- vittorio baccelli - i racconti -

- apparso per la prima volta su "mainframe" - i cuori sono duri, il più delle volte non si spezzano (s.k.) -

vittorio baccelli

TEMPO ZERO

 

Zeus era sottoposto ad una tentazione continua da parte di Venere, sua figlia adottiva, e per umiliarla e punirla la fece innamorare follemente di un mortale: Anchise, re dei Dardani, nipote di Ilio. Da Venere e Anchise nacque Enea. Con Adone, Venere ebbe due figli, Golgo fondatore dei Golgi nell’isola di Cipro e Beroe che fondò Berea in Tracia.

 

Ryo ed Endro si conoscevano da sempre, avevano anche frequentato le stesse classi alle elementari, nella scuola di quella cittadina spersa sui verdi colli della Toscana.

Endro viveva solo con sua madre, una bella donna strana e piena di mistero.

Spesso Ryo  era a casa di Endro per giocare, per fare i compiti, poi il tempo trascorse ed Endro e sua madre si trasferirono in Versilia ove lei aveva aperto uno studio di cartomante.

Malgrado la distanza i due amici si tennero sempre in contatto, si telefonavano, si scrivevano e talvolta si incontravano trascorrendo pomeriggi assieme.

Fu proprio in uno dei pomeriggi passati in Versilia che Endro disse a Ryo – Perché non andiamo a trovare mia madre al lavoro?

-         Perché no? Sarà interessante.- e così s’avviarono al Tonfano ove c’era lo studio di <MAMABLANCA cartomante> era così che ora si faceva chiamare.

Ryo su Mamablanca, da Endro aveva saputo cose stranissime ed anche che era molto apprezzata perché le sue previsioni spessissimo coglievano nel segno.

La madre di Endro fu molto contenta che suo figlio e l’amico di sempre fossero venuti a trovarla nel suo studio.

Dopo una mezz’ora di piacevole conversazione sugli amici comuni, sui parenti, sulle nuove conoscenze femminili dei due giovani, Mamablanca sussurrò a Ryo di tornare da solo allo studio a trovarla.

E fu così che Ryo la settimana successiva le telefonò che sarebbe capitato l’indomani.

Così fece, aveva parlato con Endro dell’invito e lui gli aveva risposto – Vorrà farti le carte, mia madre queste cose quando le fa seriamente, non vuole avere nessuno intorno se non colui al quale legge il futuro. Ascoltala con attenzione, lo sai come ho ottenuto l’insegnamento a Chiavari? Me lo disse lei di far domanda a quel liceo, io non volevo farla perché era troppo distante e poi la domanda l’avevo già fatta a tutte le scuole della zona, ma lei insisté ed allora la feci. Tutte le scuole vicine mi hanno detto di no, solo il liceo di Chiavari ha risposto affermativamente, ho chiesto a mia madre, ma come hai fatto? E mi ha replicato che glielo avevano detto le carte, ed io, risposta  prevedibile.

E così Ryo si recò allo studio di Mamablanca e lei lo fece sedere ad un tavolinetto quadrato e gli si sedette davanti.

Prese un mazzo di tarocchi ed estrasse tre carte, le posò sul tavolo e lentamente, una ad una, le scoprì.

-         Questo lo so già, ti sei sposato da poco vero?

-         Si, da nove mesi.

Pescò altre tre carte.

-         Non durerà.

Altre tre carte.

-         Non siete in sintonia nel fare l’amore.

E Ryo – Forse è così.

-         Voglio darti il dono.

-         Che cosa?

-         Lascia perdere e stai attento, ti insegnerò a leggere i tarocchi.

 

Per ingelosire Adone, Venere ebbe una relazione con Bute l’argonauta e divenne madre di Erice, re della Sicilia. Le Moire assegnarono a Venere un solo compito divino, quello di fare l’amore. Un giorno Atena sorprese Venere mentre tesseva ad un telaio e reagì al fatto che si tentasse d’usurpare le sue prerogative. Afrodite si scusò e da allora non eseguì mai più alcun lavoro manuale.

 

E cominciò a spiegare il significato delle carte, una ad una, poi estrasse dal cassetto del tavolinetto un libretto un po’ consunto dall’uso dal titolo <I TAROCCHI>con foderina gialla e la carta della morte stampata in nero, sotto il nome dell’autore: Papus.

- Questo te lo regalo, l’ho usato io per qualche tempo, ma tieni sempre presente che può servirti solo come indicazione, sei tu che dovrai assegnare ad ogni carta il suo vero significato, dovrai imparare le rispondenze tra carta e carta, e quando avrai chiaro tutto questo, capirai che dovrai usare un altro metodo, ma questo dovrai scoprirlo da solo.

Poi insegnò a Ryo alcune semplici figurazioni con cui sistemare le carte: la croce, la piramide, l’occhio.

Gli spiegò anche come le lame fossero, nelle varie figurazioni, in relazione l’una con l’altra. E qui terminò la lezione.

Ryo aveva in casa un mazzo di tarocchi piemontesi e da allora si esercitò aiutato anche dal manuale di Papus.

E le carte cominciarono a farsi leggere davvero e Ryo ci indovinava sempre più spesso.

Ma riusciva anche meglio in altre piccole cose, come togliere il malocchio o cucire gli orzaioli, cose queste che aveva imparato da alcuni manuali di magia pratica comprati in libreria in edizione economica.

Ma erano le carte ad intrigarlo sempre più, finché un giorno si accorse che i tarocchi raccontavano storie, cioè Ryo teneva una carta in mano ed istantaneamente vedeva una storia, od una situazione, o un posto, o un volto.

Ad una cena disse ad una anziana signora che sarebbe, tra poco, andata a New York, e così fu, dovette colà recarsi per acquisire una eredità.

Ad un amico poeta disse che avrebbe passato una notte con Allen Ginsberg a bere birra.

Ed anche questo si avverò poco dopo, al Festival dei Poeti a Castelporziano.

Poi nelle carte vide la morte di troppi amici, e smise di usarle, non del tutto, ma quasi, le faceva solo raramente e su cose banali.

La magia continuò ad appassionarlo, ma la passione era più culturale che pratica.

Gli anni passarono, la moglie di Ryo lo lasciò, Mamablanca morì, Endro se ne andò lontano ad insegnare.

In uno degli ultimi incontri con Endro, Ryo gli raccontò come riuscisse bene con i tarocchi e  lui gli rispose – Mi sa che prima di morire mia madre ti ha lasciato il dono, stai attento a come l’adoperi – gli disse anche che sua madre aveva un alleato, l’unico essere con cui lei aveva fatto all’amore e che questo era suo padre.

-         A mia madre ho sempre detto che non ci credevo  e che non mi importava chi

fosse mio padre.

-         Meglio così – rispondeva lei.

Un giorno Ryo era a Roma e stava curiosando al mercatino settimanale dell’antiquariato, quando tra i libri usati di una bancarella, tra le mani gli capitò uno strano volumetto titolato <PENTACOLI> con sulla copertina seppia la clavicola di Salomone in nero e sotto la scritta col titolo anch’essa in nero e nessuna altra indicazione, né l’editore, né dove e quando fosse stato stampato.

Incuriosito iniziò a sfogliarlo, iniziava da pagina dodici, le altre erano state tolte e finiva a pagina centoventuno, ed anche in fondo mancavano alcuni fogli.

All’interno vi era il disegno di tre pentacoli per ogni pagina con sotto scritto a che cosa servivano e nessuna altra indicazione.

I primi tre: per vincere al gioco, per far piovere, per togliere il mal di schiena.

La pagina successiva: per passare ad un esame, per incontrare una persona, per far tornare l’appetito.

E così via, i pentacoli erano sistemati senza alcun ordine logico apparente e mescolavano cure, malefici, situazioni da risolvere o da ingarbugliare, agenti naturali, cose materiali e spirituali, invocazioni divine e sataniche.

Chiese quanto costava, ed il venditore sparò una cifra irrisoria, Ryo l’acquistò subito al prezzo di un giallo mondadori usato, forse a causa delle pagine mancanti all’inizio ed alla fine, ed il libretto fu poi sistemato assieme agli altri volumi sulle religioni e sulla magia che si trovavano accatastati su uno scaffale della sua libreria.

Ogni tanto distrattamente lo sfogliava e nel libretto trovava sempre pentacoli per le cose più impensate, sulla terza pagina di copertina vi era una fitta scrittura a lapis, fatta con un alfabeto formato da simboli alchemici, magici ed astrologici che Ryo riconobbe subito come l’alfabeto usato da John Dee, un mago e negromante dell’Inghilterra puritana, nato a Londra nel 1527 e vissuto fino al 1608 che era l’astrologo di corte della regina Elisabetta la Grande, era a conoscenza di questo alfabeto perché quando era ragazzo, tra le carte di suo nonno aveva trovato delle strane  cartografie satellitari e delle cartine geografiche ingiallite zeppe di quei

simboli e che sul retro avevano tutta una serie di frasi scritte con quell’alfabeto, allora, incuriosito cercò di capire che cosa fossero, finché su una rivista non trovò proprio quell’alfabeto.

Una sera mentre curiosava in quel libretto si soffermò su un pentacolo che non aveva mai notato <per far rivivere la conoscienza> diceva la nota scritta sotto la figura.

Ryo lo guardò concentrando l’attenzione, come faceva coi tarocchi quando era in attesa di un segnale, e la stella di David che era disegnata in alto sopra la punta cominciò a sollevarsi dal foglio, librandosi nell’aria come fanno le immagini 3D computerizzate dell’occhio magico.

Anche le lettere arabe che erano all’interno del pentacolo si sollevarono lentamente, mentre si formava a rilievo un’immagine a più piani sia fisici che di lettura, che dal foglio arrivava ad oltre un metro d’altezza.

Un’immagine che si faceva sempre più nitida e concreta.

Ryo si sperse in angolature impossibili e negli arabeschi che le circondavano senza riuscire a comprendere ciò che stava osservando, poi l’immagine s’afflosciò su se stessa ritornando lentamente nelle due dimensioni.

Ryo, tentò di nuovo di far apparire l’immagine tridimensionale, ma ogni sforzo fu vano, allora richiuse il libretto e lo rimise al suo posto, non lo aprì più fino a “quella sera”.

“Quella sera” giunse tre anni dopo, Ryo aveva attraversato un buon periodo della sua vita, il lavoro era OK, aveva la sua casa-studio in pieno centro, scopava con una biondina dello scorpione che l’eccitava come mai nessuna donna era riuscita, aveva anche riallacciato il rapporto con Nicole, il vero amore della sua vita che aveva perso cinque anni prima e che inaspettatamente era ritornata con un orologio automatico in un pacchetto come regalo.

Poi successe che la biondina senza alcuna motivazione, sparì, la sua auto non era più parcheggiata davanti casa, la sua abitazione era sempre chiusa e buia la notte, il suo numero di cellulare non rispondeva, ed una voce registrata diceva che era errato.

L’esattoria cominciò a tormentarlo con lettere, notifiche ed ingiunzioni su tasse arretrate alle quali Ryo aveva fatto regolare ricorso.

Nicole poi, gli telefonò che non lo amava più e che non voleva rivederlo.

Mentre era in tutti questi casini, il proprietario di casa lo sfrattò dal suo appartamento e non ne volle sapere né di ricontrattare l’affitto né di vendere l’immobile.

Ryo cercò di reagire a tutte queste avversità, ma si sentiva come svuotato di ogni energia e rassegnato a ricominciare tutto da capo, troppe cose negative erano successe tutte assieme.

Ma lentamente la rabbia crebbe in lui, dapprima una sensazione leggera, che poi aumentò ed infine crebbe a dismisura, ed una sera incazzato nero, si ritrovò in mano il libretto dei pentacoli e si concentrò sul suo ex padrone di casa con davanti agli occhi un pentacolo per lanciare malefici.

Il pentacolo divenne tridimensionale, s’ingigantì al di sopra del foglio ed assunse una colorazione scarlatta, all’immagine si sovrappose il volto del proprietario.

Il padrone di casa ebbe un infarto il giorno successivo.

Poi si concentrò su quella che per anni era stata la sua abitazione ed il suo studio, ove aveva vissuto storie intense d’amore e dove aveva costruito i suoi migliori lavori artistici, scelse il pentacolo per provocare crolli o cadute.

Il mese successivo, una trave maestra del tetto cedette e l’intero edificio fu in fretta e furia sgomberato, perché pericolante.

Poi passò al pentacolo per provocare incendi e si concentrò sulla palazzina fuori città ove aveva la sede l’ufficio sfratti del Tribunale e su il palazzo dell’Esattoria che tanto l’aveva tormentato.

Sei mesi dopo, i due edifici presero fuoco nella stessa notte.

Cercò un pentacolo adatto alla biondina, quello per far ritornare le persone e le cose, si concentrò su esso, ma non successe niente, prova e riprova, a Ryo giunse una sensazione, uno scintillio che poi si trasformò in certezza mentre il pentacolo se ne stava immoto nelle sue due dimensioni.

La biondina non se ne era andata, era morta in un incidente stradale a Montecatini, era stata investita da un’auto pirata due mesi prima di “quella sera”.

Si concentrò poi su l’amore che l’aveva abbandonato, offrendo al caso la scelta del pentacolo, ed il caso scelse <morte violenta>.

Nicole ebbe un fuoristrada sulla bretella, sfracellandosi giù da un viadotto con la sua auto, sedici giorni dopo “quella sera”.

E “quella sera” dopo aver fatto tutto ciò Ryo andò a letto, l’incazzatura nera era svanita ed il rimorso l’assalse – Dio, che ho fatto – e pianse tutta la notte augurandosi che niente di quello che aveva richiesto venisse esaudito, ma certe cose, una volta messe in moto, alcuno può fermarle.

Quella notte Ryo seppe che molto male aveva usato il dono e che all’indomani gli sarebbe stato tolto.

Tutto per lui cambiò, niente più sesso, niente più dono, niente più casa, ma Nicole rimase nel suo tempo zero, si lasciava sempre liberi i martedì pomeriggio ed i venerdì dopo cena e nella sua mente il martedì stava con lei il pomeriggio, il venerdì uscivano dopo cena, tutte le sere, verso le nove aspettava la sua telefonata ed a lei costantemente pensava e con lei dialogava.

I ricordi negativi di lei erano spariti, l’aveva lasciato più volte, senza motivazioni logiche, ma Ryo questo non lo ricordava, aveva sempre in mente i momenti felici, l’intimità con lei, il fare l’amore, le gite a Montenero, a Livorno, al Forte dei Marmi a Firenze, quando ascoltavano alla radio “un’ora d’amore”.

Ora tutti i lunedì mattina andava a portare un fiore al cimitero del suo paese, ove era sepolta e lì sostava a lungo talvolta piangendo.

Rileggeva i libri ed i giornali di quell’anno, ascoltava la musica che con Nicole ascoltava, il suo tempo zero rimase fisso e il suo telefonino restò con in memoria i numeri fantasma.

 

I cuori sono duri, il più delle volte non si spezzano (S.King)

 

Solo l’esattoria, un anno dopo l’incendio ricominciò a tormentarlo con le tasse arretrate.

 

Venere è anche la signora della morte e della vita, ed inoltre signora delle tenebre, poiché si dice che  l’amore riesca meglio nel buio della notte.