-          vittorio baccelli – i racconti – terzo sigillo –

 

 

 

 

 

MARIO ROSSI

 

Chiamarsi come mi chiamo io è una autentica jattura, pensate mi chiamo Mario Rossi, secondo le statistiche il mio è il nome più comune in Italia. Dicono che le statistiche sono una bufala, e può darsi che sia anche vero, ma non nel mio caso. Di Mario Rossi personalmente ne conosco una diecina, ed anche se abito in una piccola città, sull’elenco telefonico, vi giuro ce n’è un’intera listata. L’avere questo nome mi ha già procurato un sacco di casini, posta recapitata a qualcun altro, cartelle esattoriali non mie che mi sono state notificate, problemi all’anagrafe quando richiedo un documento, ed altre piacevolezze del genere. Proprio a me doveva capitare d’avere il nome ed il cognome più comuni in Italia, è una disgrazia, come chiamarsi John Smith in America.

Ormai, però, mi sono abituato alla confusione anagrafica e tiro avanti lo stesso meglio che posso, ma sentite un po’ cosa è capitato ad uno dei miei omonimi proprio in questi giorni.

Il Mario Rossi di cui voglio parlarvi e che sicuramente avrà subito nella sua vita tutte le conseguenze legate al suo nome, come le ho subite io, aveva cinquantotto anni, faceva come me il commercialista ed abitava anche lui in centro.

Era divorziato dalla moglie ed abitava da solo conducendo una vita da scapolo, alle sera cessava d’utilizzare il computer come strumento di lavoro e si divertiva a chattare nella rete cittadina. Quella sera era in casa sua, come tutte le sere, davanti al monitor, con le dita sulla tastiera.

-         Hai sentito di Mario?

-         Mario chi?

-         Quello col motorone giapponese.

-         E che ha fatto?

-         Si è schiantato verso le 20 a duecento contro un platano sulla via del Brennero, il bello è che lì c’è il limite di cinquanta.

-         Ma dove stava?

-         Proprio in città.

-         Sai che lavoro faceva?

-         Il commercialista.

-         Stava in città, ma dove?

-         Non lo so, io lo conoscevo solo di vista. Aspetto ora chiedo agli altri se sono più informati di me.

-         Non importa, lascia perdere.

Mario cambiò interlocutore, a lui degli incidenti proprio non fregava nulla, chattava per il piacere di chiacchierare e di sapere qualche nuovo pettegolezzo, di questi tempi era proprio il Sindaco con le sue avventure galanti, o presunte tali,  ad essere nell’occhio del ciclone. E poi c’era una casa d’appuntamenti con delle belle straniere proprio a Sant’Anna e lui voleva sapere l’indirizzo giusto.

Ma anche il nuovo interlocutore raccontava particolari sull’incidente, era questa la notizia del giorno.

Mario si lasciò scappare una banalità – Questi giovani, se fossero più prudenti…

-         Ma che dici, Mario aveva quasi sessant’anni.

-         Pensavo fosse il solito sbarbatello del sabato sera, normalmente sono loro che ci lasciano le penne per la troppa velocità.

-         No, questo era proprio anziano.

-         Anziano? Anch’io ho quasi sessant’anni, ne ho cinquantotto ed ho pure una moto giapponese, di quelle che filano come razzi, ma la so tenere a bada, io.

Cambiò persona, ma inutilmente, oggi nella chat cittadina non c’era proprio da divertirsi, tutti a parlare dell’incidente, che palle!

Disgustato spense tutto ed uscì, si recò nel pub, che era proprio sotto casa sua, ad un’ora per lui insolita, normalmente ci andava verso l’una a farsi una birra o uno spumantino, e perché no, quattro chiacchere se capitava qualcuno che conosceva.

E se era anche fortunato, sempre nel pub incontrava qualche vecchia amica (qualcuna neanche tanto vecchia) e la rimorchiava a due passi da lì, proprio a casa sua.

-         Uno spumantino.

E si sedette al suo solito tavolo a ridosso della parete. La musica era già a pieno volume anche se il locale era stato appena aperto e gli avventori si contavano sulle dita di una mano. Si disse “meno male qui dal casino si parla a malapena e poi i clienti che normalmente qui capitano hanno altro da pensare che agli incidenti”.

Una ragazza bionda con pantaloni lunghi aderentissimi ed un top rigorosamente nero che lasciava scoperto l’ombelico con un piercing lo stava fissando. Quando gli sguardi s’incrociarono, lei accennò un sorriso e si avvicinò al suo tavolo.

-         Posso?

Mario pensò “che schianto, se mi riesce me la porto a letto subito”.

-         Ma certamente, accomodati.

-         Sei Mario, vero?

-         Ci conosciamo?

-         Non si risponde ad una domanda con un’altra domanda.

-         OK, come preferisci, sì, sono Mario. Prendi qualcosa?

-         Volentieri, uno spumantino.

-         Ne ho ordinato uno anch’io, ma qui servono sempre quando gli pare a loro. Stasera poi è anche presto e sembra che non abbiano ancora cominciato a lavorare.

-         Aspetta qui, che ci penso io.

Lei si alzò, andò dietro il separè che si trova oltre il bancone e, dopo qualche istante riapparve con un vassoio con due coppette di spumante ed una ciotolina di noccioline.

-         E’ secco, spero ti vada bene.

-         Perfetto, lo prendo quasi sempre secco.

-         Come mai stasera sei venuto così presto, normalmente ti vedo arrivare sul tardi.

-         Vedi che mi conosci!

E pensò anche “questa mi ha già occhiato, stasera me la faccio sicuramente”

-         Dai rispondimi.

-         Il motivo per cui sono venuto presto? Te lo spiego, dopo cena normalmente ho voglia di chattare nella rete cittadina, ma stasera stavano tutti a parlare di quell’incidente di moto e me degli incidenti non frega un tubo, così sono venuto qui con qualche ora d’anticipo, con la speranza di fare buoni incontri, e ti giuro sono soddisfatto per come sta andando la serata.

-         Scherzi sempre, ma tu il morto lo conoscevi?

-         Non lo so, non ho capito chi fosse, però penso di sì, qui in città ci si conosce tutti.

-         Si chiamava Mario, era un bell’uomo, stava in centro, faceva il commercialista, era vicino ai sessanta ed aveva una di quelle grosse moto giapponesi.

-         Questo lo sapevo già anch’io. Sai quanti Mario abitano in città? E quanti fanno il commercialista? Io ne conosco almeno sei o sette.

-         E di loro quanti hanno una moto giapponese?

-         Fammi pensare, qui il campo si restringe: ne conosco solo due.

-         Fanno tre con te, anche tu hai una moto giapponese.

-         E’ vero.

-         E che sono vicini alla sessantina?

-         Dunque…tutti e due quelli che conosco dovrebbero aver passato i cinquanta già da un po’.

-         Lo sai che abitava proprio qui in via Pelleria?

-         No, me lo stai dicendo adesso.

-         In via Pelleria al numero 23.

-         Non è possibile, al 23 ci sto io.

-         E tu hai cinquantotto anni, fai il commercialista ed hai la moto giapponese.

-         Scusa sai, ma che vorresti dire, che il morto sono io? Me ne sarei accorto, non credi?

-         Non ne sarei tanto sicuro, perché non provi ad ordinare altri due spumantini?

-         PIERO! Due spumantini secchi!

Piero non lo guardò neppure, era troppo occupato a sorridere ad una cliente che se ne stava appoggiata con tutti e due i gomiti sul bancone e che cercava di sporgere il più avanti possibile i suoi due seni che strabordavano dall’ampio scollo.

-         PIERO! MI SENTI!

Disse alzando la voce, ma il barista non lo degnò d’uno sguardo preso com’era dalla cliente, proprio in quel momento la cameriera passò davanti a lui e Mario le tirò leggermente il grembiule di pizzo che indossava sotto un tubino che le copriva appena le mutandine.

Lei si girò perplessa, si guardò intorno e proseguì verso gli altri tavoli.

-         Che ti avevo detto, tu non sei qui.

-         Scusa, ma dove cazzo dovrei essere?

-         Sei all’obitorio, dietro l’ospedale.

-         Mi state prendendo tutti in giro, cos’è uno scherzo?

Si alzò di scatto, prese per mano la ragazza e la trascinò verso la porta a vetri.

Entrambi attraversarono la porta si ritrovarono fuori nella piazzetta. Solo allora Mario si rese conto che avevano realmente attraversato la porta, senza aprirla.

Si girò ed alle sue spalle la porta era ancora chiusa, era sempre stata chiusa, lei lo guardò nuovamente sorridendo.

-         Beh! te l’avevo detto, no? Muoviamoci la notte è appena cominciata, stasera ci divertiremo proprio.

Mario non rispose e per mano si lasciò condurre da lei, ma dove?