-          vittorio baccelli – i racconti – terzo sigillo –

 

 

 

 

LA STRADA TRA I FOLTI ABETI

 

Il modulo abbandonò l’autovia per immettersi su una strada secondaria che portava alla famosa località sciistica attraversando una fitta selva d’abeti. Gli alberi erano così vicini l’uno all’altro che il nastro d’asfalto s’insinuava con ampie curve tra due muraglie di tronchi. Gli abeti erano grandi ed alti, nel fitto bosco il tramonto si era subito trasformato in una buia notte ed il cielo era completamente scomparso trai fitti rami.

Eligio aveva tolto la guida automatica e manualmente comandava il modulo, Eliana seduta accanto a lui aveva acceso una sigaretta e disteso le belle gambe che splendevano colorate parzialmente illuminate dai led del cruscotto.

-         Ma siamo sicuri che sia la strada giusta?

-         Si ho guardato la cartina sul computer di bordo e la strada era indicata come panoramico-turistica.

-         Turistica forse, ma di giorno, panoramica, insomma, sembra un tunnel scavato tra gli abeti, ed ad esser sincera a me fa un po’ paura.

-         Una stazione di servizio!… Ma è tutto spento, andiamo avanti, ormai dovremo essere vicini, ci faremo un bel caffè appena arriviamo.

-         Finalmente c’è un cartello, siamo arrivati?

-         Mi sembra presto.

-         Hai letto il cartello? C’è scritto RANE.

-         RANE? FRANE c’era scritto, hai letto male.

-         Veramente io ho letto RANE.

-         In Inghilterra sono segnate le zone di transito dei batraci, l’ho letto da qualche parte. Ma qui in Italia chi vuoi che gliene freghi dei ranocchi.

-         Forse qualche gruppo animalista, ma RANE o FRANE, per favore rallenta.

-         Va bene, sto decelerando, sono appena a sessanta, non schiaccerò nessun ranocchio e se vedo una frana tiro una frenata, sei contenta?

-         Comunque c’era scritto RANE.

-         Ma va’…

-         Attento! La strada è ostruita!

-         Ecco la frana, te l’avevo detto!

Eligio pigiò il freno ed il modulo si arrestò ad una cinquantina di metri da una massa scura che occupava l’intera carreggiata. I fari illuminarono l’ostacolo che non sembrava del tutto immobile, infatti la massa verde e marrone di mota e detriti stava ancora smottando.

- Ma che cazzo!…- esclamò Eligio mentre scendeva dal modulo, ed i suoi piedi si posarono su una fanghiglia viscida e scivolosa perdendo l’aderenza e lui piombò a terra, in ginocchio, con una mano che era rimasta afferrata alla portiera e la stava saldamente stringendo per riprendere l’equilibrio.

Si accorse che la mano che aveva toccato il suolo ed i pantaloni erano coperti da un liquido vischioso ed appiccicoso.

-         Ma che schifo di frana!

E si tirò su aggrappandosi con le due mani al modulo, vide che Eliana più non era nell’abitacolo e l’altra portiera era aperta.

-         Eliana, sei scivolata anche tu su questa merda?

-         ….

-         Eliana! Rispondi!

Silenzio, si guardò intorno, guardò fuori, ma di Eliana nessuna traccia, aprì allora il bauletto portaoggetti del modulo ed estrasse una pila, piccola ma potente.

Con le mani tremanti l’accese e col fascio di luce cominciò a scandagliare attorno al modulo, urlando: “Eliana! Eliana!” Finché non si rese conto che il suo torace era stato avviluppato da un viscido nastro rosa che lo stringeva forte, sempre più forte.

La pila gli sfuggì di mano e rotolò sul bordo dell’asfalto, tentò di urlare, ma il grido gli rimase invischiato in gola, si sentì sollevare, trascinar fuori dal modulo e davanti a se vide un ovale nero, come uno scuro portale che lo stava inghiottendo.

-         RANE – pensò – RANE –

Nello stesso momento la strada panoramica fu imboccata da un’auto d’epoca, di quelle a benzina inquinante e con le marce.

Era Lucia che guidava con perizia, mentre Nicola, seduto accanto a lei, pensava: “Ora me la scopo, questa stronza”.

-         Nico, ma sei sicuro che questa sia la strada giusta?

-         Sì e poco più avanti, dopo l’area di servizio c’è una striscia di prato verde che s’incunea tra gli abeti, fermati lì che ci fumiamo una sigaretta in pace prima di arrivare.

-         Io vedo solo una muraglia di tronchi, mi sa che mi hai fatto sbagliare strada, e magari l’hai anche fatto apposta.

-         Ma che dici, guarda, la stazione di servizio.

-         Ma è chiusa, è tutto spento.

-         Vai tranquilla, siamo nel posto giusto.

-         Cazzo! c’è uno STOP!

-         A parte che questa strada non ha incroci, poi abbiamo già superato a tutta birra il cartello. Comunque c’era scritto TOPI.

-         TOPI? Ma che cazzo hai fumato prima? Quando mai prima d’una località turistica mettono un cartello stradale con su scritto TOPI? Pensi che l’abbia messo la proloco?

-         Non era STOP, era TOPI!

-         ….

-         Fermati! Ecco lo spiazzo verde che ti dicevo.

C’era infatti un prato che rompeva la compattezza del muro d’abeti e Lucia di malavoglia fermò l’auto proprio sul tappeto verde.

-         Io direi di ripartire velocemente.

Nico senza rispondere aprì la portiera e scese, girò attorno all’auto d’epoca, aprì l’altra portiera e tirò a sé Lucia che di malavoglia si lasciò baciare.

Lei era appoggiata alla carrozzeria mentre Nico le aveva in fretta sbottonato la camicetta, poi la gonna scivolò sull’erba assieme alle slip. Le prese con le mani i seni e cominciò al baciare alternativamente i capezzoli, poi si mise in ginocchio ed era con la lingua entro il delta di venere, quando improvvisamente si sentì afferrare da robuste zampe artigliate e nella penombra vide scomparire Lucia sotto un’informe massa grigia.

Mentre il dolore gli stava appannando la vista, dei rigidi fili gli strusciarono sul volto. Con terrore misto a stupore scorse un grande occhio che nel buio lo stava fissando a pochi centimetri dal suo volto. “TOPI” pensò ed il silenzio fu rotto dal rumore di mandibole che masticavano, di ossa che si spezzavano e da stridii metallici.

Proprio in quell’istante la strada turistico-panoramica fu imboccata da un veicolo del soccorso stradale guidato da un autista sonnolento.