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vittorio baccelli – i racconti – terzo sigillo –
Virgilio guardò intorno a sé incredulo, era in una
sala antica arredata con cura. Un enorme caminetto in pietra scaldava con il
suo fuoco scoppiettante l’intera sala, quadri alle pareti con volti antichi che
si stagliavano su fondali scuri, tappeti ovunque ricoprivano l’intero
pavimento, sui quali poggiavano comode poltrone rivestite con velluti rossi e
massicci tavolinetti in legno. Tre grandi lampadari in cristallo diffondevano
una vivida luminosità. Sui tavolinetti, mazzi di carte, fiches, scatolette in
legno intarsiato e portacenere in onice.
Virgilio si trovò seduto su una delle comode
poltrone, davanti a lui un tavolinetto con una scatola con intarsi in legno ed
avorio. La prese in mano e l’aprì: era divisa in due scomparti, uno pieno di
sigarette con filtro, l’altro di sigari. Prese un sigaro, lo inumidì da un lato
con la bocca e l’accese con un pesante accendino da tavolo che era posato sul
tappeto vicino a lui. Aspirò con gusto alcune boccate di tabacco aromatico e
quando rialzò gli occhi notò che la sala si era silenziosamente riempita di
ospiti elegantemente vestiti con impeccabili smoking, solo allora si accorse di
essere pure lui in abito da sera. Brani di musica classica iniziarono a
diffondersi nell’ampia sala ed un chiacchiericcio sommesso s’udiva in sottofondo.
Ora erano presenti anche alcune donne, anch’esse in abito da sera ed alcuni
camerieri in frac giravano discreti trai tavoli distribuendo calici di
cristallo pieni forse di champagne.
Virgilio si trovò ad osservare con interesse una
giovane fasciata sensualmente da un abito da sera di seta verde, della stessa
tonalità dei suoi grandi occhi. Era priva di capelli ed il cranio rasato
metteva in risalto quei grandi occhi e due splendidi orecchini con pietre
preziose dello stesso colore… del vestito e degli occhi.
Che occhi meravigliosi! Virgilio era rimasto
incantato da quel profondo sguardo, lei se ne accorse e gli sorrise.
Sempre sorridendo, con una coppa di champagne in una
mano, ed una lunga e sottile sigaretta accesa nell’altra, gli si avvicinò lentamente
mettendosi a sedere su una poltrona davanti a lui. Accavallò le lunghe gambe,
e:
-
Posso?
-
Ma
naturalmente.
-
…….
-
Ci
conosciamo?
-
Credo
di si, ma al momento non mi viene in mente.
-
Anche
a me sembra di conoscerti.
-
Mi
chiamo Virgilio.
-
Piacere,
io Adriana.
-
Sono
sicuro di conoscerti, forse abitiamo nella stessa città, ma al momento non
ricordo dove.
-
Aspetta,
io ho la sensazione che lavoriamo assieme, ma dove?
-
Troppe
domande e nessuna risposta. Ma questa è una festa, tu sai perché ci troviamo
qui?
-
Saremo
mica in un gioco del Cronodrome?
-
Sono
sicura di no, a me non piacciono i giochi simulati.
-
E
poi non sta succedendo nulla, credo che siamo in una situazione reale.
Per un solo istante Virgilio si ritrovò in una
strana stanza circondato da apparecchiature incomprensibili, con un’infinità di
led che si accendevano e si spegnevano: la visone durò solo un attimo, quando
si riprese, Adriana gli aveva preso una mano e la stava stringendo.
-
Sei
all’improvviso sbiancato, pensavo ti sentissi male.
-
E’
passato, per un momento mi sono trovato in una strana sala tutta piena
d’apparecchiature elettroniche.
Lei lo guardò dolcemente mentre le note di un antico
valzer si stavano diffondendo ed alcune coppie avevano iniziato a ballare.
Virgilio ed Adriana si alzarono e presero anch’essi a ballare. L’invisibile
orchestra intonò una musica lenta e le luci si fecero soffuse. I due si
trovarono sempre più stretti l’uno all’altra mentre le luci, già soffuse,
sparirono del tutto.
Cessò la musica e le luci riapparvero
all’improvviso. I due si guardarono attorno, la sala e con essa la festa, erano
sparite, adesso si trovavano in una piazza, completamente soli, intorno alla
piazza solo rovine. Un sole rosso sopra le loro teste era allo zenit. La piazza
era lastricata con antiche e consunte pietre rettangolari che sembravano di
porfido e l’erba ricopriva gli interstizi tra l’una e l’altra.
I due rimasero perplessi, poi girarono lungo i bordi
di tutta la piazza, infine si sdraiarono sul selciato l’uno accanto all’altra,
lentamente si tolsero gli abiti della festa ed iniziarono l’antico rito
dell’amore.
Il tempo trascorse lento ed i due si erano appena
assopiti quando furono all’improvviso risvegliati da una leggera pioggia. Solo
allora s’accorsero che il sole volgeva al tramonto, ed il suo disco rosso
appena s’intravedeva tra le nubi e la pioggia.
In silenzio si rivestirono mentre la luce andava
sempre più affievolendosi in un rosso crepuscolo piovigginoso. Lei era confusa,
per un attimo aveva sognato che stava girando con un carrello della spesa all’interno
di un supermercato.
Tra le rovine oltre la piazza, scorsero un edificio
integro alla loro sinistra, il portale d’ingresso era illuminato.
S’avvicinarono con cautela, erano quasi sicuri che al loro arrivo
quell’edificio in pietra non ci fosse proprio.
-
E’
un viaggio simulato.
-
Non
può esser altro.
-
Ed
ora cosa facciamo?
-
Entriamo,
qui piove.
Il portale era un grande arco in pietra, anche
l’edificio a forma rettangolare, alto una ventina di metri e largo un
centinaio, era composto d’enormi blocchi della stessa pietra, forse arenaria?
Nell’oscurità si scorgevano alcune finestre quadrate che s’aprivano in alto a
circa metà facciata.
Titubanti entrarono più per curiosità che per
sottrarsi alla pioggia che ora era divenuta scrosciante. Davanti a loro, appena
varcato il portale, una spiaggia rosa si stendeva all’infinito davanti ad un
mare azzurro, il sole, questa volta uguale al sole terrestre, li inondò con i
suoi caldi raggi. Si sdraiarono sulla morbida rena, riscaldandosi col tepore
dei raggi, si tolsero gli abiti ancora bagnati ed iniziarono nuovamente a
baciarsi.
-
Guarda,
un cavaliere si sta avvicinando!
Si rialzarono, si ricoprirono con gli abiti ormai
asciutti e fecero cenni con le braccia al lontano cavaliere che lentamente si
stava avvicinando. Quando fu ad un centinaio di metri da loro, si accorsero che
qualcosa non andava.
-
Ma
non è possibile!
-
E’
un centauro!
Ed il centauro al trotto, s’avvicinò sempre più. Si
fermò davanti a loro che lo stavano osservando immobili, entrambi con la bocca
spalancata. Il centauro girò attorno a loro, poi eruppe in una profonda risata
ed al galoppo s’allontanò proseguendo nella sua direzione.
I due erano sempre più perplessi, decisero
d’allontanarsi dalla spiaggia e si diressero verso l’interno. Fatte alcune
centinaia di metri s’addentrarono in una fitta pineta, poi scorsero un sentiero
e l’imboccarono. Sempre tra gli alti pini, il sentiero terminava davanti ad una
casetta ad un piano costruita con tronchi di pino. La casetta sembrava uscita
da un’antica fiaba. Entrarono, le luci erano accese, ma all’interno non vi era
anima viva. La piccola casa era provvista d’ogni comodità: un surgelatore pieno
di cibi, uno scongelatore in piena efficienza, un vassoio colmo di profumati
frutti, acqua calda e fredda dai rubinetti, la TRI-TV in un angolo, letto a due
piazze, bagno con doccia e vasca da bagno, temperatura gradevole e costante,
armadi colmi di abiti…
Dopo l’ispezione i due si guardarono
interrogativamente.
-
Ed
ora che facciamo?
-
Io
avrei fame.
-
E
se tornano i proprietari?
-
Vuoi
scherzare? Questo non può essere che un viaggio simulato.
-
E’
vero, e magari l’abbiamo programmato noi stessi.
-
Niente
di più facile.
-
Prepariamoci
una cenetta a due, magari a lume di candela e con champagne. Guardiamo in frigo
se lo troviamo.
Lo champagne non lo trovarono, ma in frigo c’erano
delle bottiglie piene di un liquido ambrato, leggermente alcolico e di profumo
fruttato che era una autentica delizia. Terminata la cenetta, decisero di
comune accordo di dare un’occhiata alla TRI-TV e poi d’inaugurare quell’invitante
letto. Se era un viaggio sistim, tanto valeva goderselo fino in fondo.
Non riuscirono a far funzionare la TRI-TV ed allora
si trasferirono in camera e fecero lungamente l’amore prima di addormentarsi.
“Da questi due non ci caviamo nulla” pensò la prima
pietra sognante. “Questi umani sono solo una perdita di tempo, pensano solo a
cibarsi ed a riprodursi, per questo il loro pianeta è così affollato” rispose
sempre pensando la seconda pietra sognante.
“E allora che ne facciamo?”
“Riportiamoli nella loro situazione iniziale”
“Sì, tanto non servono proprio a niente”
“Questo pianeta! Che perdita di tempo!”
Da cinque giorni Virgilio era in sala di
rianimazione, ove era stato portato dopo aver subito un gravissimo, quanto
banale incidente stradale. Stava tranquillamente viaggiando col suo modulo di
trasporto, a circa un’ottantina di chilometri orari, ed era ormai vicinissimo
alla sua casa. Aveva trascorso una noiosa giornata lavorativa, seduto in
ufficio, davanti alla scrivania ed al PC, ed adesso stava rientrando alla sua
abitazione per godersi una meritata cena con la sua adorata moglie ed i suoi
amati due figli piccoli. Col cellulare la consorte gli aveva già detto cosa
aveva preparato: una cenetta a base di pesce, ed a lui piaceva tanto! Stava appunto
pensando alla tavola imbandita, quando un grosso cane nero, bastardo,
attraversando distrattamente la strada, gli si parò all’improvviso davanti.
Virgilio istintivamente sterzò di colpo per non
investirlo, e così facendo invase la carreggiata opposta sulla quale stava
lentamente transitando un grosso automezzo per la raccolta della nettezza
urbana.
L’impatto fu violentissimo, frontale e senza tracce
di frenata. L’air bag lo scagliò fuori dal modulo, la sua testa colpì
violentemente il marciapiede: lui le cinture non le aveva mai agganciate in
vita sua.
Virgilio morì in sala di rianimazione dopo sei
giorni dall’incidente, senza aver mai ripreso conoscenza.
Adriana stava facendo lo shopping al nuovo
ipermercato recentemente aperto, ventiquattrore su ventiquattro, nel suo
quartiere. Caricò nel bagagliaio del modulo i sacchetti della spesa e decise di
fare un salto al Cronodrome prima di rientrare a casa, non aveva voglia di
dormire, e la notte era ancora piccola, come si diceva negli olofilm. Aveva
qualche credito spendibile e voleva giocarlo alla roulette. Parcheggiò, entrò
nel Cronodrome, cambiò i crediti con le fiches, si recò in uno dei saloni con
la roulette, il salone era una copia esatta di un casinò del XX secolo, quello
che lei preferiva, e puntò tutto sul nero.
Mentre la roulette stava ancora girando, la pallina
si fermò sul nero.
Adriana ebbe un sussulto di gioia.
Proprio in quell’attimo s’attivò l’antimateria che i
bambini dell’islam avevano piazzato per l’attentato. Istantaneamente il
Cronodrome collassò, uccidendo tutti coloro che avevano avuto la sfortuna di
trovarsi al suo interno in quel preciso momento.