È dall’inizio degli anni ’70 che la poetica pretende una nuova maniera di leggere. Fare del testo un pretesto: questa è la parola d’ordine che passa tra quelli che fanno poesia. Forse non è più il tempo della letteratura accademica, delle sante alleanze strette con la morale dell’equa distribuzione delle virtù e dei meriti, cioè della buona volontà di chi ha scritto.
POESIA
per
rompere le ultime barriere tra arte e arte
per
sconfiggere i Guardiani tra arte e vita
per
superare la noia d’una politica ormai consunta
la
poesia assume mille forme
si
fa visiva, concreta, spaziale, tattile
recitata
in case d’amici, letta alla radio
emarginata,
rapinosa, chiassosa
diviene
poi
SILENZIO
s’imbeve
di DADA
futurismo
e cocacola
si
nutre alla fonte di Bacco
nel
disagio, diviene essa stessa DISAGIO
poesia
magica e mantra
racchiude
storie passate e future
si
gratifica d’un quotidiano non vissuto
diviene
performance o si canta
si
scrive sui muri o sui volantini non letti
deturna
il presente scopiazza un futuro passato remoto
URLA
verità volutamente nascoste
gira
clandestina su giornali introvabili
si
scambia messaggi per posta
una
poesia ammalata d’emofilia
che
perde sangue ogni volta che si presenta
il
testo un pre-testo per il poeta ad esporsi
la
poesia lavora per la liberazione
la
poesia lavora per la sua morte
la
vera poesia
si
fa beffe della poesia.
Eugenio de Andrade ha scritto “Il silenzio è la mia maggior tentazione. Le parole, questo vizio occidentale, sono logore, invecchiate, avvilite. Stancano, esasperano, feriscono. Calmano, anche, è vero, ma così di rado! Per ogni parola che giunge fino a noi, ancora calda dalle viscere dell’essere, quanta bava ci scorre addosso come fosse musica eccelsa! La pienezza del silenzio solo gli orientali la conoscono. Lao Tze ci ha insegnato che chi sa non parla e chi parla non sa. E Basho, con un canone di sole diciassette sillabe ha fatto una delle più straordinarie poesie di cui ci sia memoria. È dalla tentazione del silenzio che parlano tutti i miei affluenti in prosa e verso”.
Mi
viene in mente Theodore Sturgeon quando affermava che il novanta per cento di
qualsiasi produzione umana è spazzatura, comunque molti proseguono anche oggi a
far della parola uno strumento, che può esser consolatorio o propagandistico,
ma che è comunque sempre entro l’amministrazione d’una giustizia.
L’ammodernamento non è nel senso di una lettura, ma in quello della
decifrazione e dell’analisi, cioè di qualcosa che dimostra l’accidentalità
del testo, lo toglie di mezzo per esibire una verità “prima” precedente ed
originaria, mentre la lettura non è altro che un cominciare che ha finito di
leggersi, e scopre nel momento della parola la sua separazione, mentre quello
che si è detto è la giovinezza del linguaggio e la sua perennità.
Non
è difficile capire perché sia divenuto doveroso esibire i meccanismi del
linguaggio, ma ancor più nascondere, tacere la forza con cui un atto di
scrittura si rivela; la gratuità del canto che è dono, la verità del canto
che è dono.
sather
gate illumination
20
class a cigarettes
maremma
t’ho visto a modo mio
selected
fine tobaccos
ci
fu un tempo un sacco di tempo
made
under authority of
molteplici
divisioni interne
philip
morris inc.
per
farne il veicolo normale
del
pensiero a tutti i livelli
richmond;
va.
Allo stesso modo chi parla degli dei, vuol parlare di questa gratuità che sta all’origine d’una parola e di ciò che è ingenuo, se non innocente, perché niente è più terribile d’un dono non inteso e niente è più tremendo d’un dono compreso, e perciò svelato.
accarezzano
la fronte
mi
sollevo
Ezra
guida l’arto
avviene
il rendez-vous
con
F.T.M. futurista
fuggono
veloci le icone via dal monitor
pixel
impazziti
roteano
a vuoto nell’ambiente
mutati
in e-mail randagie
rifiutate
& folli
(clicca
randagie ed avrai la listata dei miei amori)
in
intimità con le clarisse
nel
salotto buono
infine
con
stimoli antientropici raggiungo
atlantideo
moto cavalcante
oricalco
curve
nel tempo onde vibrazioni
un
insieme forse un mandala
una
fusione d’alchemico impasto
satanico
dessert
&
liquidi
organici casualmente sparsi
dal
violento impatto
tre
piccole pietre d’azzurro pallido.
C’è allora una doppia inadempienza della parola, verso chi ne è tramite e bocca, e verso chi ne pretende un’esemplarità. È come il sorgere dal cielo un arcobaleno e stringere il patto tra parlante e parlato, ma subito l’acqua ripristina il tradimento, il sole ha smangiato le lingue, vola via lo spirito della pentecoste, resta la sabbia e l’orrore del buio.
da LA ROSA GIALLA
koba
ride in un mondo segnato dalla
sua
demenza il campo gemmato alle
pendici
del fujiyama e l’orso non hanno
ancora
compreso la triste lezione del
vietnam
e zio ho assiste silente allo
scempio
in afganistan
buon
fumo signori da quelle parti
l’islam
sogghigna davanti alla nera pietra
vincente
della ka’ba e lascia davanti ai nostri occhi
le
fosse di katin e gli affetti di scabbia
La
cecità è propria di questo smarrimento crudele, e non Tiresia indovino, che
diviene custode delle istituzioni e trombettiere della fedeltà al re. La
poetica si fa così innamorata, colorata, rapinosa.
Innamorata
e perciò impertinente e beffarda, indifferente ai conclami ed ai conclavi della
giustizia. Colorata perché non traccia disegni e percorsi, cioè la linea che
va da una verità ad un errore come riconoscimento d’una verità e crea il
disorientamento bruciante d’un distogliersi dal senso che è l’apparenza di
quel distogliersi, e la sua dissimulazione.
Rapinosa,
e per questo è un movimento di seduzione e di allontanamento nel quale la
“cosa” non è avvicinata o tolta alla/dalla vista, ma immette in un
paesaggio ove
improvvisamente si è colti da quello spazio e la “cosa” s’è trasformata
in altro, nell’altro che è la lingua dell’origine: la poesia usa i lettori,
non ne è usata.
Occorre
allora intendersi: l’illusione della poesia è la poesia che non crea
illusioni, al contrario del mito romantico, e da noi leopardiano.
Non
si concede, ma è donata dall’amore che non cade mai nella disperazione e non
è respinto nel buio della solitudine infelice. Chi pretende di studiarla, è di
là, chi crede di farne elemento da salotto è di qua.
Il
lettore è smarrito, non può precedere le fasi, perché come in amore non c’è
fase, ma la durata eterna ed infinita del testo meraviglioso ed inarrestabile.
Non c’è manuale, né ars legendi, dunque nessuna garanzia di momento giusto,
bisogna esser tentati per conoscere il desiderio d’un verso: questa lettura è
amorosa.
il
pomeriggio
il
vento
il
cielo
il
piccolo uomo lievemente isterico
il
bianco
il
modulo
il
secondario
il
vicino
il
nastro
il
tronco felice che tutti vedono in sogno
il
flauto
il
bosco
il
tramonto
il
trasformista
il
remo
il
cruscotto sotto l’influenza dei raggi spia
il
computer
il
turista
il
preconcetto
l’avanspettacolo
il
tunnel
il
cartellone oltre i grandi cavi di tessuto nervoso
il
vicino
il
semaforo lampeggiante
il
rimpianto
il
duplicato
il
riso
il
quartier generale lontano dalla patria ma solo
a livello precauzionale.
(vittorio baccelli)
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