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vittorio baccelli – i racconti – terzo sigillo
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STORIE STRANE
Prologo
E’ proprio questa strana e sporca pioggia che sta venendo giù da tre giorni la principale responsabile del mio malumore. Da quando è iniziata a cadere tutto è cambiato: prima se ne andata l’elettricità, anche le pile e la batteria della mia auto sono scariche, poi è arrivato un crepuscolo che sta durando da tre giorni, sembra che l’elettricità sia tutta finita nell’aria, infine questo lieve tremolio della terra, quasi impercettibile, ma costante. La pioggia sporca cade lentamente, senza furia, ma durevole.
Ero giunto alla mia casa trai monti per poter finire la traduzione di un quaderno della Storia Orale di Joe Gould, il quaderno mi era stato regalato da un mio amico di San Francisco. Avevo iniziato il lavoro al PC, ma poi la luce è saltata e da allora sto girando a vuoto qui nella mia casa di montagna, ho rimesso in funzione una vecchia macchina da scrivere portatile che la scrittura digitale ha da tempo pensionato. Sto scrivendo, ho lasciato da parte il quaderno del professor Gabbiano, cioè una parte del libro più esteso del mondo, lungo quanto dodici Bibbie e sono passato a sfogliare alcune vecchie riviste, ne ho trovata una che invita i lettori a cimentarsi su sette argomenti, ed ho deciso di affrontarli, in attesa che la luce torni, che la pioggia cessi e che il telefonino torni a squillare.
I temi proposti sono: Storie Strane, Lo straniero, Bambini, La Magia, La fine del mondo, Il viaggio, Corpi.
La luminosità magnetica di questo lungo crepuscolo è inquietante, ma sufficiente a farmi scrivere senza bisogno di dover accendere alcun lume (ho candele a sufficienza). Il rio che scorre più a valle si sta facendo sempre più rumoroso, mentre prosegue il lento tremolio della terra, dalla cantina provengono alcuni radi, ma inquietanti scricchiolii. Ma tutto questo non mi turba più di tanto. Non riesco a capire se sia giorno o notte, anche il mio Casio ha smesso di funzionare. Dalla stampante del PC prendo alcuni fogli bianchi, uno lo metto nella macchina da scrivere.
Storie Strane
Da due anni suo figlio era partito per una breve vacanza e non aveva più dato alcun cenno di se. Lei aveva mobilitato tutta la polizia e le ricerche si erano svolte non solo in Italia, ma anche all’estero. Non sapeva darsi pace della sparizione, suo figlio aveva venti anni ed era uno studente modello all’università, era partito con la sua auto per trascorrere una settimana di riposo, come era solito fare, e non sapeva neppure lui ove sarebbe andato.
Un giorno una sua amica le disse di aver conosciuto una medium che veramente era brava nell’evocare gli spiriti dei morti e le disse, perché non proviamo con tuo figlio?
Lei non ne voleva sapere, non voleva credere che fosse morto, preferiva pensarlo in qualche terra straniera, ammaliato da una bellissima donna, così bella che gli aveva fatto dimenticare ogni altra cosa, preferiva pensarlo così.
Ma una notte sognò suo figlio, il quale gli chiese di mettersi in contatto con la medium, perché lui voleva parlarle. Rimase molto turbata dal sogno, e la mattina si mise in contatto con l’amica perché le fissasse un incontro con la medium.
L’incontro ebbe luogo e la seduta si svolse nello studio della medium e subito, tramite lei suo figlio entrò in contatto con la madre e le raccontò che ad Amsterdam aveva fatto amicizia con tre giovani olandesi che però una sera inaspettatamente l’avevano aggredito nella stanza che lui aveva preso in affitto, e lo avevano ucciso con alcune coltellate. Avevano poi gettato il suo corpo nell’Amstel e si erano appropriati di tutti i suoi beni, compresa l’auto. Le dette i nomi dei suoi assassini e le indicò il luogo esatto ove il suo corpo era stato gettato in acqua.
La madre il giorno successivo si recò in commissariato, da un commissario che era divenuto suo amico e che aveva coordinato le inutili ricerche del figlio. Il commissario la stette a sentire, si appuntò i nomi dei presunti assassini e si fece spiegare dettagliatamente il luogo ove il figlio avrebbe dovuto esser gettato nel fiume.
Il commissario disse di non credere minimamente ai medium, ma grazie a loro, talvolta la polizia era riuscita a risolvere dei casi, lui non voleva lasciar nulla d’intentato, pertanto avrebbe controllato ogni cosa. Non appena la signora se ne andò, il commissario si mise al computer e chiamò un suo collega di Amsterdam, con il quale aveva in passato collaborato per risolvere alcuni casi di spaccio internazionale di droga. Solo nel pomeriggio riuscì a chattare con il collega di Amsterdam e gli inviò i nominativi dei presunti assassini ed il luogo ove il ragazzo poteva esser stato gettato in acqua. Il collega rispose che dopo due anni, ben difficilmente qualcosa poteva saltar fuori dalle acque, ma che avrebbero lo stesso controllato.
Tre giorni dopo arrivarono le risposte. I tre presunti assassini erano morti, uno di AIDS, l’altro in un incidente stradale, il terzo invece era stato vivisezionato da un efferato serial killer che aveva nella stessa orrenda maniera ucciso altre sette persone ed era tuttora attivamente ricercato. Nel luogo del fiume scandagliato era saltato fuori un portafoglio con documenti illeggibili dalla permanenza in acqua, ma tra questi fogli vi era anche un tesserino universitario plastificato, nel quale vi era anche la foto del malcapitato giovane, sparito nel nulla due anni prima.
Lo straniero
Con una vecchia Mercedes, l’uomo entrò nel sonnolento paese. Si fermò davanti all’unico locale, un emporio con bar, distributore di benzina, giornaleria e molte altre cose. Era uno di quelli esercizi che nelle piccole comunità vendono proprio di tutto. L’uomo si scosse la sabbia dal vestito e si mise a sedere ad un tavolo. Nel mezzo del negozio vi erano infatti tre tavoli, uno solamente era già occupato da due camionisti che stavano in silenzio scolandosi delle birre. Un vecchio juke box in un angolo, mandava in sottofondo vecchio rock anni settanta. L’uomo ordinò un caffè e prese a sfogliare distrattamente una rivista vecchia e spiegazzata che era posata su una delle sedie che si trovavano intorno al tavolo ove lui si era seduto. Sorseggiò lentamente il caffè che gli era stato portato da una ragazza con l’aria annoiata che stazionava dietro al bancone. Chiese poi la toilette, e gli fu indicata una scalcinata porta in fondo al locale. Ordinò più tardi qualcosa da mangiare e dopo si mise a lavorare ad un computer portatile che aveva preso dall’auto. Quando giunse la sera si fece portare toast e birra, poi alla cameriera chiese se in paese c’era una camera ove passare la notte. Lei gli rispose che il locale aveva anche alcune camere libere per pernottare. L’uomo allora prese dall’auto una valigetta e chiese ove poteva dormire. La cameriera l’accompagnò in una stanza che era proprio sopra il locale. Una squallida camera con sporca carta da parati alle pareti, con un letto matrimoniale, un armadio con specchio, un comodino e nient’altro.
- Vuole compagnia per la notte?
L’uomo non si aspettava questa domanda dalla cameriera, ma era proprio quello che stava per chiederle, se fosse possibile avere una compagnia.
- Si, una compagnia la vorrei proprio.
- Io le vado bene?
L’uomo la guardò attentamente per la prima volta. Aveva una ventina d’anni, seni piccoli ma ben eretti, gambe ben modellate e generosamente mostrate dalla casacca che indossava e che le arrivava a metà coscia.
- Si che mi vai bene!
- Tra un’ora smetto in negozio, poi vengo su.
- OK, ti aspetto.
Dopo circa un’ora la ragazza bussò alla porta, lui disse – Avanti! – e lei entrò, si spogliò in fretta e si mise nuda sul letto. Anche lo straniero si tolse tutti i vestiti, poi le prese con le due mani i seni e cominciò ad accarezzarli. La mise sopra di lui e la penetrò, lei cominciò ritmicamente a muoversi cavalcandolo, mentre lui sempre le stringeva i seni. Quando lo sentì venire, lei si staccò e si distese sul letto. L’uomo dalla valigetta che aveva posato sul comodino estrasse una bomboletta spray mentre lei era girata dall’altra parte e non lo stava guardando. Spruzzò il contenuto sul suo volto e lei per un attimo sbarrò sorpresa gli occhi, poi cadde addormentata.
L’uomo allora dalla valigetta estrasse tutta una serie di bisturi e li allineò sul letto. Prese poi un rotolo di nastro adesivo e con esso le legò mani e piedi e le tappò la bocca. Iniziò il suo lavoro, mentre le lenzuola assumevano una colorazione rossastra.
Quando ebbe finito, alcune ore dopo, lo straniero ripulì i suoi arnesi, li ripose nella valigetta, si rivestì con cura, uscì, tornò all’auto e ripartì.
Bambini
Dimostravano tutti all’incirca dodici anni ed erano biondi. Si trovavano rinchiusi in varie basi militari sulla terra, ma con il pensiero riuscivano a comunicare tra loro. Un gruppo di bambini era ospitato presso un college in un luogo appositamente creato per loro in una realtà paradosso. Loro erano solo in parte umani ed ogni giorno affinavano sempre più le loro peculiarità. Potevano spostarsi all’istante da un luogo all’altro e potevano anche a piacimento scorrere nel tempo. Anche le realtà parallele per loro erano aperte. Stavano crescendo e stavano imparando, nei confronti degli umani cercavano di assecondarli nell’istruzione che loro gli fornivano, ma tenevano accuratamente nascoste le loro capacità non comuni. In un altro tempo, in un altro universo, avevano creato una bolla abitabile ed in quel luogo periodicamente si riunivano e lì prendevano le loro decisioni. Si esercitavano nei loro poteri senza interferire nella realtà nella quale scorreva il loro tempo. Il gruppo di bambini nella realtà paradosso era quello più libero, non avevano né militari, né scienziati attorno, nessuno li controllava, ma erano ospiti graditi con insegnanti al loro servizio. Studiavano la storia della terra e per la prima volta avevano deciso d’intervenire direttamente per mettere alla prova le loro capacità. Un serial killer del ventunesimo secolo aveva compiuto una serie d’orrende uccisioni spostandosi in varie nazioni europee, e non era mai stato scoperto.
Seguirono dai ritagli dei giornali conservati nelle banche dati i suoi movimenti e così uno di loro si materializzò ai bordi di una strada di campagna che portava ad un paesino toscano, poche ore prima che lui commettesse uno dei suoi omicidi in un oliveto lì vicino. Questo assassino vivisezionava solo giovani d’ambo i sessi, dopo averli drogati, si pensava, con uno spray.
Il bambino si mise al lato della strada, prima passarono due camion, poi un’auto familiare con tre persone a bordo, seguì un motore, poi vide giungere una vecchia Mercedes con a bordo un uomo sulla cinquantina. Forse ci siamo, pensò il ragazzo, e fece con la mano il cenno dell’autostop. L’auto si fermò a pochi metri da lui.
- Vuoi un passaggio?
- Sì grazie, volevo arrivare in paese.
- Sali pure.
Non appena il ragazzo fu entrato e la portiera chiusa, l’auto si mise in moto, il guidatore mentre con una mano teneva il volante, con l’altra aprì il bauletto ed estrasse una bomboletta spray. Lui stava sorridendo ed il ragazzo la guardava con aria interrogativa.
- C’è cattivo odore nell’auto, questo è un deodorante.
Il ragazzo non gli lasciò finire la frase poiché con lo storditore che aveva in tasca lo colpì e l’uomo s’accasciò istantaneamente sul cruscotto. Il ragazzo fu veloce ad afferrare il volante, poi girò la chiavetta per spegnere il motore e l’auto si fermò sul ciglio della strada. Mentalmente chiamò gli altri e tre di loro si materializzarono ai lati dell’auto. Il silenzio afferrarono il corpo privo di sensi e lo trascinarono sull’erba un po’ distante dalla strada, per non dare nell’occhio ad eventuali passanti.
Poi iniziarono a frugare la macchina e nel bagagliaio trovarono una valigetta di pelle nera piena zeppa di bisturi lucenti dalle forme più svariate.
Era proprio il serial killer che cercavano, ora non avrebbe più nuociuto. Presero i bisturi ed uno ad uno glieli infilarono nel torace, nelle gambe e nelle braccia. Intanto l’effetto dello storditore stava lentamente passando e l’uomo aprì gli occhi e si rese conto di quello che stava succedendo. Era avvolto da vampe di dolore, ma non riusciva a muoversi e neppure ad urlare. Un ragazzo estrasse da tasca una pistola laser, che assomigliava ad un portachiavi, l’accese ed un sottile raggio luminoso tracciò righe di fuoco sull’erba, la riga s’avvicinò alle gambe del killer e le tagliò di netto a mezza coscia, poi si diresse verso le braccia ed in un secondo tutte e due furono staccate dal busto. Il killer vide il suo corpo martoriato e le pozze di sangue che si formavano sull’erba verde, vide anche i bambini sparire ridendo, poi l’immagine s’offuscò del tutto e per sempre.
La magia
Si era ritirata nel Bajon, in una casupola di lamiera e fasci d’erba, più che una casupola sembrava una capanna. Davanti alla porta spesso trovava i tributi di chi la temeva ancora o di chi aveva delle cose da chiedere. I tributi erano appena sufficienti per mantenerla in vita, ma il pesce di fiume era abbondante e quando proprio non aveva altro, non aveva altro da fare che chiamarlo. Lei intagliava il legno e lasciava le sue opere terminate fuori dalla capanna, ogni tanto qualcuno veniva furtivo, ne sceglieva una, una sola, e lasciava un tributo. La maggior parte delle persone che transitavano da quel punto evitavano accuratamente la casupola, e facevano larghi giri. La vecchia pentola era sul fuoco di rami secchi ed all’interno bolliva un liquido verdastro, un fumo denso si levava dalla pentola in ebollizione e lei seduta accanto recitava antiche formule mentre con il coltello intagliava un ramo. Il tempo scorreva lento e lei ad intervalli regolari ravvivava il fuoco. Quando il liquido fu quasi del tutto evaporato, gettò il legno intagliato nella poca brodaglia rimasta sul fondo ed un lampo di vapore l’avvolse. Anche la capanna fu nascosta dalla nebbia e quando essa diradò, in terra vi erano gli stracci della donna ed accanto al fuoco una lupa argentata ululò alla luna che stava allora sorgendo. Le narici frementi ascoltarono l’aria, poi l’animale raccolse tutti i suoi muscoli e si slanciò correndo ove aveva avvertito la pista d’odore. La caccia era cominciata, la lupa doveva calmare la fame che la stava attanagliando, la preda era stata individuata.
La fine del mondo
Le ricerche dei bambini proseguivano a vasto raggio, adesso volevano risolvere il mistero di un universo parallelo che era collassato, e la fonte del collasso era proprio situata sulla Terra. Si misero a studiare gli ultimi giorni di quella Terra, ma non riuscirono a trovare alcuna traccia utile per comprendere come l’evento si fosse verificato. Cominciarono a vagliare le notizie più strane, poiché erano riusciti ad eliminare tutti i laboratori di ricerca ed in particolare quelli militari. Da dove poteva esser scaturito quel disastro cosmico? Erano quasi dell’idea che fosse dovuto ad una imponderabile causa naturale, quando uno di loro si imbatté in una notizia di pochi giorni prima della catastrofe: uno scienziato, un certo prof. Merz avrebbe tentato un esperimento per dimostrare la validità delle teorie di Reich e la loro influenza sul big bang. Il giorno e l’ora dell’esperimento coincidevano con quelli del disastro. Cercarono altri articoli e registrazioni su quell’esperimento e ne trovarono alcuni, ma tutti in chiave semiseria e di sputtanamento nei confronti del prof. Merz. Trovarono infine anche l’annuncio dell’esperimento dato in rete dal professore e l’invito al mondo accademico ad assistervi.
Decisero così di approfondire l’ipotesi e due di loro, una settimana prima del collasso si recarono a casa del professore e si intrattennero lungamente con lui. Il professore fu contento di trovare due ascoltatori che attentamente lo seguivano nelle sue teorie, ed anche se erano dei bambini li informò su tutti i dettagli dell’esperimento stesso. Mentre i bambini parlavano con lui erano collegati con tutto il loro gruppo che li stava ad ascoltare, e mentre il professore era infervorato nelle spiegazioni e mostrava loro la sfera di cristallo ove i flussi d’energia orgonica si sarebbero incontrati, e le scatole nere collegate a circuiti integrati che amplificavano l’energia orgonica distinta nei due sessi, loro piazzarono in varie parti del laboratorio, alcune microcimici.
Ringraziarono il professore che era stato molto gentile con loro e lo salutarono augurandogli che l’esperimento avesse successo. Tornarono alla bolla e controllarono l’efficienza delle cimici. Il loro computer aveva realizzato l’intero edificio in proiezione olografica. Solo un millesimo del laboratorio non era coperto dalla visione delle cimici, ma il computer non aveva alcuna difficoltà ad elaborare le zone d’ombra, così l’immagine era perfetta e tutto veniva anche registrato.
I ragazzi assistettero al completamento delle apparecchiature ed anche all’attivazione della macchina. Erano tutti lì a bocca aperta davanti all’immagine olografica quando la terra collassò all’interno della sfera di cristallo portandosi appresso l’intero universo.
- Questo Reich, bisognerà studiarselo attentamente - Mormorò uno dei ragazzi che
per primo si era riavuto dallo stupore.
Il viaggio
Non riusciva a comprendere cosa fosse successo. Si era messo in viaggio lungo la strada che portava al monastero e si era ritrovato in un posto stranissimo che mai aveva visitato prima. Tutto ad un tratto si era accorto che i verdi colli trai quali la strada sterrata si dipanava, erano spariti ed al loro posto si elevavano dei monti di pietra scoscesi. Cosa ancora più strana, lungo questo ultimo tratto di strada più non aveva incrociato pellegrini, né carri di contadini. Eppure la strada era sempre stata trafficata, verso il monastero si dirigevano frotte di contadini che lo rifornivano di cibo e visitatori provenienti anche da luoghi lontani. La strada era anche costantemente pattugliata da cavalieri per evitare ai pellegrini cattivi incontri. Lui era già stato più volte al luogo di fede e mai aveva sbagliato strada, era impossibile, era l’unica grande via che attraversava i colli e gli incroci erano solo con piccoli tratturi o con redole vicinali che portavano alle corti. Tornò sui suoi passi, ma più proseguiva, più il paesaggio rimaneva immutabile con i monti di pietra ed il fondo sabbioso. Giunse in una grande pianura interamente coperta da sabbia e con alte dune come quelle di un deserto. Anche il sole dardeggiava come non mai ed un vento caldo sollevava mulinelli di sabbia. Proseguendo incrociò una grande strada che come un nastro nero arrivava dritta fino all’orizzonte. Lui non aveva mai visto niente di simile, la pavimentazione era ininterrotta, formata da un unico nastro. Proseguendo scorse in lontananza un edificio, man mano che si avvicinava si rese conto che era abbandonato e sembrava costruito in pietra. Attorno all’edificio, un piazzale lastricato come la grande strada nera, sul piazzale alcune montagnole di metallo arrugginito e frammenti di materiale colorato che assomigliava al legno, ma legno non era. Decise di passare la notte nell’edificio abbandonato, stese la coperta e si addormentò vicino all’entrata. Fu svegliato in piena notte da un rombo assordante che andava sempre più avvicinandosi. Si alzò e fece alcuni passi nel piazzale, vide giungere qualcosa lungo la strada, delle luci, sistemate come occhi sempre più s’avvicinavano a lui. Le luci entrarono nel piazzale e lui vide un enorme carro chiuso, metallico, le luci erano davanti e dietro. Il carro non era trainato da alcun animale, il rumore cessò, le luci si spensero ed una porta del carro si aprì. Lui rimase terrorizzato immobile in mezzo al piazzale. Dal carro uscì una figura che si avvicinò a lui lanciandogli parole senza senso. Quando la figura gli giunse accanto si accorse che si trattava di una donna, aveva addosso solo dei calzari ed un paio di calzoncini. Era giovane ed i due seni eretti svettavano al chiarore della luna. Lui cercò di dirle qualcosa, e lei rispose con un linguaggio incomprensibile, poi si mise a ridere. Lo prese per una mano, lo fece girare, lo guardò attentamente e nuovamente eruppe in una risata fragorosa. Lo spinse verso il carro, che ora se ne stava immoto e silenzioso, lo fece salire, lui terrorizzato si lasciò guidare.
All’interno vi era una leggera luce ed un sedile imbottito grande come un letto, lui si sdraiò e lei gli fu addosso. Lo spogliò, sussurrando parole incomprensibili, e lo invitò a far l’amore con lei. Si ricordò d’essere un pellegrino e che lo scopo del viaggio era per lui penitenziale, ma era troppo sbalordito da quello che gli stava succedendo e si lasciò condurre dagli eventi. Dopo aver fatto l’amore lei gli consegnò un abito pulito fatto di un sol pezzo di tessuto e lo aiutò ad infilarlo, poi gli rimise i suoi sandali ed il carro si mise da solo in moto e con un sordo rombo, veloce imboccò la strada nera illuminata da quegli occhi di fuoco che il carro aveva davanti. Nuovamente con la bocca spalancata osservava la strada correre via, mentre lei seguitava a guardarlo ed a ridere.
Corpi
Ore 22.50 – il clic di un accendino, musica dalla trasmissione “Un’ora d’amore” su Radio Subasio, fruscio di coperte ed il sibilo ritmico di una sigaretta aspirata.
Ore 22.50 – una pozza di sangue e liquidi organici che lentamente, molto lentamente va ingrandendosi tra le pietre del selciato della piazza, di color nero sotto le lampade dell’illuminazione cittadina, accanto al corpo di una donna nuda con gli arti in posizioni innaturali. Alcuni passanti inorriditi di malavoglia si stanno avvicinando.
Ore 22.40 – rumore di tegole che improvvisamente si smuovono, attimi di silenzio seguiti da un sordo tonfo lontano.
Ore 22.30 – le gambe di lui si distendono di colpo e con violenza. Rumore di vetri infranti e di asticelle di legno che si spezzano.
Ore 22.20 – gemiti di piacere, con le gambe piegate alza lei e la tiene in equilibrio, una gamba è sul culetto, l’altra sulla schiena, sollevandola la palleggia più volte senza farla cadere.
Ore 22.10 – fruscio di abiti che vengono tolti, scarpe che cadono sul tappeto, cigolio del letto, fruscii di lenzuola e coperte.
Ore 21.50 – rumore di piccoli passi, cigolio di porta che viene lentamente aperta, clic dell’interruttore della luce, clic di una radio che s’accende. Varie stazioni sono cambiate in fretta, ora è sintonizzata su Radio Subasio che trasmette “Un’ora d’amore”.
Chiusura
Ho terminato i temi proposti, non riesco a capacitarmi di quanto tempo sia trascorso. Niente è mutato, la pioggia sporca seguita a cadere senza interruzioni, la terra trema con la stessa impercettibilità, il rio rumoreggia distante, il crepuscolo sembra infinito. Fuori avrei l’auto, ma ho già controllato, la batteria è scarica, potrei avviarmi a piedi verso il paese, in una mezzora sicuramente lo raggiungo. Ma non ne ho voglia: qui mi sento al sicuro, ho provviste per parecchio tempo, libri da leggere, cose da scrivere. Se farà freddo, ho molto legname in garage, ma non credo che ne avrò bisogno, la temperatura si è stabilizzata intorno ai 18, 20 gradi, è strano, siamo in montagna ed è marzo: dovrebbe essere più rigida. Sì, uno di questi giorni scenderò in paese.
Vado in bagno, la vescica è stata ignorata per troppo tempo, mi sdraio infine sul divano e mi addormento fissando lo schermo grigio del televisore senza vita.
E’ tutto molto inquietante.