L’intervento di Romualdi e quello dei Poeti d’Azione qui su NAMIR mi hanno stimolato ad aggiungere un tassello ad una riflessione che da tempo volevo fare sulla cultura di destra (e non solo) e su l’egemonia culturale nell’Italia contemporanea. Riflessione appena sbozzata, forse anche contraddittoria, ma che può servire, sia a me che a voi che mi leggete, ad affinare il pensiero per poter addivenire a soluzioni che consentano una riappropriazione dei mezzi di produzione culturali, oggi succubi del mercantilismo imperante. Sicuramente avrò commesso anche degli errori. Correggiamoli assieme.
LA DESTRA CHE NON C’E’
1. Il predominio della cultura di sinistra? Ma non vogliamo mica scherzare? Innanzi tutto la cultura è al di fuori di queste restrittive categorie; abbiamo intellettuali orientati politicamente, questo si, ed anche testi ed opere orientate. Ma quando si parla d’opera d’arte, poco importa la collocazione politica (dell’opera o del creatore), esse sono capolavori dell’intera umanità.
2. In Italia la produzione di cultura è in mano alla sinistra? Falso: Mondadori da una parte, Berlusconi (o successori) dall’altra e poi Cecchi Gori o ciò che ne rimane…. E tutto questo significa editoria, cinema e TV che si trova nell’area di centro e centro-destra.
3. Molti autori ed artisti orientati a sinistra sono stati e sono molto apprezzati sull’opposto versante: Gramsci, Salvemini, Pasolini, Picasso, trai tanti. Ed è proprio su Pasolini che voglio soffermarmi. Grande autore, grande poeta, omosessuale, comunista, fu trai primi in Italia a rendersi conto dell’omologazione strisciante: le classi si "omologavano" così come le loro specificità e culture – si rifugiò nel sottoproletariato alla ricerca d’una "purezza" che ormai risultava compromessa da una molteplicità di fattori e non poteva più sussistere. L’impossibilità di ritrovare quella purezza nelle diversità dei comportamenti dell’orgoglio di classe gli fece ricercare la morte come estrema rivolta e ribellione a tutto questo.
4. Accomuno Pasolini al giapponese Yukyo Mishima, scrittore e poeta, fine conoscitore di haiku, signore della guerra, di estrema destra, omosessuale, anche lui s’avvide dell’omologazione che stava spianando la millenaria cultura nipponica con le sue esaltanti tradizioni. Per estremo atto di protesta fece hara kiri davanti alla sua milizia privata, schierata impassibile dinnanzi a lui, ed alle telecamere che trasmettevano l’evento in diretta.
5. Passo ora a Che Guevara, se è vero che l’atteggiamento è cultura, e la giovane morte di un ribelle crea il mito (Dean, Cobain, Monroe, Buongusto,Morrison, Lennon, ecc.) E talvolta basta esser giovani senza esser ribelli (Kennedy). Il Che è stato l’ultimo guerrigliero romantico (il romanticismo è un movimento culturale della destra) insofferente delle grandi potenze (America, ma anche Russia) preferì morire per mano della CIA che a Cuba di burocrazia. Ultimamente si dimentica sia il suo aspetto romantico che il suo aspetto guerriero e, follemente è divenuto uno dei simboli del movimento pacifista.
6. L’INDIVIDUALISMO che s’oppone al collettivismo sta alla base delle culture di destra. Lo SPIRITUALISMO, e la preferenza mia va a quello ateo (buddhismo zen), si contrappone al sinistro materialismo (che è alla base anche del liberalesimo).
7. Il pensiero di Filippo Tommaso Marinetti è stato l’esempio di partenza per la gestione di una nuova cultura orientata a destra. Le tavole parolibere, ove le parole escono dalle regole e trovano nuove collocazioni hanno spianato la strada alla poesia visiva ed alle altre avanguardie artistiche che si sono susseguite. Il lui l’ANARCHIA si fonde al fascismo creando una situazione anarcofascista che recupera l’estrema destra ANARCOINDIVIDUALISTA in un’ottica di movimento e di rivoluzione. Il FUTURISMO è infatti presente ove vi sia rivolta, lo ritroviamo in Italia come in Russia (Majakowskji). Per la vittoria di Lenin i futuristi russi dipingono le locomotive.
8. F.T.Martinetti si è sempre opposto ed ha combattuto i PASSATISTI, che sarebbero i cattolici, i comunisti, i perbenisti, i moralisti, gli arrivisti, i materialisti, i politicanti, i conservatori, i pensabene, ecc. ecc. quanti altri potremo infilare in questa azzeccata categoria. Oggi io direi i POLITICAMENTE CORRETTI!!, Harry Potter parlerebbe di BABBANI, Tolkien "i servi del Signore Oscuro".
9. Nessuno rifiuta tutta la scuola filosofica orientata a destra (anche se vecchiotta) né i mostri sacri quali Ezra Pound, Nietzsche, Jungher, La Rochelle, Dalì, Borges (letteratura fantastica assieme a Kafka, Orwell, Lovercraft, King, ecc) , D’Annunzio, Sorel, Guenon, Evola, Eliade,Gentile, ecc. E neppure i nuovi arrivi quali Accame, Tamaro, Romualdi, Rowling e l’ultimissima Oriana Fallaci (La rabbia e l’orgoglio).
10. Il ROMANTICISMO sappiamo dai libri di storia essere una corrente di pensiero orientata a destra e dal romanticismo escono i DECADENTI, il LIBERTY, la letteratura GOTICA e tutta la creatività FANTASTICA (poesia, letteratura, cinema, teatro, pittura, scultura, ecc.) per arrivare alla moderna FANTASY, all’HORROR ed alla FANTASCIENZA.
11. Anche l’INFORMALE in pittura discende dal pensiero zen (mistico ed ateo) come da questo escono le sperimentazioni musicali di Cage o la poesia di Ion Barbu. Il SURREALISMO trae poi le sue basi oniriche dal sogno, la sua prassi e tutti i suoi affluenti non possono esser letti se non in chiave antimaterialistica e spiritualista.
12. La cultura del ventennio fascista ed il realismo socialista, vanno di pari passo e generano brutture finanziate dagli stati. Lo statalismo non può generare cultura, genera burocrazia. In Russia emerge Majakowskji perché futurista ed in Italia Marinetti spopola per la stessa ragione. I regimi però una volta consolidati, non sanno più cosa farsene dei futuristi, essi non sono funzionali ad alcun regime. Comunque troviamo, in Italia l’eccezione di D’Annunzio, poiché era dannatamente bravo. Resta il fatto che il vero ed autentico artista del periodo fu F.T.Marinetti, caffeina d’Europa, solo con lui nasceranno poi tutte le avanguardie.
13. Un’arte di regime produce sempre schifezze, anche se qualche individualità eccezionale può riuscire ad emergere. E’ dal DISSENSO che la creazione artistica trae linfa e vigore. A proposito di schifezze, ricordate l’arte iconografica del realismo cinese? Le loro assurde foto e quadri ove tutti lavoravano come matti e ridevano contenti: non a caso questo regime è passato poi con estrema facilità al capitalismo produttivistico più sfrenato dimostrando praticamente le tesi situazioniste del comunismo come estremizzazione ultima del capitale divenuto assoluto, di stato e monopolistico.
14. Alla base della creatività sta l’INDIVIDUALISMO ed abbiamo già dato la collocazione di questo "ismo". L’artista individualista trae il suo humus dal DISSENSO e da una concezione LIBERTARIA, cioè ANARCHICA che lo svincola dal PASSATISMO che lo circonda alla ricerca di MORALI DIVERSE da quelle tramandate dalle tradizioni. Alla ricerca di "valori patriottici" che si sganciano da quelli delle paccottiglie risorgimentali, creati ad hoc dalle massonerie e sopravvissuti fino al terzo millennio. Nuovi valori che si legano al rispetto delle più piccole identità culturali ed ad un ampio senso di appartenenza alla CIVILTA’ OCCIDENTALE. I termini "non ci siamo liberati dai liberatori" appartengono ad una cultura passatista ed ad una vecchia concezione ristretta di piccineria patriottica. I liberatori sono a noi omologati nella stessa identità culturale.
15. L’antisemitismo è anch’esso paragonabile oggi al pensiero vetero-passatista. La civiltà ebraica con la sua cultura è ormai parte integrante della nostra CIVILTA’ OCCIDENTALE, e non è un caso che lo stato d’Israele lotti anche per la nostra civiltà e cultura in medio oriente.
16. L’antiamericanesimo è solo un atteggiamento negativo ereditato da cattive ideologie, gli americani con la loro cultura fanno parte integrante della nostra civiltà occidentale. La DEMOCRAZIA è un bene acquisito e non abbandonabile: le civiltà e le culture che si basano su governi nati da un sistema di suffragio elettorale sono i soli a creare situazioni di LIBERTA’ , e la libertà è quell’atmosfera che permette anche all’arte di potersi (appunto) liberamente esprimere e progredire sperimentando.
17. Reazionaria e passatista è la religione cattolica (l’islam è messo assai peggio: la religione maomettana ha impedito la creazione di una cultura islamica), passatista è il comunismo con la sua utopia egualitaria costata 100 milioni di morti, passatista è l’ideologia borghese, il politicamente corretto ed il liberalismo sfrenato (occhio! Oggi è di moda!!) .
18. La massoneria, potere finanziario, campione del passatismo, creatrice di stati fasulli, modificatrice della storia, elemento d’inquinamento politico, culturale, ideologico, storico (hanno rifatto la storia a loro immagine e somiglianza); la massoneria è la negazione dell’arte e della cultura, sembra uscita da un libro di Orwell.
19. Il concetto di patria deve convivere con quello più grande di CIVILTA’ OCCIDENTALE (americani e israeliani ne fanno parte integrante). L’aspetto mercantile non deve mai ignorare le categorie in DISAGIO.
20. L’opera d’arte si riconosce da quel "quid" ben definito ne "Lo spiritualismo nell’arte" da Kandisky . L’arte di destra è : INNOVATRICE, SPERIMENTALE, ARISTOCRATICA, INDIVIDAULISTA, AGONISTICA, LIBERTARIA, MISTICA, ATEA. E deve riuscire a mantenersi democratica privilegiando le istanze antiborghesi senza rifiutare all’occorrenza l’atto artisticamente EROICO. Una vecchia frase del ventennio (agli inizi) diceva che l’egoismo è il fulcro del borghese e l’eroismo quello del fascista.
21. Detto tutto ciò io credo che la maggior parte della cultura che si produce oggi in Italia (e non solo) sia una cultura che risponde ai canoni di una "destra", ma resta ugualmente una produzione floscia, perché?. Perché il freno che vedo a questa produzione è un freno dovuto all’eccessivo mercantilismo che impedisce l’emergere di artisti ed opere d’indubbio valore. Si privilegia solo, usando un’ottica passatista, chi rende sicuramente un profitto: dal personaggio televisivo all’appattumato massonico. Oggi la battaglia dell’ARTE e degli ARTISTI tutti, al di là d’ogni collocazione, deve rivolgersi principalmente contro le massomafie culturali che riescono a drogare un settore che deve essere LIBERO di esprimersi. Arte e cultura di destra o di sinistra passano in secondo piano rispetto alla necessità di riprenderci una TOTALE LIBERTA’ DI ESPRESSIONE svincolata dai mercati.
22. Concludendo, ritengo la cultura di destra oggi dominante, ma questo non mi consola per niente, dato che la lotta da intraprendere - per far sì che la "cultura" quella vera sia di destra che di sinistra, riesca a riprendere (ma l’ha mai avuti?) in mano gli strumenti di produzione - deve ancora cominciare.
(Vittorio Baccelli - dicembre 2001)
PERCHÈ NON ESISTE UNA CULTURA DI DESTRA
di Adriano Romualdi
Uno dei motivi che più ricorrono sulla nostra stampa e nelle conversazioni
del nostro ambiente è la condanna del massiccio allineamento a sinistra
della cultura italiana. Questa condanna viene formulata in tono un po'
addolorato, un po' sorpreso, quasi fosse innaturale che la cultura si trovi
ormai schierata da quella parte mentre a destra si incontra un vuoto quasi
completo. Di solito si cerca di rendersi ragione di questo stato di cose con
spiegazioni a buon mercato, quel tipo di spiegazioni che servono a
tranquillizzare sé stessi e permettono di restare alla superficie delle
cose. Si dice - ad esempio - che la cultura è a sinistra perché là si trova
la maggior quantità di danaro, di case editrici, di mezzi di propaganda. Si
dice anche che basterebbe che il vento cambiasse perché molti "impegnati a
sinistra" rivedessero il loro engagément. In tutto questo c'è del vero.
Una
cultura, o meglio, la base di lancio di cui una cultura ha bisogno, è anche
organizzazione, danaro, propaganda. È indubbio che lo schiacciante
predominio delle edizioni d'indirizzo marxista, del cinema socialcomunista,
invita all'engagément anche molti che - in clima diverso - sarebbero rimasti
neutrali. Ma ciò non deve farci dimenticare la vera causa del predominio
dell'egemonia ideologica della Sinistra. Esso risiede nel fatto che là
esistono le condizioni per una cultura, esiste una concezione unitaria della
vita materialistica, democratica, umanitaria, progressista. Questa visione
del mondo e della vita può assumere sfumature diverse, può diventare
radicalismo e comunismo, neoilluminismo e scientismo a sfondo
psicoanalizzante, marxismo militante e cristianesimo positivo d'estrazione
"sociale". Ma sempre ci si trova di fronte ad una visione unitaria
dell'uomo, dei fini della storia e della società. Da questa comune
concezione trae origine una massiccia produzione saggistica, storica,
letteraria che può essere meschina e scadente, ma ha una sua logica, una sua
intima coerenza. Questa logica, questa coerenza esercitano un fascino sempre
crescente sulle persone colte. Non è un mistero per nessuno il fatto che un
gran numero di docenti medii ed universitari è comunistizzato, e che la
comunistizzazione del corpo insegnante dilaga con impressionante rapidità.
E, tra i giovani che hanno l'abitudine di leggere, gli orientamenti di
sinistra guadagnano terreno a vista d'occhio. Dalla parte della Destra nulla
di questo. Ci si aggira in un'atmosfera deprimente fatta di conservatorismo
spicciolo e di perbenismo borghese. Si leggono articoli in cui si chiede che
la cultura tenga maggior conto dei "valori patriottici", della
"morale" il
tutto in una pittoresca confusione delle idee e dei linguaggi. A sinistra si
sa bene quel che si vuole. Sia che si parli della nazionalizzazione
dell'energia elettrica o dell'urbanistica, della storia d'Italia o della
psicoanalisi, sempre si lavora a un fine determinato, alla diffusione di una
certa mentalità, di una certa concezione della vita. A destra si brancola
nell'incertezza, nell'imprecisione ideologica. Si è
"patriottico-risorgimentali" e si ignorano i foschi aspetti
democratici e
massonici che coesistettero nel Risorgimento con l'idea unitaria. Oppure si
è per un "liberalismo nazionale" e si dimentica che il mercantilismo
liberale e il nazionalismo libertario hanno contribuito potentemente a
distruggere l'ordine europeo. O, ancora, si parla di "Stato nazionale del
lavoro" e si dimentica che una repubblica italiana fondata sul lavoro
l'abbiamo già - purtroppo - e che ridurre in questi termini la nostra
alternativa significa soltanto abbassarsi al rango di socialdemocratici di
complemento. Forse gli uomini colti non sono meno numerosi a destra che a
sinistra. Se si considera che la maggior parte dell'elettorato di destra è
borghese, se ne deve dedurre che vi abbondano quelli che han fatto gli studi
superiori e dovrebbero aver contratto una certa "abitudine a leggere".
Ma,
mentre l'uomo di sinistra ha anche degli elementi di cultura di sinistra, e
orecchia Marx, Freud, Salvemini, l'uomo di destra difficilmente possiede una
coscienza culturale di destra. Egli non sospetta l'importanza di un
Nietzsche nella critica della civiltà, non ha mai letto un romanzo di Jünger
o di Drieu La Rochelle, ignora il "Tramonto dell'occidente" né dubita
che la
rivoluzione francese sia stata una grande pagina nella storia del progresso
umano. Fin che si rimane nella cultura egli è un bravo liberale, magari un
po' nazionalista e patriota. È solo quando incomincia a parlare di politica
che si differenzia: trova che Mussolini era un brav'uomo e non voleva la
guerra, e che i films di Pasolini sono "sporchi". Basta poco ad
accorgersi
che se a destra non c'è una cultura ciò accade perché manca una vera idea
della Destra, una visione del mondo qualitativa, aristocratica, agonistica,
antidemocratica; una visione coerente al di sopra di certi interessi, di
certe nostalgie e di certe oleografie politiche.
Mentre i fascisti nella loro visione di uno "stato organico"
contemplano al suo interno anche gli intellettuali e gli artisti, i liberali
e sopratutto i liberal-capitalisti al governo oggi, lasciano la gestione
della cultura al volontarismo dei singoli e non possiedono una linea
d'azione comune e condivisa. Gli apologeti del libero mercato hanno ridotto
la politica ad apparato necessario alla gestione dell'economia. Ciò ha
portato a vedere il politico come "manager" di una azienda: la
Nazione.
Anche così credo si spieghi l'avvento, dopo tangentopoli, di uomini politici
prestati alla politica dal mondo aziendale e imprenditoriale.
L'economia purtroppo non conosce "appartenenza" e questo è il motivo
per il
quale i confini e l'unità nazionale sono minati dal fenomeno della
globalizzazione, che non è altro che una forza centrifuga. Forza che
disgregando le vecchie identità e appartenenze vende scarpe Nike e impianta
i suoi Mec-Donalds in tutto il mondo. Il risultato? Tradizioni millenarie
vengono spazzate via dalle multinazionali e l'uomo non ha più senso al di
fuori della produzione-consumo. Ovvero esiste e ha ragione di esistere
quando è un ingranaggio della produzione-consumo. Il poeta in questa ottica
è un meccanismo guasto. Quindi io sono per un modello economico-politico
differente da quello liberal-democratico attuale. Modello che si fondi non
sull'unione di "soggetti" legati solo da interessi economici, ma su un
legame più profondo, spirituale, comunitario. Tale modello vuole l'uomo
tutto intero: spirito, carne, sangue uniti. Il liberismo vede lo stato come
meccanismo che faccia coesistere e regoli diversi interessi eterodiretti,
mentre uno stato fondato su di una superiore "comunità di destino" va
oltre, chiede a tutti gli uomini di partecipare ad un progetto dai fini
comuni e condivisi. Esalta l'individuo in quanto tale, per quei valori che
è capcace di attribuire a tutta la comunità, mentre il liberismo conosce
solo il valore denaro. Il ventennio fu un periodo nel quale l'orgoglio
nazionale spingeva a finanziare e promuovere davvero le arti, la poesia,
l'ingegno e senza il basso tornaconto del best-seller. Tu potrai diremi:
"si
ma la libertà..." Il ventennio fu un periodo più libero di quanto si
possa
immaginare. Prendiamo ad esempio la libertà di voto nel sistema
rappresentativo-parlamentarista. Tale libertà è davvero inutile quando a
guardare bene ci si accorge che i programmi di Polo e Ulivo sono speculari.
Tutti e due privatizzano la cosa pubblica, nessuno dei due ritiene opportuno
attuare una politica sociale nei confronti dei più deboli. Il polulivo è
tutto filoamericano e filoatlantico e via di seguito. Perchè le categorie
deboli non contano nulla e sono oppresse? Perchè non sono rappresentate in
Parlamento! I poeti nessuno li rappresenta. Per fare un partito ci vogliono
miliardi e in questo dove sta la libertà? I giornali sono in mano a poche
famiglie e gruppi finanziari. La libertà è solo formalmente garantita, e non
nella sostanza come invece dovrebbe essere. La libertà non è essere
costretti o meno a portare il burka o la barba lunga. È ben altra cosa, come
ad esempio essere liberi di rimanere neutrali in conflitti che non ci
riguardano. Ma purtroppo noi non ci siamo mai "liberati dai
liberatori" e ne
dobbiamo pagare le spese. Colonia Italia...
Poeti d’azione