- vittorio baccelli - i racconti -
fa parte e da il nome alla raccolta "mainframe"
MAINFRAME
C’erano interruzioni nell’erogazione dell’energia
elettrica,
e gli spegnimenti improvvisi dell’induttore
delta provocavano dolorosi ed improvvisi ritorni
alla coscienza.
(W.
Gibson)
Mi specchio nelle vetrine di Parigi con vero
compiacimento, il mio fisico è perfetto: gambe affusolate e scattanti sui
tacchi alti ma non troppo, il giro vita invidiabile, il piccolo seno ben
modellato, ma soprattutto il culetto, una autentica meraviglia, tonificato dalle
tre sedute settimanali al centro ginnico.
E mentre passeggio sul lungosenna tutto si fa
improvvisamente buio ed energia statica crepita intorno.
Mi ritrovo a Lucca nella mia mansarda di via dei
Borghi con sensazioni di straniamento.
Controllo l’interfaccia e tutto è operativo, anche
la scheda di lei è correttamente inserita, i led sono in posizione di attesa,
allora vi è stato un altro calo di tensione ed il programma s’è azzerato.
Lei non c’è più, se ne è andata un mese fa
portandosi dietro tutte le sue cose con l’unica eccezione di quel programma
personale che aveva registrato a Parigi prima che la conoscessi.
Molti non riescono ad utilizzare i programmi
personali registrati dell’altro sesso, ma per me non vi sono state difficoltà,
cioè qualche difficoltà l’ho trovata all’inizio, quando il software non
voleva saperne di farsi decrittare, ma infine sono riuscito ad aprirlo con
l’aiuto delle chiavi, chips di mia invenzione, ovviamente illegali.
Amo girare per Parigi nel suo bel corpo virtuale, in
questo programma che è più vasto e complesso di quanto avessi pensato
inizialmente e sembra non finire mai.
Sicuramente non è che l’abbia dimenticato in casa,
sono certo che me lo ha lasciato di proposito.
Era molto brava nel creare programmi sperimentali ed
aveva anche per un certo tempo lavorato con un gruppo di ricerca in una
multinazionale dell’informatica.
Sul tipo di ricerche condotte da quel gruppo era
sempre stata molto evasiva.
Sotto questa pioggia che sembra non finire mai, gli
sbalzi della tensione elettrica sono frequentissimi, soprattutto nel vecchio
quartiere cittadino ove abito, e creano lo spegnimento improvviso
dell’induttore delta provocandomi inaspettati e dolorosi rientri.
Per non rovinare il programma, e la mia mente che ad
esso è interfacciata, ho dovuto assemblare tutta una serie di dispositivi
d’emergenza, praticamente una frizione automatica che rallenta tutte le
azzerature prima del distacco definitivo.
Alla consolle ripristino i collegamenti, ed ecco
risono a Parigi, ma questa volta voglio uscire dal centro, prendere un taxi e
girovagare nei dintorni, devo mettere alla prova le memorie per vedere fin dove
arrivano.
Dallo zainetto estraggo il portamonete, cerco una
tessera di credito e vado verso il bancomat più vicino.
Passo la tessera nella fessura dello scanner,
appoggio l’occhio destro al supporto per la lettura della retina e digito
duecento euro.
Intasco le banconote e faccio cenno ad un taxi.
A quel punto la realtà pare frantumarsi, il
programma sembra avere un sobbalzo, il set si distorce, come se qualcuno o
qualcosa si fosse inserito nella matrice.
L’ICE automaticamente s’attiva ed un’ombra
fugge via veloce, ma qualcosa è stato lanciato, forse un virus cibernetico di
sabotaggio, autoreplicante: scorgo lampi d’attenzione che s’attivano.
I dispositivi di sicurezza in tempo reale mi
riportano alla consolle, stupito che un programma personale possieda un ICE così
sofisticato e riesco a bloccare ciò che stava attaccando l’ICE per penetrare
o anche distruggere il programma, o forse è stato l’ICE stesso a
neutralizzare il virus.
Ho sempre maggior rispetto per questo programma che
trovo sempre più inaspettatamente complesso, lo compatto e lo riverso in una
memoria solida che ha una blindatura militare, di quelle praticamente
impossibili da aprire e quasi altrettanto impossibili da reperire.
L’avevo acquistata più di un anno fa per pochi
euro in una bancarella di cianfrusaglie a Roma: mi ero incuriosito dallo strano
aspetto di quel circuito integrato a forma di cubetto ed anche il venditore mi
disse di non sapere cosa fosse.
Cosa in realtà fosse l’ho scoperto ad una
settimana dall’acquisto dopo averlo sottoposto a numerose prove, poi il
cubetto era finito in un cassetto e pensavo che non avrei mai avuto
l’opportunità di utilizzarlo.
Passano delle ore prima che il programma venga
compattato ed interamente riversato, penso che questo sia indicativo della sua
complicatezza, tra l’altro la memoria solida è quasi satura ed ha una capacità
talmente elevata che non sono mai riuscito a misurarla.
Inserisco il cubo nell’elaboratore, si accendono i
led dell’induttore delta, poi l’interfaccia emette un basso ronzio, ed
eccomi di nuovo a Parigi nel suo corpo, il taxi se ne è andato, cerco di
ricordarmi che sono solo rappresentazioni, che sono nel programma di lei, solo
interfacciato ad esso, mentre è il simulatore di matrice a generare
l’illusione.
Attraverso la strada e mi dirigo verso un giardino
pubblico, mi siedo su una panchina e lascio che il sole mi riscaldi.
Passa un venditore ambulante di quotidiani ed
acquisto Liberation, la data è di sei mesi fa, mi metto a leggere vecchie
notizie in francese, accendo una sigaretta, accavallo in maniera provocante le
mie belle gambe.
Mentre sono lì beato (beata) ancora una caduta di
tensione mi riporta nella mansarda.
La casa è vuota da quando lei se ne è andata, le
luci seguitano a tremolare e continua la pioggia, l’e-mail lampeggia una
listata di messaggi che ignoro.
Prendo l’ombrello ed esco per una pizza, al rientro
frugo nuovamente la casa da cima a fondo alla ricerca di una sia pur minima
traccia di lei.
Non ne trovo, solo il programma che adesso ho
duplicato, testimonia il suo passaggio.
Seguita a piovere e s’è fatta notte, mi sdraio sul
letto e ripenso ai bruschi rientri della giornata maledicendo il vecchio
impianto luce che contrasta con i miei complicati apparati elettronici,
progettando mentalmente un serio stabilizzatore quando all’improvviso il sonno
mi prende.
Istantaneamente mi trovo nella camera in affitto di
lei a Parigi a pensare che l’indomani partirò per l’Italia e m’incontrerò.
Il pensiero mi eccita e mi confonde.
Intanto nella mansarda il computer di casa diffonde
musica classica in sottofondo ed attiva l’ologramma del cielo stellato sul
soffitto della camera.
Fuori la pioggia seguita insistentemente a cadere.