vittorio baccelli  vittorio baccelli   vittorio baccelli  vittorio baccelli

   L'Italia dell'Arte della Cultura e
dei Mestieri

cosa hanno detto recentemente di me e delle mie opere:

LUCCA - Interessante pomeriggio letterario all’antico caffè Di Simo ove l’associazione culturale "Cesare Viviani" con la collaborazione dell’associazione "Nando Guarnieri" ha organizzato un incontro sull’ultima opera di Vittorio Baccelli "Storie di fine millennio" recentemente pubblicata dall’editrice Prospettiva di Siena.Il commento critico è stato affidato allo scrittore lucchese Bartolomeo Di Monaco e l’attore Enzo Parra ha letto alcuni dei racconti proposti e cioè: Il racconto dell’amico di Assuero, La scatola, Le metasfere e L’inquisitore.Mentre Di Monaco ha affrontato un’analisi anche tecnica sulle modalità di scrittura dell’Autore, Baccelli ha risposto alle numerose domande che gli sono state rivolte dall’attento pubblico.Al termine sono state vendute tutte le poche copie rimaste dell’opera, ma a giorni è in arrivo in libreria la nuova ristampa.          (la Nazione)

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STORIE DI FINE MILLENNIO – In questi trenta racconti l’Autore ci conduce in tutta una serie di storie e situazioni a cavallo tra la realtà, o le realtà possibili e la fantasia più dirompente.Il personale, nei suoi ricordi è filtrato attraverso riferimenti culturali e letterari che spaziano dall’underground a Stephen King, da Roland Topor a Valerio Evangelisti, da Wilhelm Reich a Friedrich Nietzsche. Nell’ultimo racconto, Radici, già tradotto e pubblicato in inglese e che era presente nel catalogo della rassegna milanese CAOS, l’Autore scopre il mondo geometrico dei frattali assaporando l’insieme di Mandelbrot, s’addentrerà poi in successivi racconti, ancora inediti, nelle maglie del principio d’indeterminazione di Werner Heisenberg, traendone spunti originali ed intriganti.   (il soffio)

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Quello percorso da Vittorio Baccelli è un territorio vasto come la letteratura. Da Platone a Pascoli, da Verne a Welles, da Berto a Calvino, si tratta dell’ineffabile contrada di coloro che hanno voluto immaginare il radicale mutamento delle regole naturali della vita e della morte. Alcuni hanno praticato tale fantasia soltanto in una occasione, altri invece per tutta la vita, producendo libri su libri, fantasie a catena e scatenando le risorse più rischiose tra il meraviglioso e l’inverosimile. Due punti restano fermi: la creazione di un altro mondo e la morte che chiude il teatro: Nel racconto di Baccelli il due punti si fondono e il nero della morte fa pensare al buco nero e luminoso del tolstoiano Ivan Ilic, una delle più grandi creazioni del russo, aderentissima alla norma naturale della morte e della fine del tutto, Al di là di questo, nel racconto ospitato qui, vince il senso dello spazio e del tempo, la cancellazione dei loro parametri e della vita stessa, sino a quella immobilità che coincide con una fine che è il principio. A questo punto la letteratura svela la sua eterna tensione a rifare l'uomo ed il mondo, palesando l'ottimismo inguaribile di chi insieme persegue l'azzeramento nel momento in cui lancia il grido afono della speranza.   (commento a "Troppo tardi" da Storie di fine millennio)                   (Claudio Marabini)

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In questi trenta racconti l’Autore ci conduce in tutta una serie di storie e situazioni a cavallo tra la realtà o le realtà possibili e la fantasia più dirompente.Il personale, nei suoi ricordi è filtrato attraverso riferimenti culturali e letterari che spaziano dall’underground a Stephen King, da Roland Topor a Valerio Evangelisti, da Wilhelm Reich a Friedrich Nietzsche. Nell’ultimo racconto, Radici, già tradotto e pubblicato in inglese e che era presente nel catalogo della rassegna milanese CAOS, l’Autore scopre il mondo geometrico dei frattali assaporando l’insieme di Mandelbrot, s’addentrerà poi in successivi racconti, ancora inediti, nel maglie del principio d’indeterminazione di Werner Heisenberg, traendone spunti originali ed intriganti.      (commento a "Storie di fine millennio)                                            (Brandolino da Sant’Ilario)

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Qualche racconto di Storie di fine millennio  già lo conoscevo, per averlo letto su rivista; ma devo dire che letti uno di seguito all’altro questi racconti formano una raccolta organica di notevole spessore…    (Flavio Ermini)

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Storie di fine millennio è in realtà un viaggio ai margini di un’epoca segnata da piccoli e grandi gesti. Il libro corre dagli anni ’70 e la contro cultura fino al 2000 e il cyber spazio… (Prospettiva)

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Non è facile scrivere racconti brevi che, squarciando i limiti del proprio sentire, ci trasportino in una realtà, oltre la nostra, capace di sedurci e di suscitare in noi inquietanti smarrimenti:in cui tuttavia la sfida dell’autore alla nostra intelligenza è costantemente presente e avvertita. Le atmosfere di una realtà diversa si avvertono già nei primi racconti, poi fanno capolino, lacerando i veli; infine irrompono e ci sommergono; si sostituiscono alla nostra realtà quotidiana. La scrittura di Vittorio Baccelli in queste "Storie di fine millennio" è limpida e garbatamente ironica, il disegno narrativo solido, l’effetto non solo è dirompente, ma s’impone.                   (Bartolomeo Di Monaco)

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Il koan è un indovinello sacro e la letteratura zen ci narra che è sufficiente meditare anche su un solo koan per raggiungere la conoscenza. L’Autore s’addentra in questo testo titolato "45 lezioni sul vuoto" nella non razionalità, attualizzando brani di Tran Thai Tong, un monaco poeta vissuto nel 1200; eppure il risultato è attuale, ci troviamo di fronte a pagine assimilabili alle avanguardie ed allo sperimentalismo letterario contemporaneo. Pagine gustose ed irriverenti, surreali e comiche: ma quale realtà s’intravede dietro le frasi sibilline ed i versi liberi? Un misticismo ateo, una realtà antica e contemporanea, una concretezza che tiene radici nel passato ma si rivolge al futuro, una frattura temporale, uno shock culturale che potrà anche essere il veicolo per aprire una porta: la porta senza porta. Vittorio Baccelli, poeta, scrittore, collagista di fama, da anni indica al suo pubblico realtà diverse, universi che s’espandono o collassano, leggi fisiche randomizzate in improbabilità. Gioca con l’illuminazione, viaggia negli insiemi, azzarda nuove teorie quantiche: randomizzazione miracolistica, teorema di Aldrin, ecc. Il più grande coincide sempre col più piccolo, le realtà parallele s’accartocciano l’una sull’altra, il tempo s’incasina ed anche gli dei muoiono uno ad uno. Risoluzioni ed entità sempre più dense sfuggono al virtuale mentre pixel e frattali s’assemblano in forme sempre più complesse, e lui, il Tessitore, registra e trasmette….        (Brandolino da Sant’Ilario)

 

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Vittorio Baccelli è un artista completo: scrittore, poeta visivo e autore di collages, ideatore di progetti multimediali e di numerose mostre che hanno avuto grande risalto su riviste culturali e d’arte. In 45 lezioni sul vuoto si ritrova la sua inesauribile voglia creativa sempre in bilico tra ricerca artistica e innovazione di frontiera: ogni realtà è possibile e la fantasia incontenibile. La non razionalità e la provocazione fanno da contraltare ad una determinazione culturale e il carattere innovativo di una avanguardia letteraria.                                                                 gli uomini di compassione pensano si tratti d’umanità                                                              gli uomini di saggezza pensano si tratti d’erudizione                                                        Spero che il lettore superi la prova del vuoto senza ricevere ciabattate nei denti e che assapori fino in fondo questo sperimentalismo illuminato.                                       (Massimo Barile)

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...ho letto il tuo primo racconto Pixel non appena ci è giunto, e ho valutato a lungo il livello, la qualità, l'importanza del tuo lavoro, e l'eventualità di una pubblicazione; il tono là adoperato è crudo, psichedelico, approfondito in una direzione di perdizione e dannazione umana, d'isolamento, il tutto ornato dall'abbrutimento di un realismo che evade la descrizione pura ma coinvolge e rende partecipi con maestria....lo leggevo e rileggevo, mi piaceva ma non ero certo che il nostro pubblico l'avrebbe apprezzato, a causa della poca immediatezza, dell'impegno, per così dire, che ti sei prefisso nella narrazione e per la crudezza. leggendo il tuo secondo lavoro: "In viaggio", mi sono dovuto inchinare all'evidenza, i tuoi lavori sono ottimi, dipinti con maestria, resi vivi e realistici e favolistici e sognanti ad un tempo, grazie ad una tecnica che viene da lontano, forse da letture mirate, forse dal tuo talento innato. I nomi, i luoghi, gli stralci, il sapore impastato del risveglio, i discorsi diretti eccelsi, semplici e non comuni, la linearità della narrazione e la complicata struttura intrecciata dei pensieri rendono il tuo stile inconfondibile, ottimo, ovviamente per quanto mi riguarda.   (Daniele Elisa)

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Dopo il successo di "Storie di fine millennio", giunte alla seconda edizione, lo scrittore lucchese propone un nuovo interessante testo dal titolo "45 lezioni sul vuoto" (Montedit). Nell'opera si ritrova la sua inesauribile voglia creativa, sempre in bilico tra ricerca artistica e innovativa di "frontiera". Baccelli s'addentra nella non razionalità, attualizzando nei giorni nostri brani di un monaco buddhista vissuto nel 1200; ma il risultato è attuale e ci troviamo di fronte a pagine assimilabili alle avanguardie e allo sperimentalismo letterario contemporaneo. "Si tratta di un'opera sperimentale - dice l'Autore - in cui una realtà diversa, che si percepisce dietro frasi sibilline e versi liberi, irrompe con forza nella realtà ordinaria". Vittorio Baccelli è attivo nello sperimentalismo artistico fin dagli anni '60. Oltre che scrittore, è poeta e autore di collage, allestisce mostre personali e partecipa ad esposizioni collettive in Italia ed all'estero: E' l'ideatore dei progetti multimediali "millennium" e "luther blissett eXperience", che hanno coinvolto oltre 400 operatori culturali sparsi in tutto il mondo.   (Monica Arena)

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L’INQUISITORE

 

 

 

Dormivo nella stanza che fu di Giacomo, quella con i muri a stucco di color mattone chiaro e con gli angoli delle pareti stondati. Io adolescente solo nella mia camera coi quadri antichi a tenermi compagnia; quella dei miei genitori dall’altro lato dell’appartamento. Sognai Elisabetta: alta, bionda, con un fisico perfetto, statuario, ma il viso era la cosa più fantastica. Lineamenti sottili ma labbra carnose, il tutto luminosissimo, talmente splendente che i contorni risultavano evanescenti malgrado i miei sforzi di mettere a fuoco la vista. Portava tuniche di seta semitrasparenti, sempre agitate da leggere brezze, che mutavano di colore.

Avevo il suo sorriso stampato nella memoria, il sogno era ricorrente, ogni tre, quattro giorni c’incontravamo in posti sempre diversi: aule con divani, biblioteche stile ‘800, campi di grano dorato, pinete, spiagge assolate. Mai nessuno ci disturbò in quei primi incontri. Se eravamo all’aperto talvolta scorgevo dei bambini in lontananza intenti nei loro giochi. Di notte una volta vidi sorgere due lune.

Devo confessare che non vedevo l’ora di mettermi sotto le coperte e speravo d’incontrarla ancora una volta. Le raccontavo le mie giornate, la scuola, gli amici, cosa avrei voluto fare ed essere da grande. Mi ascoltava interessata, sorrideva, mi dava consigli, mai volle parlare di sé, di dove abitava, cosa faceva quando non eravamo insieme, della sua famiglia, delle sue amicizie, della sua vita: solo il nome sapevo di lei. Passeggiavamo nelle case e nei giardini, sostavamo nei boschi, ci rincorrevamo giocando, alle volte le nostre labbra si sfioravano ed i nostri corpi si toccavano: in quei momenti ero al settimo cielo!

La cosa andava avanti ormai da tre anni, una sera eravamo seduti nel giardino della Torre Guinigi, quando dalle scale salì un frate, alto, severo, incappucciato in un saio bianco. Una sensazione di gelo, mai provata, s’impadronì delle mie membra a quella inattesa intrusione. Mentre mi sentivo a disagio come non mai, vidi il sorriso di Elisabetta scomparire dalle sue labbra. Il frate puntò un dito contro di lei e mormorò una sola parola: “millennium”. Inorridito fissavo i lineamenti di lei che piano piano si dissolvevano emanando una nebbiolina grigia: la tunica e tutto il corpo scomparvero, la nebbiolina grigia divenne dorata e la brezza del tramonto la portò via. Rimasi attonito, pietrificato ….. mi girai, anche il frate non c’era più. Seppi che era l’inquisitore ed anche il suo nome fu chiaro nella mia mente. Dalla Torre non si vedeva più il bellissimo panorama al tramonto che avevamo ammirato fino a pochi istanti prima, ma in basso si stava formando una enorme, incomprensibile macchina con lame rotanti in ogni direzione che si espandeva velocissima finché non coprì l’orizzonte che si era fatto di un minaccioso rosso cupo. Mi accorsi con stupore che anche la torre era cambiata, era divenuta molto più grande ed era costituita da enormi pietre di un nero totale.

Un brontolio di tuoni s’udiva in lontananza e s’avvicinava mentre i primi lampi sfolgoravano. Madido di sudore mi risvegliai, ero in preda alla febbre. Fu l’ultima volta che vidi Elisabetta in sogno.

Dopo pochi giorni la mia famiglia lasciò la bellissima casa di Puccini per trasferirsi in una orrenda villetta a Sant’Anna, alla periferia di Lucca. In quella che fu la mia bellissima casa di corte San Lorenzo ora c’è il museo pucciniano. Sono passati quaranta anni ed io ho incontrato Elisabetta altre due volte: a Urbino nel castello di Re Federico ed in Villa Bottini.