PARTIRE,
UN PO’ MORIRE
Demetrio ha oggi la mente confusa, almeno un po’ più
confusa del solito, non gli va di filosofeggiare e mentre ripulisce per bene le
due valige già chiuse, pensa ridacchiando tra se e se al dialogo “- Ah se
ognuno potesse realizzare i suoi sogni! – disse al monaco Kawasaki una
venditrice di polpi del mercato di Toyota. – Non sarei qui a vender polpi! - -
Non saresti in nessun posto perché anche i polpi realizzerebbero i propri
sogni. Ognuno fa parte del sogno di qualcun altro. la realtà è un inganno.-”
Com’è divertente e com’è saggio questo dialogo pensa Demetrio e intanto le
due valige sono tirate a lucido, anche le borchie d’ottone sono splendenti. Dà
un’ultima occhiata al suo appartamento, tutto è in perfetto ordine, tutto è
lindo e ci si può specchiare nei pavimenti. Esce con le due valige e fuori ci
sono dei giorni in cui, nonostante il freddo e l’atmosfera plumbea, alcune vie
si riempiono di passanti, talmente tanti che camminare con passo deciso sui
marciapiedi o sotto i portici, diviene praticamente impossibile. Sì oggi è uno
di quei giorni e lui avanza ciondolando per attraversare un lungo portico
affollato. Le due pesanti valige, malgrado le ruote, rendono difficile la
traversata, sono quel modello, il più voluminoso di Vuitton, e anche se
griffate ogni tanto s’impigliano nelle irregolarità minime del terreno o
finiscono trai piedi della gente che infastidita si volta lanciandogli
occhiatacce. Lui continua la sua lenta marcia verso la riva del fiume che si
trova adesso in fondo a questa lunga strada. Ci giunge, è un luogo tranquillo
al riparo da occhi indiscreti, ci sono delle panchine rivolte verso le acque,
lui si siede e attende. Sa che Adams, un suo vecchio compagno di scuola, prima o
poi passerà di lì per tornare a casa. Non ha furia, si accende una sigaretta e
attende: congiunge le mani tra una tirata e l’altra, si rilassa ammirando il
corso d’acqua che scorre poco lontano e le sue acque sono lente ma piene di
forza. E’ un bello scorcio, s’intravede poco più lontano qualche rapida tra
le acque che rende tremolante il riflesso della città che vi si specchia. Gli
vengono in mente strani pensieri che riescono momentaneamente ad assorbire la
sua apparente lucidità. “Ogni uomo è tutti gli uomini: ma questo non è una
scusa.” Che buffo, e che saggezza, pensa mentre l’attenzione è nuovamente
rivolta verso il fiume. “Se piove riparati pure sotto un tetto. Ma non pensare
che l’uomo asciutto che sarai sia migliore dell’uomo bagnato che eri.” Che
acutezza! Sarà forse zen americano? È questo quello che lui sta pensando e i
suoi pensieri si sovrappongono alle voci che ode sì che resta impossibile
separare gli uni dalle altre, ma in effetti lui vorrebbe fare il vuoto nella sua
mente per dimenticare ciò che è successo prima che lui iniziasse a riempire le
valige e a far le grandi pulizie nella casa. Fare il vuoto? Ha paura che facendo
il vuoto non riesca a scorgere Adams quando passerà, è qui per lui, no? e se
non lo becca oggi dovrà tornare qui domani e la cosa si farebbe più
complicata, e lui odia ferocemente ogni complicazione. Cerca pertanto di tornar
lucido e guarda fisso davanti a sé, con aria indifferente, poi dopo molto tempo
e dopo tante sigarette lo scorge: sta arrivando proprio nella sua direzione.
-
Ciao! Ti ricordi di me?
-
Certo che ti riconosco, ogni tanto ci ritroviamo!
-
Ti trovo bene.
-
Non c’è male, grazie.
Si siede così accanto a lui e cominciano a ricordare
i tempi quando si frequentavano e quando erano più giovani. Adams sembra
proprio felice d’averlo per caso incontrato: per caso? ma se lui è lì da ore
ad attenderlo. Si mette ancor più comodo seduto accanto a lui, si stiracchia la
schiena alzando per bene più volte le spalle, si strofina con energia le mani
ghiacciate. Parla. Parla senza sosta del freddo, della città che è sempre
uguale, del tempo che passa, ricorda gli amici vicini, quelli lontani e quelli
che non ci sono più.
“Sono d’accordo con Kafka che diceva: Mi fido
solo di quei dottori che dopo avermi esaminato con cura mi dicono di non averci capito niente”…”Voglio la mia
faccia sopra i biglietti da 100 euro”.
-
Cosa dicevi?
-
Niente ti ascoltavo.
Demetrio gli sorride e sembra proprio un ascoltatore
attento, in realtà anche adesso sta pensando che al mondo vi sono le cose vere
e le cose supposte. Le vere le mettiamo da una parte e le supposte dove le
mettiamo? A stento si frena dal ridere in faccia ad Adams che sta proseguendo a
parlare, ora ricorda le feste alle quali erano andati assieme e gli spinelli
fumati di nascosto. Ma non erano mai stati veramente intimi anche se s’erano
frequentati parecchio ai tempi delle scuole medie, superiori e un po’
d’università, solo un po’ di questa perché erano iscritti a facoltà
diverse e poi non l’hanno finita nessuno dei due. Dopo non s’erano più
visti se non qualche volta per caso come oggi, ma questo non è vero e Adams non
lo sa. Durante quegli incontri si raccontavano sempre un po’ della loro vita,
ma soprattutto ricordavano i bei momenti passati assieme. Adams oggi però
sembra ancor più desideroso di
raccontargli proprio tutto, anche i suoi affari privati. Passa ora a descrivere
i successi lavorativi e anche quelli sentimentali, narra della sua famiglia che
gode ottima salute e dei suoi figli che crescono sani e robusti, del suo nuovo
cane divenuto fedele che ha raccolto sperso per strada e come sono criminali
quelli che li abbandonano. Demetrio con un orecchio l’ascolta, ma l’altro è
sperso chissà dove e non può fare a meno di pensare che questa storia è un
po’ come la vita, non vuol dire niente, ma è talmente stupida che lo dice lo
stesso. Adams prosegue imperterrito col suo blablabla, mentre l’altro
nell’attesa di dargli la stoccata finale insegue ancora le sue chimere e le
frasi apparentemente con poco senso che gli attraversano la mente “Azzurre
uova di pettirosso. La caccia del vescovo. Il vecchio che non moriva mai. La
pozione animale. Il cervello è il mio secondo organo preferito.” Ride sotto i
baffi nello snocciolare questo sommario d’un libro mai scritto e a questo
punto Adams cerca d’attrarre maggiormente la sua attenzione perché lo scorge
un po’ distratto.
-
C’è qualcosa che mi preoccupa….esordisce…
“- Come si fa un cattolico il segno della croce? -
- Nord – sud –ovest – est –“
Una folata di vento improvvisamente rende la scena un
po’ teatrale e un po’ grottesca, ma prepara a perfezione la rivelazione.
-
Ecco, vedi, mi sono fatto un’amante.
Demetrio che lo sa benissimo, ha un leggero tic e
porge l’orecchio con un’insolita concentrazione che s’è all’improvviso
destata, in effetti fino a quel momento non ha ascoltato quasi niente di ciò
che il vecchio amico gli ha fin’ora narrato.
-
Lei è sposata, per questo, mi raccomando, conto sulla tua discrezione.
-
Sono muto in queste cose, dovresti conoscermi.
-
E’ vero sei uno di quelli che ti sei sempre fatto i cazzi tuoi, per
questo di te mi son sempre fidato.
-
Vai avanti, m’hai incuriosito.
-
All’inizio il fatto che lei fosse sposata mi metteva un po’ a
disagio. Pensavo che fosse una situazione troppo complicata, mi ricordavo
continuamente d’aver anch’io una moglie, ma poi mi son detto, e chi se ne
frega non sarà mica il primo che va con lei! E poi oggi tutti si fanno la
ganza, e io chi sono? Lei è veramente troppo bella, dunque perché no? Così mi
son voluto togliere lo sfizio, mi ero proprio stancato sessualmente di mia
moglie e avevo bisogno di novità, tra l’altro il marito di questa non c’è
mai e so dalla moglie che non è che gli freghi tanto di lei. Inoltre avere
un’amante rafforza il matrimonio, l’ho letto su qualche rivista tempo fa.
Continua a lungo a parlare con entusiasmo della sua
conquista, scende nei dettagli e gli spiega com’è brava nelle pratiche
amorose. Demetrio lo segue e non lo segue, è di nuovo immerso nei propri
pensieri che scorrono e
s’alternano per poi ritornare come se premesse un telecomando e fosse alla
ricerca del canale giusto. Riceve al momento solo immagini, ma sono visioni di
vecchi film poco interessanti, tutta azione…ma ecco ora ha imboccato un canale
porno con attrici dai seni perfetti, troppo, che si fanno penetrare da tutte le
posizioni, anche da quelle impossibili, cambia nuovamente canale e questo è
solo audio, manca il video, così che nuovamente osserva Adams che sta muovendo
le labbra infervorato da una discussione che in effetti si svolge a senso unico
nella sua quasi totalità. Demetrio lo osserva a parlare e dal canale ascolta
“Spurgarsi come una lumaca, ecco cosa è necessario per liberarsi delle scorie
amorose ancora in circolo dentro di te” è buffo pensa, la voce che ascolta
infatti è femminile invece chi parla qui accanto a lui è un autentico, secondo
lui, macho. “La cura del sonno è ideale in tal senso e non presenta
particolari controindicazioni, tanto che quella che ti propongo si basa su un
sistema assolutamente naturale, niente psicofarmaci o sedativi. Otterrai il
sonno con ciò che la natura ti mette a disposizione: valeriana, camomilla,
escolzia, melatonina, i dischi di Amedeo Minghi, l’ultimo libro di Baricco e
nei casi d’insonnia più tenace la visione di una retrospettiva di Tarkowskij
o un libro di Tarkowsky, mi raccomando da non confondersi l’uno con l’altro.
La durata del letargo sarà di circa trenta anni. Con un infuso di cicuta si può
ottenere un risultato molto più drastico, ma nel nostro caso, dopo trenta anni,
al risveglio l’avrai dimenticata o comunque il sopraggiunto climaterio ti
donerà una serenità del tutto nuova. Ad attenderti appena desto una gustosa
colazione consistente, visto la durata del sonno in un Canadair di caffèlatte e
un croissant delle dimensioni d’un’ex torre gemella. Tu potrai obiettare: e
se durante il sonno, sogno per tutti e trenta gli anni? Obiezione sensata, tanto
che potresti sognare cose sconvenienti e una polluzione lunga trent’anni
finirebbe per stroncare anche la più navigata pornostar “macho”. Si potrà
facilmente ovviare a questo piccolo inconveniente applicando una piccola
parabolica direzionata verso i ripetitori di Dubai, oppure potremmo
sintonizzarti in M.F. su Radiomaria. Voci garbate ti resetteranno e
rassetteranno, se necessario la sfera onirica donandoti un sonno sereno sulla
soglia del coma. Finora nessuno ha mai osato sottoporsi a questo rivoluzionario
metodo, ma qualche coraggioso si farà pure avanti, prima o poi…”
L’introspezione e con essa la voce recitante cessa
e Demetrio cerca nuovamente di pigiare il bottone del suo telecomando virtuale,
ma tutto è inutile ora è costretto a riascoltare l’ex amico che neppure
sospetta la sua prolungata assenza e seguita a dettagliare le sue prodezze,
sottolineando quanto si senta vero uomo con lei. Il fiume seguita a scorrere in
sottofondo e il freddo ghiaccia le mani d’entrambi. E’ uno di quei giorni
grigi in cui nonostante il frastuono delle attività cittadine e l’andirivieni
dei passanti, la nebbia e il gelo fusi assieme creano un’atmosfera
d’indubbia irrealtà. Così mentre tutto resta sospeso solo lo scorrere del
tempo che porta alle ambigue luci del calare della sera, sembra ricordare che
nulla è fermo. Ora anche Adams s’è zittito, aspetta un segno
d’approvazione da parte dell’amico. Ma questo segno non viene, lui tace e si
direbbe nuovamente immerso nell’ascolto delle voci, forse avrà trovato un
nuovo canale su cui sintonizzarsi.
-
…
-
Ma tu dimmi, sei in partenza?
-
Non io, è mia moglie. Sai mi ha lasciato e ora devo portarle le valige.
-
Ti ha lasciato? E come mai?
-
Sai come va la vita. Ha incontrato un altro e s’è innamorata di lui.
-
E tu come l’hai presa?
-
Bene, vedi? L’aiuto anche ad andarsene.
-
Furbone che sei. Io t’ho capito sai? Ne hai già un’altra vero? Non
vedevi l’ora che lei sgombrasse.
Demetrio non risponde, ora ha la vista spersa nel
vuoto, in questo momento non sta sentendo più le voci e neppure quelle
dell’ex amico e della città attorno a lui. Voleva incontrarlo e l’ha
incontrato, adesso lui più non lo interessa, guarda i colori cambiare con
l’avvicinarsi della notte, un bambino passa correndo e dietro a lui la madre
che poi lo raggiunge, c’e un cane col suo padrone, sono su una canoa e si
stanno dirigendo verso l’attracco.
Adams si rende conto che Demetrio è perso nei suoi
pensieri, teme d’aver fatto male a chiedergli di sua moglie. Un cane
s’avvicina a loro, annusa le due valige, lecca un angolo d’una di esse, poi
se ne va di corsa, ha udito un fischio, inseguendo nuovi odori.
-
Sai Demetrio mi ha fatto molto piacere incontrarti, ora bisogna proprio
che vada.
-
…
si alza e se ne va quasi di corsa senza aspettare
neppure che l’altro gli risponda e velocemente gira l’angolo della via e
scompare.
Demetrio solo dopo molto tempo avverte che l’altro
se ne è andato, lui voleva incontrarlo e ciò è avvenuto, ora se ne vada pure
al diavolo. Resta immobile un’altra mezzora sulla panchina, ormai è notte
fonda, la luce del sole è scomparsa da tempo del tutto ed è stata solo in
piccola parte sostituita dalle lampade dell’illuminazione cittadina. Si alza
lentamente, prende le due valige e senza fretta s’incammina nel vialetto del lungofiume, percorre alcune
centinaia di metri e si ferma davanti a un’ansa. A quest’ora non c’è più
nessuno, ma questo è un angolo sempre molto tranquillo del fiume, soprattutto
in inverno. L’acqua è assai profonda in questo punto e Demetrio lascia cadere
nelle nere acque prima una valigia, poi l’altra. Ha appesantito per
bene le due Vuitton e sa che caleranno a picco per poi lentamente affondare
nella melma che in questo punto sul fondo è spessa. Ha calcolato tutto, osserva
le scure acque che adesso sono ridiventate lisce senza alcuna increspatura,
torna alla panchina, si siede nuovamente e accende l’ultima sigaretta. La
nebbia è in questo punto divenuta assai spessa, è congelato, bagnato fradicio
ma rilassato. Decide che è l’ora di rientrare a casa. Sua moglie è già
giunta a destinazione “con bagaglio appresso” pensa e per un attimo un
sorriso lieve si forma sulle sue labbra.