-          vittorio baccelli – i racconti – terzo sigillo –

 

 

 

 

 

 

STUDI AVANZATI

 

Kalid si trova ora ospite di una scuola retta da alcuni frati, sul cortile del basso edificio sventola una bandiera bianca. E’ dunque territorio neutro rispetto alle due fazioni che da tempo immemorabile si stanno combattendo su tutto il pianeta. I motivi che hanno portato alle ostilità i gialli e gli azzurri, si perdono nella notte dei tempi e la guerra ristagna, fatta di piccole scaramucce locali.

Kalid era stato raccolto in un villaggio agricolo alcuni anni fa, tutti gli abitanti erano stati uccisi, solo i bambini furono risparmiati.

Kalid non ricorda se i suoi compaesani fossero gialli o azzurri, non ricorda neppure il nome del paese.

Ricorda invece che tutti erano musulmani, ma a lui la religione non aveva mai interessato, se la sentiva estranea. Il padre aveva iniziato da poco ad insegnarli la scrittura araba, ma Kalid non ricordava quasi più niente, neppure i volti dei suoi genitori.

Adesso aveva dieci anni e le due fazioni in lotta erano solo un vago ricordo, la sua vita scorreva nel territorio protetto della scuola, assieme agli altri allievi ed ai frati.

La religione, anche quella cattolica, non era riuscito ad attrarlo, le materie scolastiche invece l’appassionavano e passava molte ore in biblioteca o a visionare vecchie memorie solide registrate.

Talvolta cercava di dare un senso a ciò che era accaduto nel suo villaggio natale, perché gli uomini si erano divisi in due fazioni armate, in perenne guerra tra loro? Quali erano i veri motivi che avevano scatenato un sì feroce odio? Gli alieni erano veramente giunti sulla Terra? E se sì, da dove? E quale delle due fazioni stavano aiutando?

Gli anni passarono veloci, ma Kalid non trovò risposte ai suoi interrogativi. Tutto era vago, tutto era nebuloso. Dove erano finite le antiche città di cui parlavano i testi di storia?

La realtà era un mondo divenuto agricolo diviso in gialli ed azzurri che seguitavano ad uccidersi a vicenda senza alcun motivo logico. E gli alieni restavano un mistero nel mistero, non solo non si conosceva da che parte stessero, ma neppure vi erano certezze sulla loro stessa esistenza.

Ma qualcosa era successo, e qualcosa di stravolgente per l’intero pianeta, e Kalid era intenzionato a scoprirlo.

Giunto al diciottesimo compleanno conseguì a pieni voti il master ed ora avrebbe dovuto scegliere cosa fare nella sua vita.

La prima possibilità era quella di restare nel villaggio che sorgeva accanto alla scuola, un villaggio bianco, neutrale. Ma le attività erano quelle agricole e quelle di supporto alla scuola e lui non se la sentiva proprio di fare il contadino od il tecnico alla centrale solare. La seconda possibilità era quella di perfezionarsi negli studi teologici e di divenire un frate-insegnante. Ma a Kalid le religioni davano la nausea, anche se aveva scoperto che non c’entravano nulla con la guerra in corso ed anzi, con i loro centri studi, avevano aiutato la popolazione perpetuando la cultura.

La terza possibilità era quella di trasferirsi in una delle cittadine vicine, scegliendo tra azzurri e gialli. Ma Kalid non avrebbe mai saputo quale scegliere, ed anche lì, la vita scorreva semplice e lineare con occupazioni di poco conto.

L’ultima possibilità era quella d’indossare il saio e di girare il mondo. Sarebbe stato neutrale e pertanto intoccabile.

Scelse questa ultima possibilità e decise di dedicare la sua vita all’approfondimento degli studi storici. Voleva scoprire cosa fosse accaduto. Spiegò al monaco rettore la sua scelta, e lui la condivise, gli consigliò di recarsi nella lontana città di Moreda, ove sorgeva una delle più prestigiose università della terra. Moreda era una città azzurra, ma questo per Kalid non faceva alcuna differenza.

Si preparò per il viaggio: nello zaino mise la pergamena del suo master, si munì di una cartina dettagliata con contrassegnata la strada per giungere a Moreda. Il percorso era stato tracciato seguendo vie secondarie, poco frequentate, ma con case agricole sparse per tutto il tracciato. Dai contadini avrebbe facilmente ottenuto vitto e alloggio per la notte, in cambio magari di qualche storia, e Kalid era un mago nel raccontare le storie, quelle vere, quelle scritte dai vari autori, o quelle che lui s’inventava lì per lì. Portò con sé anche una bussola ed una lettera scritta dal suo preside indirizzata al rettore dell’università di Moreda, nella quale si chiedeva la sua ammissione ai corsi avanzati ed in dettaglio si descrivevano le sue capacità intellettuali.

Per oltre quattro mesi vagò per strade secondarie, seguendo attentamente il percorso  

tracciato sulla sua cartina, fu ospite di contadini sia azzurri che gialli, raccontò loro i motivi del suo viaggio, la sua sete di conoscenza. A richiesta narrò storie antiche e favole ai bambini, recitò poesie e salmi. I cibi erano semplici ma nutrienti, i vini erano rossi e forti, i letti erano puliti ed accoglienti. Più volte una giovane della casa giacque la notte con lui. A tutti chiedeva la storia del villaggio, e prendeva appunti quando scopriva qualcosa di nuovo. Chiedeva anche degli alieni, ma nessuno seppe dargli notizie sicure.

Un giorno infine giunse a Moreda. La cittadina era diversa dalle altre, perché era circondata da una cinta muraria. Kalid rimase affascinato ad osservarla, conosceva le cinte, l’aveva viste mille volte sulle illustrazioni dei vecchi libri o sullo schermo lettore delle memorie solide. Ma trovarsela davanti dal vivo, così vera, così diversa dalle normali costruzioni, fu per lui un’esperienza unica.

Girò intorno alle mura, finché non scorse la porta d’ingresso alla città, era un grande arco in pietra, sorvegliato da innumerevoli guardie armate.

Kalid si presentò loro, spiegò chi fosse ed i motivi che lo avevano portato a Moreda.

Le guardie attentamente l’ascoltarono in silenzio, poi lo condussero all’interno, gli fecero scendere alcuni scalini in pietra e lo chiusero a chiave in una angusta cella.

Era un cubicolo di tre metri per tre, con un materasso posato sul pavimento, un lavandino in un angolo ed accanto il gabinetto. L’aria entrava, assieme alla poca luce da alcune fessure verticali disposte sulle pareti. Tutte le mattine entrava una guardia che lasciava un vassoio con sopra cibo ed una caraffa d’acqua. Ogni giorno una parete si sollevava e lui poteva sostare in un’area più vasta, ma circondata da alti muri. In questo cortile c’era anche una doccia. Quando rientrava nel suo cubicolo trovava sempre una tunica pulita.

Dopo sette giorni entrò un uomo vestito con una tunica azzurra e gli fece cenno di seguirlo. Lo condusse in un ufficio sito sopra il corridoio sul quale si aprivano numerose celle, ove lui era stato rinchiuso.

Si sedette su di una poltrona, l’uomo invece si mise dietro una scrivania e da sotto questa tirò fuori il suo zaino. Cominciò poi ad interrogarlo e volle sapere tutto della sua vita.

Kalid gli raccontò ciò che ricordava del suo villaggio, dei genitori uccisi, la sua permanenza alla scuola dei frati, i suoi studi ed il master conseguito. Disse poi quali erano le sue possibilità e la scelta che aveva fatto, in accordo con il proprio preside di proseguire gli studi all’università di Moreda. Aprì lo zaino e mostrò a colui che lo stava interrogando la pergamena del master e la lettera che il frate preside aveva indirizzato al rettore.

L’uomo con la tunica azzurra prese il master e la lettera ed uscì dalla stanza. Trascorsero alcune ore e Kalid rimase solo nell’ufficio, poi entrò un giovane con una tunica bianca come la sua e gli disse che era stato accettato all’università. Lui era il suo studente anziano, e per qualsiasi cosa avrebbe dovuto far riferimento a lui.

L’accompagnò poi nell’alloggio che gli era stato assegnato, lo informò sugli orari delle lezioni, ove si tenevano, gli fece vedere la palestra, la biblioteca, la mensa, la piscina, la sala di riposo ove gli studenti si riunivano.

Kalid si ambientò in poco tempo, era tutto preso dalle possibilità di approfondire la propria cultura e conoscenza. Trovò anche il tempo per familiarizzare in maniera intima, ma non impegnativa con alcune delle sue compagne di studi.

Due erano le sue passioni che con lo studio riuscì ad approfondire, la storia terrestre ed i contatti alieni.

Ma la storia della Terra terminava con la distruzione quasi totale del pianeta dovuta ai fattori inquinanti che con l’andare del tempo si erano sommati l’uno all’altro creando una situazione irreversibile, ma dopo, cosa era successo dopo? Questa domanda non trovò una risposta.

Sui contatti con gli alieni trovò tutta una serie di notizie di avvistamenti, d’incontri ravvicinati di terzo tipo, di congetture ed ipotesi. Vi erano anche un’infinità di foto e di filmati di mezzi di trasporto alieni, numerosi quelli sui dischi volanti. Trovò rapporti dettagliati su astronavi precipitate (o abbattute) da Roswell in poi. Ma tutto era coperto da un’aura di dubbio e di incertezza. Trovò anche numerosi testi che riguardavano la tecnologia aliena.

Terminò velocemente i suoi tre anni di studi, e quando il rettore lo convocò per consegnargli il suo nuovo titolo conseguito a pieni voti, lui gli espresse i propri dubbi che neppure gli studi avanzati erano riusciti a fugare. Il preside gli disse di chiedere che lui gli avrebbe fornito le risposte.

-         Perché continua questa assurda guerra sulla Terra?

-         Perché la guerra è sempre esistita, è una necessità dell’uomo. La guerra di oggi è poco cruenta, perché si limita solo a qualche sporadica schermaglia. Inoltre i mezzi di distruzione sono rigorosamente poco tecnologici, perciò scarsamente cruenti.

-         Quali sono le differenze tra gialli e azzurri?

-         Le differenze sono ininfluenti, l’importante è che siano due squadre nemiche.

-         Cosa è successo dopo la distruzione dovuta all’inquinamento?

-         Questo argomento farà parte dei tuoi prossimi apprendimenti.

-         Perché devo proseguire gli studi?

-         Sì, ma non qui, con noi hai brillantemente terminato.

-         E gli alieni? E’ mai avvenuto il contatto?

-         Anche questo farà parte dei tuoi nuovi studi.

E detto questo il rettore lo prese per mano e lo condusse in una sala ove non era mai entrato. Nel mezzo alla sala vi era una luminescenza viola che formava un arco.

-         Kalid, ha preso le tue cose?

-         Sì rettore.

-         Allora addio, chi sa se ci rivedremo.

-         Ma dove devo andare?

-         Vedi l’arco? E una porta, varcato quella sarai nel tuo nuovo mondo. Quella sarà la tua scuola.

Kalid attraversò l’arco ed istantaneamente si trovò in una sala ove alcuni studenti lo stavano aspettando.

-         Benvenuto! Siediti su quella sedia, che inizia subito l’ambientamento ipnotico.

Detto questo gli indicarono una strana poltrona che si trovava al lato della sala, lui si sedette sopra e fu istantaneamente bombardato da tutta una serie di informazioni che senza alcuna difficoltà si fermarono nella sua memoria.

Seppe che la Terra era ormai quasi disabitata per le disastrate condizioni ambientali. Erano stati trovati, durante scavi archeologici i resti dei portali. Questi resti furono sufficienti a ricostruire l’intero meccanismo e così i viaggi tra le stelle divennero una possibilità. Lui non era vissuto sulla Terra, ma su un pianeta terraformato molti secoli prima, anzi questo pianeta rappresentava un’anomalia, perché era stato predisposto per essere abitato da cloni dediti all’agricoltura. Sarebbe poi servito come pianeta vacanze per gli umani, ma qualcosa non era filato per il verso giusto. I cloni, che avrebbero dovuto essere quasi immortali, iniziarono invece ad invecchiare, non solo ma da loro, che dovevano essere sterili, nacquero normali bambini. Il progetto fallì sul nascere ed alcuni missionari, cattolici e maomettani, riuscirono ad entrare sul pianeta, cominciarono a convertire gli abitanti ed anche ad accoppiarsi con loro. Il pianeta che era Terra 23, fu così isolato e posto sotto osservazione per vedere come si stava evolvendo. Fu una sorpresa anche lo scoppio della guerra mondiale, endemica, ma poco cruenta.

L’informazione ipnotica riguardava anche le sue nuove mansioni, il suo inserimento in questo pianeta-studi, e tutto ciò che gli sarebbe servito per una corretta vita sociale.

Kalid al termine della sessione si alzò sconcertato e con una verità per lui stravolgente – Io sono un alieno –

Si ripromise di apprendere con lena, e fin dal primo istante in lui maturò il desiderio di volersi recare un giorno sulla Terra.

Immerso in mille pensieri si diresse verso il nastro argentato e con la perizia donatagli dall’apprendimento, scivolò su di esso in direzione della cupola che conteneva il mainframe centrale zeppo di files con tutte le informazioni reperibili.