai s’era installata nella camera di Charles e ci stava quasi tutto il giorno e le notti.  Presi dal mio comodino uno dei quaderni bianchi, lo aprii, vi erano a penna scritte quattro pagine con un solo nome: “Annalise” ripetuto per quattro intere pagine. La guardai che stava appisolandosi accanto a me e non le dissi niente.

Chiusi il quaderno e lo spostai sopra quello già letto, ne presi un altro, anche questo scritto con una calligrafia diversa, e lessi:

Questa notte è così languida, così bella da lasciarti incantato, come se ogni dubbio svanisse per la più semplice delle spiegazioni. Io tengo le mani in tasca, come per stringere un sogno che svanisce. Le tue parole non mi hanno consolato. Ogni fine è pietosa, e sofferente è l’addio su ogni labbro. A cosa è servito parlarne? Non si decide mai in due. La separazione è un fardello indivisibile. La passione nutre il proprio significato d’infinito e non d’illusione… se si ama è persempre, e tu questo non l’hai mai capito. M’incammino verso casa, passo dopo passo sulla via gelida di gennaio. Ogni pensiero riscalda e svanisce, generando sconforto e nostalgia. Sono piccole fiammelle sterili, i battiti del mio cuore. Persino le barche ondeggianti vicino al molo sembrano aver sonno. Non c’è vita al mondo. Sulla soglia di casa trova te. Gli occhi languidi, così belli da lasciare incantati, e le mani in tasca, a trattenere un sogno che vuol fuggire lontano.

Qui finiva anche questo quaderno, non durai neppure fatica a capire se qualcosa significasse, ne aprii un altro, era con tutte le pagine bianche, presi allora la penna e sopra la prima pagina ci scrissi il mio nome, e sotto annotai la prima frase famosa che mi venne in mente:

Ogni problema per essere un problema deve contenere una menzogna.

Lo richiusi e lo posai sopra i tre già letti. Chiusi gli occhi ed in breve anch’io mi addormentai e rapidamente passai al sogno: la tomba con il mio gemello è stata riaperta, la terra è smossa, la piccola bara è di lato. C’è una cassa, nuova, questa è nera e più grande. Viene calata giù, accanto ci piazzano quella più piccola, poi la terra ricopre le due bare. C’è gente e stanno piangendo, vedo mio padre, invecchiato com’è ora, mia moglie, la signora Wroth, Charles ed Annalise. Poi tutti se ne vanno ed io resto solo, guardo allora la lapide: c’è la data di nascita sotto tutti e due i nomi, il mio e quello del mio gemello e c’è la data di morte del mio gemello, avvenuta pochi giorni dopo la sua nascita. Sotto il mio nome, lo so, non c’è alcuna data di morte. Guardo attentamente: non è vero! C’è la data del 15 luglio 2243!

2243? Ma è l’anno passato, ora siamo nel ‘44, mi guardo attorno disorientato e solo adesso mi accorgo che la lapide è piazzata proprio nel punto ove mi ha condotto Annalise, c’è anche la torre nera, là in fondo ed è di nuovo a base circolare, ma è la solita, mi avvicino e su una pietra squadrata della torre traccio una X con un’altra pietra appuntita: voglio vedere se è la solita che cambia forma, una curiosità.

Mi risvegliai che stava appena albeggiando, m’infilai i pantaloncini e corsi fuori, imboccai di volata il sentiero ed in breve arrivai fino al prato: c’era la lapide, c’erano i due nomi con le date di nascita e di morte – anche la mia. Era l’identica situazione del sogno, anche la torre, ma ora era a base quadrata, andai verso di essa e scorsi la X che avevo prima, nel sogno, tracciata.

Al residence la signora Frederik preparava la colazione, Mollie era seduta sulla veranda con un libro in mano, Annalise stava su una poltrona nell’ingresso e guardava nel vuoto, indossava un’altra delle mie t-shirt, questa bianca con la scritta colorata “l’io esiste anche se non riuscite ad identificarlo – dalai lama –“

Charles stava innaffiando le rose ed i gerani che sono attorno alla casa. Annalise s’alzò e mi venne vicino. Ci baciammo. Mi sedetti accanto al tavolinetto con sopra la scatola di legno. Presi un Avana. I quaderni bianchi non letti erano lì sul tavolinetto accanto a me. Chi li avrà portati giù? Presi il primo e lo aprii.

Incise il suo nome sulla corteccia, poi disse “tu mi proteggerai sempre, vero?” Nel vento erano i semi degli alberi che sarebbero stati, mentre la vita turbinava nel cielo severe d’un temporale incombente. I passi armoniosi della bambina spersa sembravano un suono nel vuoto, fatto per chiedere aiuto. Portava nei tasconi margherite sfatte, d’antica semplicità. E rapiva ogni luce coi battiti delle sue palpebre. Quando l’aria fu come un mare dalle onde di gocce, dalla terra si gonfiò una grassa radice, eppoi un germoglio, senza che nessuno vi badasse, divenne albero intero nel giro d’un istante. Sotto le sue foglie la bambina si riparava dal maltempo. E stranamente il suo cuore era privo di paure….

Annalise a questo punto m’interruppe, voleva esser nuovamente baciata, l'accontentai questa volta con passione, sono certo che riuscirò a toglierla dalla sua apatia, è solo questione di tempo, pensai.

Una musica jazz cominciò a risuonare nel residence, Mollie mi disse che Charles era riuscito a riparare un vecchio giradischi, che bello dissi io e abbracciando Annalise cominciai ad eseguire alcuni passi di danza, stringendomi forte a lei e baciandole il collo.

Quando finì la musica vedemmo arrivare dalla spiaggia due turiste, entrambe in pantaloncini e camicia bianca di lino, sandali ai piedi. Io ed Annalise gli andammo incontro, loro ci salutarono sorridenti.

-         Buongiorno!

-         ………………

-         Siamo arrivate ora, abbiamo prenotato all’Albergo Imperiale, i nostri bagagli sono sulla spiaggia, dobbiamo portarli dentro?

In silenzio io ed Annalise ci avvicinammo ai bagagli, li prendemmo e lentamente li portammo in casa. Le due ci seguirono con aria interrogativa.

-         Ma come arriviamo all’Albergo?

-         Verranno loro a prendervi, forse domattina – dissi io ed aggiunsi –intanto potete sistemarvi al piano di sopra, ci sono delle camere libere.

Loro si guardarono intorno, poi presero qualcuna delle loro valige e salirono su per le scale. Ero fermo nella hall e le stavo osservando, Annalise teneva la testa appoggiata sulla mia spalla e stava sospirando; la signora Frederik era intenta a (finalmente) pulire il bancone che n’aveva proprio bisogno, Mollie stava guardando il cinescopio del televisore spento con attenzione, come se stessero trasmettendo un interessante programma. Charles rientrò proprio in quel momento con un cestino pieno d’uova appena scodellate. Sentii il trillo del mio cellulare su in camera e corsi a prenderlo, lo trovai sopra la consolle, dissi “Pronto?” ed una voce di donna col solito incomprensibile linguaggio blaterò un sacco di versacci: lo scaraventai fuori nel prato dalla finestra aperta e mi buttai sul letto scompisciandomi dalle risate e dicendo a me stesso “e quelle due aspettano che le vengano a prendere dall’Albergo”…………

Intanto Annalise entrò nella stanza, si sfilò la mia maglietta e restò nuda a guardarmi con quei suoi occhi belli, azzurri e sempre meno inespressivi.