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PIXEL

 

                                                               dal fiore giapponese alla coscia di rana

                                                               galvanizzata, bisognerà dormire a lungo

                                                               prima d’accorgersi del cambiamento.

                                                                                                  (Breton Eluard)

 

L’annuncio in rete è particolarmente esplicito “occhi verdi, rossa, giovane, bella e disponibile”.

Digito la richiesta d’immagine e giungono alcuni particolari graziosamente invitanti, chiedo allora l’indirizzo e l’ho subito assieme ad un numero di cellulare.

Ma il nome della strada mi dice poco o niente, chissà perché non riesco mai a memorizzare le strade della mia città?

Mi collego al sito delle mappe, clicco l’indirizzo e dopo qualche avvicinamento, m’è subito chiara l’ubicazione di quella strada fuori del centro cittadino.

Il giorno successivo, nel primo pomeriggio, mi reco all’indirizzo lungo una via di periferia che costeggia il vecchio tracciato ferroviario.

Fermo il modulo nel parcheggio del fabbricato – un fatiscente esempio d’edilizia popolare del XX secolo – e chiamo col cellulare.

-         Ho visto l’annuncio.

-         Dove sei?

-         Proprio sotto casa tua.

-         Sali allora.

-         Ma non so quale campanello suonare.

-         C’è scritto Raoul.

-         OK! Arrivo.

Adesso so qual è il campanello giusto, suono, il portone s’apre ed inizio a salire le buie scale.

…ti piace il sesso a pagamento, brutto porco…

Cazzo, ricomincio anche a sentire le voci, eppure è già un bel po’ che non mi faccio, ma ci penserà il mio strizzacervelli a chetarle del tutto.

Arrivo sulla porta e lei, rossa di capelli mi aspetta lì impalata al secondo piano avvolta in una vestaglia…..ma quale vestaglia, è un accappatoio rosa.

Sarà uscita ora dal bagno?

ma quale bagno, ‘sta troia se ne fa uno dietro l’altro e figurati se ha tempo per fare il bagno…

Entro in un piccolo appartamento in penombra; camera con luci soffuse rosse.

Mentre si sfila l’accappatoio ed inizio a spogliarmi la mente mi fa strani giochi e vaga su una lettera inviata alla rivista “Penthouse” nel novembre del ’72 da un lettore.

E’ la lettera–citazione con la quale s’apre il romanzo “dr.Adder” quello che nessuna casa editrice voleva pubblicare.

porco e fuso, fuso e porco…

“Anch’io sono favorevole a che la vostra rivista ospiti immagini di donne mutilate. Le donne con un braccio solo e soprattutto quelle con una sola gamba offrono un’eccitazione unica, e un servizio fotografico con belle ragazze mutilate sicuramente sarebbe gradito ai lettori”

Cazzo ma che mi viene in mente? Rimugino mentre sono alle prese coi lacci delle scarpe che non ci pensano neppure di farsi sciogliere.

dovevi venire con una motosega se sono questi i tuoi gusti attuali…

Scaccio l’intruso pensiero dalla mente, quest’alter ego, o fondo-voce da ex tossico m’ha proprio rotto i coglioni, io sì che ora m’amputo questa parte di cervello.

Con la mano scaccio virtuali moscerini ed anche folli idee, lei intanto s’è già spogliata ed è seduta sul letto ad aspettarmi.

Finalmente mi libero dalle scarpe e finisco di svestirmi mentre l’osservo nella penombra rossa che sembra farsi di sostanza densa, c’è anche una musichetta in sottofondo che prima non avevo notato.

Sono nudo accanto a lei quando mi sembra che la sua gamba sinistra sia ora amputata e sul moncherino della coscia, attraverso l’aria che s’è fatta sempre più nebbiosa, quasi densa, scorgo un tatuaggio:

A

Ma non è la testa di un serpente fatta con penne a sfera e spille come quello delle puttane del dr.Adder; rappresenta una formica, perché una formichina?…

sei fuso, andato completamente, dai tira fuori la motosega e poi con la biro e le spille falle il lavoretto…e poi guarda che non è mica una formica….

E’ una formica, ed è ben fatta, è un lavoro professionale e non casereccio; osservo più attentamente il tatuaggio che si trova sul moncherino e mi accorgo che adesso è anche su una sua spalla.

Lei intanto completamente ignara dei miei voli, ha iniziato a succhiarmelo professionalmente e prima o durante, borbotta qualcosa sul fatto che il sole se ne è nuovamente andato.

come te, bello mio…

Si lamenta del sole partito, ma qui è quasi buio, che cazzo se ne fa del sole questa qui.

Intanto le sue carni mi sembrano avvizzite, ma poi tutto torna normale, anche il moncherino più non c’è ed al suo posto trovo una giovane flessuosa gamba, integra come l’altra.

Mi sdraio del tutto sul letto e mi lascio fare.

-         Ci connettiamo con l’induttore o lo facciamo al naturale?

-         Al naturale, ne ho piene le palle dei marchingegni virtuali.

-         Come preferisci.

-         Ma come ti chiami?

-         Tatiana.

E mi suona falso, mi sto chiedendo se non sia Giuliana, una battona che ho sbattuto qualche volta anni addietro.

Tatiana un cazzo! ti sei accorto anche tu, vero, chi è?

Che palle le voci! Ma una volta non le sentivano solo i santi? Comunque questa è Giuliana, e ora glielo chiedo…

E s’è amputata per più piacere, il tatuaggio però non torna, non è quello giusto, avrebbe dovuto essere una testa di serpente e fatto a mano con penna biro e spilli.

Le lascio un centone sul letto, perché mi sembra che abbia finito.

-         Fermo! Che fai?

-         ………..

-         Non si mettono i soldi sul letto!

-         Per l’igiene?

-         No cretino! Portano sfiga.

-         Non lo sapevo, non succederà più.

E velocemente riprendo il centone e lo poso sul comodino.

Lei parla, parla, ma non la seguo, voglio chiederle se è Giuliana, ma non mi riesce, e dopo mi accorgo che neppure mi frega e mi ritrovo vestito di tutto punto fuori sul pianerottolo con la porta che si chiude mentre lei mi da un bacio sulla guancia e:

-         Torna presto, amore.

Secondo me è Giuliana, scendo le scale, risalgo sul modulo, sono seduto davanti alla consolle pronto per partire, ma ho un presentimento: mi sbottono in fretta i pantaloni e guardo la mia coscia sinistra.

Lo sapevo! C’è tatuata una…. (formica?)

A

Mi rimetto a posto i pantaloni e scendo dal modulo, vado verso il portone, voglio risalire ed avere spiegazioni.

Ma il portone non è lo stesso e la fila dei campanelli è diversa e con nomi sconosciuti, la maggior parte dei quali sono scritti in arabo, solo il numero civico è quello giusto.

“Brutta troia amputata e anche araba” mormoro tra me e me mentre metto in moto.

….la prossima volta, dammi retta torna con la motosega…

Mi sa che darò retta all’alter ego, la prossima volta.

….e falle il lavoretto…

Mi ritrovo pure un tatoo, ma è una formica?

Formica, non formica, so un cazzo, comunque sempre uno schifosissimo insetto è.