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vittorio baccelli – i racconti – terzo sigillo –
MAURONE DETTO IL GUARDONE
Sono con Edvige sul mio modulo di trasporto, siamo in piena estate e le ventidue sono passate da poco.
- E ora dove mi porti?
- In campagna trai prati, non vorrai mica rintanarti in casa?
- Si, ma dove?
- In quel posto dove siamo già stati altre volte.
- Quello sorvegliato da Maurone?
- Sorvegliato, che parola grossa, è di sua proprietà.
- No, sorvegliato.
- Va bene, proprio quello, tanto è tenuto sotto controllo da Maurone e li non ci rompe i coglioni nessuno.
- A parte lui che sbircia, sarà anche tuo amico, ma è pur sempre Maurone il Guardone.
- Sbircia, ma protegge le coppie degli amici, e se non sei suo amico ti manda via: per questo è un posto sicuro.
Edvige si lamenta un po’, dice che non le piace esser guardata da estranei mentre fa l’amore, ma poi si cheta. Allora le ricordo che ci siamo già stati un sacco di volte, e che anche i nostri amici vanno sempre lì quando vogliono farlo in camporella. Gli ricordo anche che diverse volte ci siamo andati per fumare, ed abbiamo anche chiamato Maurone a fumare con noi, non solo abbiamo anche fatto degli spuntini notturni in quel campo e con lui presente.
Lei acconsente, è meglio andare sul sicuro di questi tempi, mi fa: ”Hai sentito di quel clone che è impazzito al campo giochi? Ha ucciso due bambini col suo uncino e l’altro giorno una coppia è stata ritrovata tutta squarciata in un parcheggio abbandonato di un opificio chiuso da anni. E di lui nessuna traccia.
Le dico che l’ho sentita questa storia alla TRI-TV, del clone di Capitan Uncino impazzito.
Intanto inserisco la guida automatica ed il modulo viaggia verso il prato di Maurone che ha in memoria, imboccando una strada sterrata ma ben tenuta, senza buche, che scorre lungo campi coltivati a soia.
Mentre viaggiamo le alzo la minigonna, lei è senza mutandine, le accarezzo il soffice pelo ricciolino, quel suo triangolino nero che amo tanto.
Il modulo si ferma, siamo arrivati al prato, e le faccio:
- Usciamo?
- Ma sei matto? Non mi sento per nulla sicura stasera, neppure qui, ti prego restiamo nel modulo, e chiudi i finestrini.
Chiudo i finestrini, avvio l’aria condizionata, abbasso i sedili. La sdraio e le sfilo la camicetta, sono tutto concentrato sui preliminari, quando lei mi fa:
- Che è stato?
- Io non ho sentito nulla.
- Ho udito uno schiocco e dei fruscii.
- Sarà Maurone.
- No, lui non si fa mai sentire. Magari vedi il suo volto al finestrino, ma di rumore non ne ha mai fatto.
- Il fatto è che sei tesa.
- Torniamo a casa.
- Ma non ci penso neppure.
La ritiro giù ed incomincio a succhiarla. Mi sfilo i pantaloni e sono nell’attimo in cui la penetro. Lei all’improvviso, di colpo mi sposta e si alza.
- Andiamo via, ho paura.
- Ma non c’è niente.
- Ho visto in lontananza un’ombra avvicinarsi a salti e c’era qualcosa che luccicava alla luce della luna. Ti prego, andiamo via.
La guardo attentamente. E’ veramente terrorizzata, ha gli occhi sbarrati e la bocca contratta. Io sono tutto arrapato e mi girano i coglioni: la rimetto giù bruscamente e la penetro all’improvviso. Incontro una forte resistenza, non solo la bocca è serrata.
Dopo alcuni istanti lei emette un grido, contemporaneamente scorgo anch’io dal finestrino qualcosa che luccica e si muove velocemente, al che sono preso pure io dal panico ed urlo <MODULO EMERGENZA CHIUSURA PARTENZA VELOCE EMERGENZA!!>
Istantaneamente il modulo lampeggia con tutte le sue luci, bloccando ogni serratura, innesca la sirena e scatta via a tutta velocità.
Ululio di sirena, rombo di motore a pieni giri ed uno schiocco come di metallo che si lacera. Dopo pochi minuti il modulo imbocca la statale e solo allora gli faccio riprendere l’assetto normale. Le luci e la velocità ritornano quelle consuete, mentre la sirena si spegne, solo allora ci rivestiamo in silenzio e ci rendiamo conto che a tutti e due è passata la voglia d’amoreggiare.
- Riportami a casa.
- E dove credi che stiamo andando?
- Madonna, che spaghetto!
- Ci siamo lasciati prendere dalla paura.
- Diciamo dal panico.
- Si dev’essere spaventato pure il modulo, è partito così a razzo che temevo si fosse rotto qualcosa.
- Però c’era veramente qualcosa che non andava, non può esser stata solo suggestione, una fifa così boia non l’avevo mai provata.
- Ed hai contagiato anche me e pure il modulo, hai visto che schizzo che ha fatto? Siamo fuggiti tutti come conigli, e con ogni probabilità non c’era alcun reale pericolo e quello che abbiamo visto era solo Maurone. Può anche darsi che l’abbiamo urtato quando il modulo è schizzato via all’improvviso, molto probabilmente ora sarà lui ad essere terrorizzato.
- Un po’ per uno.
- Va bene, domattina passo da lui e gli chiedo se è successo qualcosa di strano, e lui mi risponderà che gli strani eravamo noi due, strani ed in totale paranoia. Poi mi chiederà quanta neococa abbiamo tirato, e mi ricorderà che i tossici lui nel suo campo non li vuole.
- Speriamo che tu non lo trovi con qualche osso rotto!
Ormai la tensione s’è allentata e la riaccompagno a casa, poi guido manualmente il modulo fino alla mia abitazione. Scendo, gli dico di parcheggiare e mi dirigo sparato verso il letto.
Al mattino mi risveglio con le ultime notizie locali della TRI-TV ed esterrefatto apprendo che un giovane di nome Mauro Ottolini, conosciuto dagli amici come Maurone il Guardone, è stato trovato con il corpo totalmente dilaniato, in campagna, nel bel mezzo di un prato di sua proprietà, che lui abitualmente frequenta da solo o con gli amici. Si pensa che tutto ciò sia opera del clone impazzito.
Cazzo, penso, ma non l’avrò mica fatto fuori io? Scendo di corsa dal letto e mi rendo conto che sono sempre vestito, è vero, ieri notte mi sono buttato a dormire senza neppure spogliarmi. Corro fuori verso la rimessa per vedere se sul modulo ci sono tracce dell’impatto, cazzo! se l’ho ammazzato, ammaccature e sangue ci dovranno pur essere. Ripenso a quello stridio metallico che forse ho sentito al momento della partenza a razzo. Entro nella rimessa, guardo attentamente il modulo, sembra tutto OK, poi passo alla parte posteriore, giro intorno e, stupefatto vedo infilato un uncino d’acciaio brillante nel cofano posteriore. Attaccato all’uncino metallico c’è un moncone di arto strappato con brandelli di carne, nerastra per il sangue raggrumato, e schegge bianche d’osso che sporgono dai grumi neri.
Prendo una sigaretta e l’accendo, rifletto sul pericolo corso e sento che le gambe a stento mi reggono. Mi appoggio alla parete, mi ricompongo, da un pianale sospeso prendo un paio di guanti da giardinaggio, me li infilo, sfilo dal cofano l’uncino incastonato nella materia organica, lo getto assieme ai guanti nella vicina bocca inceneritrice, mi rivolgo poi al modulo e gli comando <VAI ALLA CARROZZERIA AUTOMATICA RIPARAZIONE ISTANTANEA E LUCIDATURA POI TORNA QUI>
Il modulo accende il motore, lentamente esce dalla rimessa e s’immette nella strada.