- vittorio baccelli - i racconti -

- per la prima volta su "la città sottile"-

ACCADDE UNA NOTTE



Il suono del campanello mi coglie in piena notte mentre sto beatamente dormendo. Guardo l’orologio, sono le due e mezzo. Ma chi diavolo sarà a quest’ora? mi chiedo intorpidito mentre premo i pulsanti: luce scale ed apriportone. Di sentire al citofono chi sia, neanche a parlarne, il mio citofono è fuori uso praticamente da quando l’hanno installato. Abito al 4° piano e l’ascensore non c’è, perciò attendo pazientemente alla porta chi sta salendo. Un po’ incuriosito, a quest’ora di notte chi verrà a rompere? Ed agli ultimi scalini vedo salire una mora ricciolina in jans e t-shirt, scarpe da tennis e zainetto.
- Ciao Vittorio! – ma chi sarà? Eppure il volto ovale, lineamenti sottili, mi ricordano qualcuno, una parte di me è sicuro che quella ragazza, 22 o 25 anni, snella, ben fatta, seno mozzafiato, io la conosco benissimo. Dev’essere che mi sono svegliato all’improvviso e non riesco a far mente locale, ma è proprio OK e poi mi ha salutato come se fosse in piena confidenza. – Oh ciao, come mai a quest’ora? – rispondo istintivamente sorridendo, e lei – Passavo da Lucca e non potevo non venirti a trovare – A quel punto, bacio sulla guancia modello vecchi amici ed entra. E’ proprio bella e smetto di domandarmi dove diavolo l’abbia conosciuta, anzi ad essere sincero, al momento non me ne frega nulla.Mi parla di Venezia e di amici che dovrebbero essere comuni ad entrambi, ma io non è che ricordo molto bene perché sono fisso sulle sue gambe accavallate che mi stanno mostrando molto più del dovuto.
Dice, mi è presa nostalgia di te e della tua fantastica casa sui tetti di Lucca ed eccomi qui.
Ascolto con un sorriso tipo compiaciuto e seguito a non riuscire a farmi venire in mente dove l’ho conosciuta e sono certo che in casa mia questa qui mica c’è mai stata, ma è uguale.
- Guarda cosa t’ho portato – e dallo zainetto tira fuori una pipetta di ceramica con bocchino d’osso, già carica. Me la passa ed io l’accendo, mentre un forte odore aromatico d’erba si diffonde nello studio. Aspiro tre volte come da rito e poi gliela passo, le luci sembrano affievolirsi e la musica in sottofondo è quella dei Tagerin Dream.
Mi alzo lentamente, molto lentamente, ed accendo un bastoncino d’incenso e la luce sembra farsi più morbida e dorata.
Lei recita poesie, anche alcune mie poesie, una leggera nebbia ora ci avvolge e dalla finestra spalancata in questa notte di mezza estate entra un sottile aroma di campi in fiore mentre le stelle sembrano faticare a rimanere fisse nel cielo.
Guardiamo una sottile falce di luna e ci raccontiamo le storie più recondite ed intime.
La pipa ormai spenta è appoggiata al posacenere sul tappeto, qualche bottiglia vuota di birra intorno a noi e sempre nell’aria i Tangerim Dream, ossessivi ma dolci.
I nostri corpi nudi sul tappeto, il sapore di birra e tabacco, l’aroma dell’erba e quello dell’incenso, la morbida luce.
Mi risveglio al mattino, è tardissimo, sono le 11 ed avevo un appuntamento di lavoro alle 9.
Sono nudo sul tappeto dello studio con la testa poggiata su un cuscino africano ed un leggero plaid addosso.
Lo studio è in perfetto ordine, come se stamani fosse passata la donna delle pulizie, che tra l’altro non ho.
Sul tavolinetto accanto al posacenere c’è la pipetta in ceramica col bocchino d’osso: posacenere e pipa sono perfettamente puliti.
Rivado alla notte appena trascorsa e non riesco a mettere a fuoco l’ospite della nottata, e che nottata!
I dettagli mi appaiono con erotica chiarezza ma il suo volto mi sfugge e più mi sforzo di ricordare più tutto sembra confuso ed irreale. A parte la pipa non è rimasta nella casa nessuna traccia del suo passaggio.
Nella mia mente rimbalza una frase – la nostra vita non è un sogno ma dovrebbe divenirlo e forse lo diverrà – detta da lei quella notte, ma ricordo che Novalis scrisse qualcosa di simile.