IL POZZO DELLE ANIME

 

1.

Voglio scendere, ormai ho già fatto i miei acquisti in questo gigantesco negozio, mi trovo al quarantacinquesimo piano e mi sto dirigendo verso gli ascensori.

- Momentaneamente fuori servizio – lampeggia con luce rossa, allora mi reco dalla parte opposta della gran sala vendite ove vi è un altro gruppo di ascensori.                             

-         Momentaneamente fuori servizio – lampeggiano tutte le luci.

– Scale d’emergenza – dice una scritta bianca sopra una porta seminascosta.

L’apro e scendo veloce una scalinata in cemento illuminata da piccole luci fluorescenti sul soffitto.

Scendo, scendo e mi ritrovo in un ampio magazzino zeppo d’imballaggi aperti e d’oggetti accatastati. Più avanti ci sono le scale che proseguono nella loro discesa, le imbocco.

Scendo, scendo, ma ormai dovrei essere al piano terra. Ho del cibo tra i miei acquisti, mi siedo sugli scalini, mangio qualcosa, poi ricomincio a scendere.

Scale, scale, altri magazzini pieni d’oggetti e di residui d’imballaggi, nessun’altra uscita, nessuna finestra, nessun citofono.

In una sala magazzino m’addormento su degli imballaggi, al mattino mangio e bevo qualcosa dalle mie provviste e ricomincio a scendere, sempre più giù, sempre più in basso.

Sono preoccupato, le mie provviste stanno per finire, ma le scale continuano a scendere e mi attirano nella loro infinita discesa…

 

2.

Come in un sogno mi ritrovo a spiare nascosto dalle assi di questa assurda stanza in legno, costruita da un carpentiere osceno. Ho lasciato l’automobile al limitare del bosco e rubo attimi di vita oltre la stanza, vite che si svolgono all’aperto con giovani nudi che offrono al vento i loro ricordi, mentre il vento d’inverno sferza incessantemente i rami della foresta.

Questa foresta inquinata da mille fatture che cela il pozzo delle anime. Ho con me l’anello che getterò nel pozzo e lo guarderò sprofondare nei suoi liquidi degenerati e non chiederò niente.

Le richieste formulate davanti al pozzo delle anime durante la cerimonia dell’offerta, sempre vengono esaudite, ma ad un caro prezzo di sangue. Chi chiede l’auto con essa si sfracella, dicono gli antichi saggi. Meglio tenere l’insoddisfazione dell’atto e rovesciare nel pozzo delle anime la propria indifferenza.

Dopo il rito dell’anello tornerò a questa stanza d’assi, mi arrampicherò sulla scala e col binocolo scruterò l’entrata al pozzo, attivando anche ogni tipo di scansione.

So che qualche entità vorrà curiosare oltre l’orizzonte del pozzo e ciò che vedrà non potrà essere di suo gradimento…

 

 

3.

Voglio scendere e raggiungere la mia auto al parcheggio, ormai ho già fatto i miei acquisti, mi sono pure ricordato di far riparare l’anello di mia moglie, quello a cui lei tiene tanto ed il mio binocolo. Mi trovo in una grande sala vendite al quarantacinquesimo piano di questo immenso edificio commerciale e sto cercando gli ascensori. – Momentaneamente fuori servizio – lampeggia la scritta accanto ad una luce rossa, mi reco allora dalla parte opposta della sala ove si trova un altro gruppo d’ascensori, sono quelli panoramici, più lenti, ma mi adatterò.

-         Momentaneamente fuori servizio – lampeggiano anche qui le luci.

– Scala d’emergenza – dice una scritta bianca sopra una porta seminascosta. Spio prima attraverso la porta, poi l’apro e scendo veloce lungo una scala in cemento armato illuminata da piccole luci fluorescenti appese al soffitto. Scendo, scendo e mi ritrovo in un ampio magazzino zeppo d’imballaggi aperti e d’oggetti accatastati.        – Materiale rubato – dice un cartello improbabile appeso ad una parete. Mi chiedo se ho letto bene e più avanti ci sono altre scale che proseguono nella loro discesa e dalle quali avverto provenire un leggero refolo di vento. Le imbocco nella loro scesa ed ormai dovrei essere al piano terra, voglio uscire all’aperto in questa mattina d’inverno. Seguito invece a sprofondare in quest’assurdo edificio, scale, scale, altri magazzini pieni d’oggetti e di residui d’imballaggi disfatti. Nessuna uscita, nessun telefono, nessuna finestra, nessun citofono…..

Ho del cibo trai miei acquisti, mi siedo sugli scalini e mangio qualcosa, foro una lattina di coca con la chiave d’accensione della mia automobile, mi guardo attorno, c’è una sala ed un cartello di cartone è inchiodato ad una parete, col pennarello nero c’è scritto: oggetti smarriti.

Ricomincio a scendere, sono esausto, in una sala magazzino mi distendo su degli imballaggi di cartone e d’espanso. Guardo il basso soffitto, poi accanto a me scorgo un foglio a quadretti strappato da un quaderno e piegato in quattro, lo apro, con lettere incerte, a lapis c’è scritto:

 

poema,

lo spione sorpreso,

l’anello rubato,

la mattina d’inverno,

l’automobile ferma,

la foresta spazzata dal vento,

la richiesta insoddisfatta,

la femmina col binocolo,

la scala di legno,

il ricordo sfacciato,

il pianoro sprofondato,

il pozzo delle anime.

 

Che strana poesia, mi dico, appallottolo il foglio e lo scaglio lontano. Bevo l’ultima sorsata di coca e butto giù qualche biscotto, la stanchezza mi avvolge e scivolo nel sonno.

Sogno di attraversare una foresta, una foresta immensa che non ha fine e che diviene sempre più buia man mano che avanzo, più buia e spaventosa.

Al risveglio sono terrorizzato, finisco ciò che resta delle mie provviste, non ricordo più il sogno, ma so con certezza che non è stato divertente, mi sento insoddisfatto, vorrei chiedere a qualcuno dov’è l’uscita, ma qui non c’è anima viva. Lascio in questa stanza i miei acquisti, mi metto in tasca solo l’anello di mia moglie ed al collo il binocolo riparato e proseguo lungo le scale che continuano a scendere mentre adesso l’aria è completamente ferma e sembra pure più densa e più calda: un leggero odore di cherosene è pure presente……

Scendo, le mani in tasca, gioco con l’anello mentre il binocolo sbatte contro il mio petto al ritmo della discesa degli scalini. Dov’ero nel sogno? Sì, in una foresta, c’ero arrivato con l’auto, poi la strada si è fatta sempre più stretta ed impraticabile, così sono sceso ed ho proseguito a piedi lungo un sentiero. Ma man mano che andavo avanti la foresta si è fatta sempre più intricata, fitta, scura e vedevo solo rami che s’intrecciavano davanti a me, mi sono girato ed anche dietro l’intreccio era sempre più fitto ed enigmatico, mi ha preso allora la paura e mi sono svegliato.

Ma sto ancora scendendo, da quanto? L’odore di cherosene ora è svanito, c’è puzza di zolfo ed è sempre più caldo e l’aria si fa ancor più densa. Mi fermo nuovamente sugli scalini, la mia mano trova l’anello in tasca, lo afferro e con rabbia lo scaglio via. Colpisce il muro, rimbalza e precipita lungo la tromba delle scale. Avverto un leggero sibilo, come qualcosa che acquista sempre più velocità, poi c’è il rumore d’un oggetto caduto nell’acqua, subito dopo le luci prima tremolano, poi si spengono ed il terrore inizia a serrarmi la gola…

 

Vittorio Baccelli