NEL BOSCO, IN UNA NOTTE DI MEZZA ESTATE

 

Lo "sminuzza-sminuzza" quella sera stava andando bene.

Le cime rosse e le foglioline verdi emanavano un odore simile a quello del rosmarino, per quanto fosse una sostanza diversa.

Le cartine crepitavano e il cilindretto intanto prendeva forma.

Aveva introdotto la regola del "chi arriccia, appiccia", che era nuova per gli amici greci di Danielle, ed anche se lei aveva soltanto 16 anni, ai suoi amici non sembrava importare molto, a loro sembrava un sogno che una ragazza avesse deciso di comprarne abbastanza per tutti e quattro.

La prima voluta di fumo liberata nell'aria, fu assaporata da tutti quanti, mentre Danielle tornava subito ad accostare il filtro alle labbra: si serravano intorno, diventavano rigide, si contraevano, e il loro spessore diminuiva mentre aspirava.

Tolse la nuova sigaretta dalle labbra e il fumo fece capolino un momento per sparire nuovamente giù nei polmoni.

Tossì leggermente.

Quando finì di fumare, Danielle non sapeva trattenere un sorriso stampato sulle labbra.

Sapeva che non era reale quello che provava, ma se avesse voluto, avrebbe potuto far levitare le sue braccia, e un lieve terrore di non avere il controllo del suo corpo si impadroniva di lei, ma in fondo, anche quello era piacevole.

Aveva sete, tutt'a un tratto se ne accorse.

Aveva la gola secca.

Anzi era una propria e vera arsura quella che sentiva. Sembrava che avesse della sabbia depositata dove deglutiva: sabbia bollente.

 Si dispersero nel bosco, Dimitri era con lei, le piaceva e lo teneva per mano, giocava a nascondino con gli altri due ragazzi, sperava che anche tra la sua amica e l'altro ragazzo di cui non ricordava il nome nascesse qualcosa, magari per la magia della natura di notte, o qualche cazzata simile, che si dice il mattino dopo.

I suoi pensieri erano un fiume, un torrente in piena.

Fluivano con impressionante velocità nel registrare quello che provava, ma non nell'arguzia.

Ogni pensiero, ogni singola parola, scatenava miriadi di altre memorie, tanto che perdeva il tempo e una frase che era stata pronunciata due minuti prima, a lei sembrava uscita di bocca pochi secondi fa, ma non rispondeva, anche se continuava a girarle per la testa e rimbalzarle, senza finire, come un'eco tra le pareti rocciose.

Rientrò a casa ma aveva il corpo pervaso da uno strano formicolio e una energia che l'avrebbe fatta continuare a correre come quando era nel bosco.

Si accorgeva che le veniva fame, una sensazione ben diversa da quella solita che provava di giorno, questo tipo di fame non riusciva a controllarlo, e le venivano le voglie più disparate a quell'ora di notte: come un succoso hamburger al sangue, oppure voglia di polpette, fatte col macinato, come quelle della tata in Francia: talmente morbide che quando le tagliavi, ed erano ancora calde, si scioglievano in bocca.

Ma più di tutto aveva ancora sete.

Voleva dell'acqua per placare il bruciore, come aveva fatto con la fontanella in paese.

A proposito, ora si trovava a casa, come ci era arrivata fino lì?

Come aveva fatto a salire le scale?

Aveva dimenticato che Dimitri le era stato accanto e non l'aveva salutata fino a che non gli aveva chiuso la porta in faccia, rischiando di risultare scortese, cosa che doveva cercare di cancellare dal suo carattere, doveva affrontare troppe cene formali alle ambasciate e troppe volte doveva ancora andare da nobili e personaggi influenti col padre, per poter perdere le buone maniere.

Poi si addormentò mentre il suo cervello continuava a funzionare e a sfornare idee come un bambino eccitato che fa domande in continuazione.

 

Il giorno dopo, quando Danielle si svegliò, riconobbe nell'aria e nel modo di parlare di alcune donne, che col loro vociare l'avevano svegliata, una certa tensione.

Si affacciò prima al balcone, senza farsi notare, poi dalla finestra della cucina gettò uno sguardo in cortile; tutta la gente del condominio dov'era in villeggiatura con la contessa, un'amica di famiglia che aveva deciso di accompagnare in vacanza Danielle, sembrava fortemente agitata.

Solamente dopo circa dieci minuti, mentre origliava una conversazione tra la signora che aveva lo spaccio proprio sotto il suo balcone e un'altra anziana, apprese che Silvia non era tornata a casa, e quando l'avevano trovata, la mattina presto, era svenuta, aveva gli abiti strappati e le unghie erano sporche di terra o addirittura spezzate, come se avesse lottato.

Quel giorno, la contessa, divenne insopportabile.

Non le permise di scendere al mare, se non in sua presenza, nè di allontanarsi dal giardino.

La situazione peggiorò quando, nel pomeriggio, si seppe che nemmeno il quarto ragazzo era tornato a casa e non si sapeva nemmeno dov'era.

La contessa Marienne la assillava con le domande, voleva sapere dov'erano state, per quanto tempo cos'era successo la sera prima ecc.

Intanto erano cominciate le ricerche nel bosco.

Le piaceva, quando poteva e non era a scuola, seguire il padre nei suoi impegni diplomatici.

Trovava la scuola privata a cui era iscritta per niente stimolante intellettualmente, seguire il padre invece la divertiva perché poteva imparare da lui come districarsi e rispondere alla stampa, anche quando le domande sono molto ostiche.

Gli argomenti che le interessavano maggiormente erano "come parlare senza dire niente" e poi "rispondere alle domande dicendo solamente cose che si sanno già" salvaguardando i propri interessi.

Con la contessa tutto questo non funzionava: non poteva trincerarsi dietro un no comment.

Preferiva rispondere e magari saltare qualche passaggio della serata...soprattutto quelli  che potevano metterla in cattiva luce.

Si erano divisi nel bosco mentre giocavano a nascondino e poi non si erano più trovati; non era tutta la verità, ma ci assomigliava, e questo era tutto quello che potevano digerire i greci e chiunque non fosse con lei quella sera.

Almeno finchè non avrebbe fatto luce su quei fatti.

Uscita indenne dall'interrogatorio della contessa, e dopo aver pronunciato con l'aria più innocente che le riusciva e per decine di volte: "Oui Manè!"  che era il modo in cui chiamava affettuosamente la contessa Marienne, sentiva di aver perso qualcosa come un chilo. Faceva un caldo intenso quel giorno, o magari era la rabbia per l'impotenza di quel momento e il fatto di essersi sorbirta un discorsetto della contessa (i suoi non erano mai discorsetti, sembravano più sermoni!) che le imperlava la fronte di sudore.

Dopo la cena, si ritirò sul balcone che si affacciava sul mare, era il momento di fare il punto della situazione prima di agire.

Silvia era in ospedale, ma l'avevano trattenuta solamente per accertamenti, dato che era stata trovata svenuta e in uno stato tale per cui si temeva che avesse subito violenze, l'altro ragazzo che era con lei nel bosco la sera prima, non si sapeva dove fosse, le ricerche nel bosco andavano avanti e lo stavano perlustrando tutto, anche se, presto avrebbero dovuto sospendere per il buio, ed allora avrebbe continuato lei, non sapeva come mai, ma era sicura che se ci fosse tornata, avrebbe scoperto più cose di quanto potessero fare le ricerche .

Quel giorno non aveva visto nemmeno Dimitri, ma era un bene.

Non poteva che procuragli danni far sapere a tutta la gente del condominio che usciva con un greco, tutti i curiosi si sarebbero riversati su di lui; lei poteva far finta di confondersi e non capire bene il greco, anche se era una delle tre lingue che conosceva a 16 anni, ma non Dimitri.

Aveva imparato dal padre, un diplomatico italiano che risiedeva in Francia, come muoversi quando c'erano situazioni a rischio e aveva imparato anche come riconoscere e schivare le "mine vaganti" della situazione: e in questo caso Dimitri era una bomba  innescata vagante, avrebbe potuto dar sfogo alla lingua, se messo alle strette.

Suo fratello l'avrebbe aiutata, lo avrebbe costretto se non avesse accettato di buon grado e visto che solamente lui poteva uscire senza la contessa alle calcagna, perché era più grande, l'avrebbe aiutata ad uscire di notte, dalla sua stanza, senza farsi sentire.

Verso l'una di mattina, Danielle i sassolini che suo fratello stava tirando in direzione della sua finestra.

Non era stato puntuale, aveva un ora e mezzo di ritardo, ma aveva anche la scala che gli aveva chiesto, alta dieci metri; così potè scavalcare il parapetto per scendere.

Girò dietro la capanna degli attrezzi che era nel giardino del loro condominio e ne uscì con due torce elettriche funzionanti, le aveva nascoste lì, preventivamente, prima di andare a coricarsi.

Si diressero verso il bosco dov'era stata la notte precedente, e arrivati al punto da cui i suoi ricordi cominciavano a diventare fievoli, si divisero.

Fu suo fratello ad avvistare il corpo di Iorgo: il ragazzo scomparso.

Era dentro un pozzo fatto di pietra e profondo solamente due o tre metri.

Danielle puntò la sua torcia dentro il pozzo, prima di entrarvici.

Iorgo era riverso su se stesso come se si fosse seduto e poi addormentato.

Per un attimo, sembrò sperarci.

Danielle gli spostò la testa: aveva gli occhi ancora aperti a fissare qualcosa di indefinito, ed era senza scarpe, come se fosse rilassato quando era morto.

Del sangue gli era fuoriuscito dal naso, e ormai era raggrumato in una piccola chiazza agli angoli della bocca.

Era morto, ormai da molte ore.

Forse aveva passato tutto il giorno, addirittura, in quel pozzo.

Mentre stava facendo queste considerazioni la torcia di Danielle si spense.

Riuscì a malapena a chiedersi come fosse successo, quando intravide qualcosa di luminoso attraverso i rami.

Il fratello di Danielle accese la sua torcia nella direzione in cui aveva visto qualcosa, ma tutto quello che ottenne fu di far svolazzare un gruppo di passeri verso di loro.

"Spegni quella luce!" Gli intimò Danielle.

"Passeri a quest'ora della notte?" Gli chiese suo fratello insospettito.

Danielle non l'ascoltò, vide nuovamente quella cosa luminosa e uscì dal pozzo e prese quella direzione.

La luminescenza si accentuava e lei ne era talmente attratta da non udire nemmeno suo fratello che la chiamava indietro.

Appena lasciatasi alle sue spalle il pozzo e oltrepassata una siepe vide una donna: era completamente bianca, ed era lei che emanava luce.

Era rassicurante, senza dubbio, e quando Danielle entrò nell'alone della sua luce, sentì una piacevole sensazione di calore.

La sua pelle lattea e la figura della donna era quasi evanescente, non sapeva se riusciva a vederla davvero o fosse frutto della stanchezza del giorno.

Sopra la sua testa, volavano tranquillamente alcuni passerotti, come quelli che aveva visto prima, come se fosse giorno e si divertissero giocherellando tra loro, in buffi arzigogoli.

Danielle controllò le sue fattezze: aveva i seni scoperti, non erano tanto grandi, ma erano tondi, cercò anche di controllare se impugnava qualche arma, ma non aveva niente in mano.

Il ventre era piatto e ben modellato, e poi abbassando lo sguardo, vide che anche il suo sesso era completamente scoperto.

Solamente i piedi erano cinti da stranbi sandali chiusi da un intreccio di fili sul dorso del piede.

La guardò negli occhi e provò una sensazione mista a paura, e la vocina della brava ragazza sedicenne che era in lei le consigliò di andarsene.

"Sei venuta a me, perchè ti ho chiamata!" Disse la figura della donna.

Stava per formulare una domanda quando la donna le rispose:"Non importa che tu sappia chi sono!"

Danielle la guardò negli occhi, ma subito il suo stupore se ne andò per lasciare campo aperto ad un'orrida visione: tanto marciume che lentamente si propagava, come un esercito di beghi che avanza contrcendosi, ma poi sparì immediatamente.

"Mi serve un favore!" le disse la figura. "Devi portarmi quel ragazzo che è venuto con te!"

Danielle sapeva che non ci sarebbe riuscita, ma la donna le diede una dimostrazione.

"Sì che ci puoi riuscire!" Disse con tono calmo. "Guarda nella tua mano!"

Si ritrovò in mano un temperino, e stranamente sapeva anche cosa doveva fare, qualcosa le diceva di sfregiarsi una gamba, le appariva naturale in quel momento farlo, non c'era altro che avrebbe fatto più volentieri, e si tagliò senza pensarci.

Il sangue le colò lentamente lungo la gamba, guardò la sua opera per un momento poi non si curò nemmeno del taglio.

"Brava! Ora farai quello che ti dirò!"

Danielle non parlò, una parte del suo cervello sembrava incantata dalla figura.

Ruotò un piede per tornare dal fratello e portarlo dalla donna ma istintivamente si girò e i suoi occhi cercarono nuovamente quelli che la comandavano, e questa volta la sensazione di nefando fu molto più netta, la luce che emanavano era spenta e funerea: quegli occhi li aveva già visti quando aveva guardato Iorgo poco prima, ma questo non le impedì di pensare che non doveva tradire la donna che aveva davanti.

Riuscì ad uscire dall'alone di luce, che le si staccò di dosso, scivolando, come se fosse acqua.

Ora poteva distinguere chiaramente la trasformazione di quell'infelice apparizione: gli occhi della donna non esistevano più, erano diventate due orbite vuote. La pelle le si bucò strappandosi e lacerandosi da dentro e intorno ai seni le crebbero delle foglie di edera fino a formare una sorta di reggiseno.

Per poco un serpente riuscì a morderla all'interno coscia: i lacci dei graziosi sandali che aveva visto calzare poco tempo prima erano diventati serpenti che si andavano attorcigliando dalla caviglia fino al polpaccio, e con la testa protesa in avanti, sferravano veloci e rabbiosi morsi all'aria, soffiando come gatti.

I passerotti che volavano sopra la testa dell'apparizione diventarono dei pipistrelli, e alcuni le volarono contro, cozzandole contro il corpo.

Danielle tornò al pozzo di corsa, sperando di ritrovare il fratello; per fortuna non se n'era andato, la stava aspettando vicino al cadavere di Iorgo.

Si allontanarono correndo, anche se suo fratello non sapeva ancora cosa aveva visto;   lei continuava a udire il dolce e sensuale richiamo di quella creatura che sapeva "parlare" alla sua volontà, ed era riuscita perfino a piegarla per un momento facendola tagliare.

 

Danielle aprì gli occhi e le sembrò di aver fatto un viaggio intergalattico.

Era di nuovo a LaRochelle in Francia, dove passava le vacanze di Natale, ogni anno con suo marito e la figlia Linda di due anni.

Doveva essersi assopita dopo aver fatto l'amore con Alessandro: suo marito.

Si pizzicò per sentire se era sveglia o stava di nuovo sognando pur essendo psicologa, quel rimedio era forse l'unico modo per capire quale fosse la realtà, era ancora senza indumenti sotto il piumone, come quando si era addormentata.

Erano passati sedici anni da quell'esperienza, e la sua mente aveva deciso di riproporgliela soltanto ora.

Forse era stato il pomeriggio e i racconti dei ricordi della giovinezza a metterle in moto il cervello .

La contessa Marienne aveva ormai raggiunto la veneranda età di 57 anni, e non era più in grado di viaggiare come un tempo, l'unica consolazione che le restava era ricordare con Danielle, la sua amata pupilla, i vecchi tempi, di quando era una ragazzina e durante l'estate le faceva da mamma.

Si ricordava che non dormì quella notte, in Grecia, e volle far ritorno a casa solamente quando cominciava ormai ad albeggiare e poteva essere rischioso restare ancora fuori perchè la contessa si stava per svegliare: solamente loro due conoscevano le sue quantomai bizzarre abitudini. 

Silvia fu dimessa quel giorno dall'ospedale e disse di essersi perduta nel bosco, come aveva ipotizzato Danielle, e di essere stata inseguita dai lupi.

Soltanto in privato le ragazze scoprirono di aver visto la stessa donna circondata dalla luce lattea, dotata di quella capacità di piegare la volontà altrui.

Iorgo fu trovato la mattina dopo dalla squadra di ricerche, che aveva ripreso quando si era fatto ormai giorno: quello fu un giorno di lutto cittadino.

Dimitri sembrava frastornato da quanto era successo, forse era perseguitato dal senso di colpa per aver lasciato Iorgo da solo, nel bosco, quella notte.

Danielle lo cercò a casa e al bar che di solito frequentavano, ma lui non si fece vedere in nessuna delle occasioni; partì tre giorni dopo per Salonicco, dicendo di aver trovato un lavoro come operaio in un cantiere navale, Danielle non lo rivide più in quella cittadina della penisola Calcidica.

Guardò Alessandro: dormiva profondamente.

Allungò la mano per accarezzarlo, poi decise di andare a controllare se Linda dormiva tranquillamente, lasciando perdere il ricordo di quell'estate da sedicenne.

 

Lorena Lippi