-          vittorio baccelli – i racconti – terzo sigillo –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’OSSERVATORE

 

                                       Perché sennò disporsi col suo bastone

                                       a tender insidie, inganni, e lacci

                                       ai viandanti che lo trovavano appostato

                                       e gli chiedevano la strada? Immaginai gli scrosci

                                       di risa da teschio e la gruccia che abbozzava

                                       il mio epitaffio per gioco sulla strada polverosa,

                                       se dietro il suo consiglio svoltavo

                                       per la landa fatale ove tutti (tutti concordano)

                                       è nascosta la Torre Nera.

                              (da “Childe Roland alla Torre Nera giunse” di Robert Browning”

 

Mira era l’osservatore e sapeva che il suo compito era quello di attendere ed ascoltare coloro che con lei si confidavano. Chi l’aveva preparata per un tale compito? Mira non riusciva a ricordarlo, così come era certa di trovarsi nello stesso tempo luogo fin dall’inizio dell’umanità. O forse fin da prima?

Non lo sapeva e più ci rifletteva, meno arrivava ad una conclusione. Lei esisteva dunque da tempo immemorabile, aveva un aspetto umano, ma sapeva che a volontà avrebbe potuto apparire in qualsiasi altra forma. Ciò che a lei accedeva veniva subito conosciuta da altre entità, dei? Forse, chissà.

Abitava in una casa con tutti i confort, ma questa era completamente tagliata fuori dalle vie di comunicazione, quasi si trovasse al centro di quello che un tempo poteva considerarsi un parco naturale.

La casa era spaziosa, a tre piani costruita in pietra, come le abitazioni delle montagne toscane, era a circa trecento metri d’altitudine, nel bel mezzo di un fitto bosco.

Ma questo tanto tempo fa. Il clima era infatti cambiato ed i verdi boschi s’erano scheletriti sotto il sole cuocente d’uno estate che non sembrava aver termine.

La casa di Mira era però accogliente ed al suo interno la temperatura si manteneva mite e costante. Silenziose macchine operanti nel sottosuolo le fornivano energia, acqua e cibo.

L’osservatore sapeva che adesso era pronta ad accogliere gli ospiti importanti, era venuto il momento di riceverli ed ascoltare ciò che avevano da dirle.

Per questo motivo aveva assunto le sembianze di una giovane signora sulla trentina, forse un po’ in ciccia, ma piacente, con un volto simpatico ed aperto.

Si guardava allo specchio e si compiaceva della sua nuova immagine da madre comprensiva, che ispirava fiducia e tranquillità.

Aveva ancora qualche giorno di tempo prima che cominciassero a farle visita coloro che erano attesi, non sapeva come conoscesse questo, ma ne era certa.

Quella mattina decise di fare una passeggiata per vedere ancora una volta come fosse cambiato il mondo, e di buona lena iniziò a camminare sul sentiero che tante volte nei tempi passati aveva percorso.

Le si strinse il cuore nel vedere come tutta la lussureggiante vegetazione avesse lasciato il posto alla sabbia ed alle pietre sbriciolate dall’impietoso sole.

Dopo aver attraversato la catena di colli si fermò all’ombra di una roccia e guardò la vallata che un tempo era piena di vita: mucchi di pietre calcinate indicavano le abitazioni d’un tempo ed una riga più scura era tutto ciò che rimaneva del grande fiume che una volta scorreva impetuoso tagliando nel mezzo la valle.

Ricordava un maestoso ponte, ma di esso era rimasto solo un arco ancora in piedi: anche la pietra artificiale degli antichi si era quasi del tutto sbriciolata.

Dopo essersi riposata all’ombra decise di tornare alla sua abitazione, non voleva vedere altro, il mondo si era ormai calcinato.

In casa si versò del tè fresco in un bicchiere, si sdraiò sul divano dell’ampio soggiorno ed ordinò al computer di casa di trasmettere un vecchio film bidimensionale.

Si addormentò e fu svegliata da qualcuno che bussava alla porta d’ingresso.

L’osservatore si alzò ed andò ad aprire la vecchia porta, una giovane donna era sull’uscio vestita in jeans, stivaletti scamosciati ed una pesante camicia di flanella.

-         E’ permesso?

-         Avanti!

L’osservatore rimase interdetta dall’abbigliamento, una camicia di flanella pesante, di questi tempi? Con questo clima?

-         Temo d’essermi persa.

-         Può ben dirlo, figliola, ma entri, qui in casa c’è fresco…

E con la coda dell’occhio scorse un enorme fuoristrada pieno di fari e di cromature, parcheggiato davanti all’ingresso della casa.

-         E quel coso…quel fuoristrada, coma ha fatto ad arrivare quassù?

-         Stavo guidando, quando si è fermato proprio qui, e non capisco dove sono e da dove sbuca questo deserto.

-         Temo che tutto ciò abbia scarsa importanza, ormai tutto il pianeta è così da molto tempo, a parte qualche oasi.

-         Tutto il mondo? Dio mio!

-         Ma entri, parleremo con comodo.

E la donna si buttò sul divano, si vedeva, era sconvolta.

-         Ma dove sono capitata?

-         Diamoci del tu, ma prima dimmi, da dove vieni? E da che anno vieni? A occhio e croce, dall’abbigliamento e dal tuo veicolo, direi dal XXI secolo, sbaglio?

-         No, perché ora in quale secolo siamo?

-         E chi lo sa? Anche il tempo ha fatto confusione, ad un certo punto è arrivata un’estate infinita…e dura ancora….  Il XXI secolo è comunque lontanissimo nel tempo, ma come sei giunta?

-         Col fuoristrada, da anni uso vie particolari e riesco sempre ad accorciare le distanze, ma spostarmi nel tempo! questo non l’avrei mai creduto possibile!

-         Senti, qui come vedi è uno schifo incredibile, una monotonia unica da quando il tempo è andato in confusione. Spiegami come fai a spostarti, forse posso trovare una soluzione e riportarti da dove e da quando sei venuta

La donna disse solo: - Aspetta un attimo… - ed uscì, prese una cartella di pelle dal fuoristrada e l’aprì sul tavolo del salotto dell’osservatore.

N’estrasse tutta una serie di carte topografiche e foto satellitari, tutte attraversate da righe multicolori, alcune rette, altre con assurde circonvoluzioni, e simboli alchemici.

Sul retro, quei fogli erano tutti ricoperti da una fitta scrittura composta di simboli esoterici ed alchemici.

-         Fammi un po’ vedere, disse l’osservatore guardando attentamente i fogli, uno ad uno.

-         Aspetta che ti spiego..

-         Non c’è bisogno, li posso capire da sola.

-         Riconosci la scrittura?

-         Sì, è l’alfabeto di John Dee.

-         Ma tu chi sei?

-         Sono l’osservatore, ma non ha importanza.

L’osservatore portò una caraffa con tè freddo e due bicchieri, a lungo guardò le carte, lesse le note, chiese qualche delucidazione e seguì la ragnatela delle linee, finché i percorsi della navigazione non le furono chiari.

-         Interessante questa tecnica di navigazione attraverso il vuoto legante, l’ho capita!

-         Vuoto legante?

-         Sì, è questa l’area che attraversi, è la realtà quantica, lo spazio ed il tempo di Plank.

-         Non ho mai analizzato scientificamente la mia tecnica di moto e non conosco le parole che mi dici.

-         Non importa, ti traccerò una nuova via sulla carta, così potrai rientrare e volendo potrai anche tornare qui da me.

-         Davvero?

-         Sì, domattina traccerò la rotta, ma stasera sei mia ospite in questo inospitale futuro. Ti preparerò una buana cena, dormiremo e poi potrai ripartire. Qualche ora di compagnia, in cambio del mio aiuto, non mi sembra di chiedere molto.

-         Accetto volentieri, ma raccontami cosa è successo qui.

Mentre apparecchiava il tavolo della cucina le raccontò cosa era accaduto: il sole era divenuto sempre più caldo e aveva seccato lentamente, ma inesorabilmente tutto. Gli alberi erano morti, gli animali scomparsi, gli uomini se ne erano andati, e la torrida estate senza fine era ovunque. Il tempo era andato in confusione.

Avevano intanto scelto musica classica ed il cibo e le bevande erano strane, ma ottime.

-         A quale supermercato ti servi?

-         Il mio computer di casa fa le provviste, le fa letteralmente, trasformando l’energia, credo che usi l’energia solare, che non manca di questi tempi!

 

Dopocena ci fu anche una buona tazza di caffè fumante e questo aveva il giusto aroma e sapore, poi da una scatola di legno l’osservatore estrasse due lunghe e sottili sigarette che da sole s’accesero alla prima tirata e che furono fumate dalle due donne sedute su una panca di pietra fuori della casa davanti ad un incredibile cielo stellato.

-         Le costellazioni sono tutte fuori posto, sei sicura che siamo sulla terra?

-         Sì, è che il tempo s’è incasinato, te l’ho detto.

Si recarono poi a dormire e l’osservatore lasciò la sua stanza all’ospite.

Mentre stava per addormentarsi si chiese se questa visita avesse un senso, doveva per forza averlo, ma quale? Per lei il mondo del XXI secolo non aveva sorprese, con le carte della viaggiatrice avrebbe potuto seguire le vie psicogeografiche, ed andare anche lei indietro nel tempo, quando tutto era regolare. Ma questo poteva farlo anche da sola, senza alcuna carta, n’era proprio sicura, anche se non aveva mai provato, ma ne era proprio certa. Il senso di quella visita, allora? Conosceva forse il Tessitore, o il segreto della rosa? Oppure sapeva come raggiungere la Torre? Ma no, non era possibile, la torre si spostava continuamente e casualmente nel tempo e nello spazio, anche se poteva darsi che l’avesse incontrata nella sua navigazione attraverso il vuoto legante. A proposito, lei non sapeva neppure il nome degli spazi che solcava!

Si addormentò con questi pensieri e sognò di trovarsi su un vecchio treno a vapore che sbuffava inerpicandosi tra verdi colline. Con lei nella carrozza di ferro e legno, c’era altra gente seduta sulle panche, uomini e donne, e le sembrava di conoscerli tutti, ma più si sforzava di mettere a fuoco i loro lineamenti, più le sfuggivano i nomi, eppure li aveva sulla punta della lingua, cercava anche inutilmente di ricordare ove li avesse conosciuti. Sapeva che era ad un attimo dalle risposte, ma ugualmente non arrivavano….Il sonno si fece agitato ed al mattino l’osservatore era letteralmente a pezzi.

Mentre la sua ospite stava ancora dormendo si accinse a tracciare nuove coordinate sulle carte topografiche, dopo aver provato e riflettuto, segnò sicura il nuovo percorso, con una riga color oro – così sarà facilmente seguibile, pensò, in questo groviglio di linee colorate.

Guardò il nuovo sentiero che aveva aperto, di colore diverso dagli altri, e s’accorse che la nuova traccia ben s’armonizzava con le altre incasinate vie, sembrava il tratto mancante al raggiungimento d’un equilibrio pregnante. Ma aveva un senso tutto questo? Forse si, e forse era proprio questo il motivo della sua venuta.

Chiese pertanto al computer di mettere in memoria tutte le carte, le avrebbe studiate con calma nei prossimi giorni.

Con una tazza di caffè fumante svegliò l’ospite e prima che ripartisse, dopo esser stata ringraziata mille volte per l’aiuto, le chiese se durante i suoi viaggi nel vuoto legante avesse mai incontrato un’enorme torre nera a base quadrata e senza alcuna apertura apparente.

Lei raccontò d’averla vista una sola volta e d’aver anche segnato sulle carte il punto ove sorgeva, ma quando s’era recata nuovamente su quel sentiero, la torre più non c’era. Le disse che era segnata sulle carte con un quadratino nero attraversato da una X gialla.

Le chiese poi se conoscesse il Tessitore, che era del suo tempo, ed al computer ordinò di mostrare la sua immagine olografica. Nel bel mezzo della cucina apparve un bel giovane dell’età apparente di 35 – 40 anni, moro con i capelli tagliati corti a spazzola, con la barba e senza, vestito in giacca e cravatta poi in jeans e t-shirt.

-         Se l’avessi visto, me lo ricorderei, è proprio un bell’uomo! Ma perché t’interessi a lui?

-         Forse ha una qualche responsabilità per quello che è successo al tempo.

L’ospite poi assicurò che sarebbe tornata a trovarla, salii sul fuoristrada, mise in moto e ripartì in una nuvola di polvere.

Solo a fine giornata l’osservatore s’accorse che l’ospite aveva dimenticato in casa un piccolo cellulare color mattone.

L’accese ed ovviamente mancava la rete. Lo spense e lo infilò in un cassetto pensando – Prima o poi tornerà a riprenderlo, ora la strada la conosce –