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742Costanza: entità biologica umana ricostituita, di completo sesso femminile con potenziamento intellettivo, munita di protesi d’attacco e da difesa, leggermente telepatica ed idonea ad operazioni estreme – in servizio presso l’unità di ricerca spaziale “ambra”, in costante contatto col partner 375Juan. Capacità indipendenti di decisione. Grado 72 bis. Efficienza 190, anzianità 45.
375Juan: entità biologica umana parzialmente ricostituita, di completo sesso maschile con patrimonio genetico da combattimento, munita di protesi d’attacco e da difesa, mediamente telepatica e con visioni antropiche, idonea ad operazioni estreme – in servizio presso l’unità di ricerca spaziale “ambra”, in costante contatto col partner 742Costanza. Capacità indipendenti di decisione. Grado 70 ter. Efficienza 180, anzianità 46.
Guerra: da sempre siamo in guerra, quando sono nato il conflitto già esisteva, ed anche alla nascita di mio padre almeno così lui afferma. Ma il mio, nostro nemico, chi è? Dove si trova? Non lo so, me lo sono chiesto infinite volte ma non ho mai avuto risposte certe. Io, noi siamo in guerra, ci hanno addestrato a combattere fin dalla nascita, così com’è stato fatto ai nostri padri e ubbidiamo, siamo felici di combattere. Non ho mai visto il nemico, nessuno che io conosca ha mai visto il nemico, ma fin’ora l’abbiamo sempre sconfitto, così almeno dice la TRI-TV, abbiamo respinto i suoi subdoli attacchi e distrutto i suoi mezzi d’offesa. Perché e quando sia scoppiato il conflitto nessuno è in grado di dirlo, è un’eredità che abbiamo raccolto anche se le motivazioni si sono perse tra le pieghe del tempo. Sto adesso pattugliando un planetoide che è stato recentemente strappato al nemico, sono assieme alla mia unità di combattimento femminile che da sempre è la mia compagna nel lavoro, nella vita e nella guerra. Ci siamo suddivisi il controllo dividendo il planetoide in due emisferi ed ognuno di noi sta controllando la sua metà mentre siamo in costante contatto telepatico, addirittura quando siamo operativi come ora, siamo un unico essere. Abbiamo lanciato sulla superficie uno sciame di scarabei, nanoagenti semibiologici di perlustrazione e d’attacco. Siamo collegati ad essi in rete simstim così che vediamo il planetoide da molteplici punti di vista mentre le nanomacchine avanzano, è una visione reticolare, sfaccettata simile a quella degli insetti. La mia zona d’esplorazione è formata da sabbie rossastre dalle quali si elevano piloni di pietra di color rosa, la mia compagna sta in questo preciso momento osservando in identico panorama sul lato opposto del planetoide. I “Signori delle porte” questo è il nome che viene dato al nostro nemico, un nome che ha da tempo perso il suo reale significato e che abbiamo ereditato dai nostri antenati, come la guerra. Ma il nemico qui non c’è, ha abbandonato questo settore inspiegabilmente ed i combattimenti sono proseguiti su altri vicini sistemi planetari. Questo luogo è misterioso, la luce proviene da un sole che dovrebbe esser troppo lontano per illuminarlo perfettamente, invece c’è luce come sulla Terra in pieno giorno. L’aria dovrebbe esser fuggita, invece è presente così come l’ossigeno, anche se non a grandi livelli ma sufficiente per la nostra sopravvivenza. Ricapitolando qui c’è aria respirabile, assenza totale di microrganismi, pressione accettabile, la gravità è all’incirca metà di quella sulla Terra. Nessuna forma di vita: le nanomacchine stanno scannerizzando il territorio centimetro per centimetro ed elaborando dettagliate mappe. Non c’è acqua, neppure una goccia in tutto il pianeta. Adesso le analisi e la mappatura dei due emisferi sono terminate, le abbiamo sotto gli occhi. I piloni di pietra: adesso gli scarabei mappano i piloni, la pietra non presenta niente d’anormale, ma sono stati piantati volutamente nella sabbia, inoltre ogni monolite ha scolpite volute di righe parallele che lo ricoprono per intero in arabeschi uno diverso dall’altro: queste pietre hanno inciso la loro impronta digitale. Petroglifi, ricordo che n’esistono pure sulla Terra, ma non hanno forma di monoliti e non sono così grandi. Le nanomacchine continuano il loro lavoro ricopiando le impronte d’ogni pietra mentre la mia compagna su una piattaforma anti-g sta svolazzando trai petroglifi. Termino le analisi che ho intrapreso e mi dicono che potrei uscire con minime protezioni, anche la temperatura è accettabile e si aggira sui quattro, cinque gradi sotto lo zero. Con tuta leggera e senza casco esco dal modulo e poggio i piedi sulla sabbia: cristalli di quarzo dai riflessi rossastri. Un passo dietro l’altro attento alla bassa gravità, il terreno scricchiola con rumori acuti, prendo una manciata di sabbia in mano e la lascio cadere. Molto lentamente scende in volute come fa la neve emettendo un sibilo acuto e quando tocca il terreno avverto un rumore di cristalli che si scontrano, sicuramente è l’abbondanza di elio in questa atmosfera che falsa i rumori e li rende più acuti e surreali. Il vento: qui non esiste il vento, l’aria è ferma, immobile, tutto qui è immoto e sembra in attesa di un evento che ancora non si è verificato. Mentre le nanomacchine archiviano le immagini di ogni angolo del pianeta osservo che anche la sabbia è solcata da righe parallele che si susseguono in spirali ed evoluzioni frattali. Sembra di essere in un immenso giardino zen con la sabbia e le volute su di essa, coi monoliti incisi e l’assenza di moto. Sento che le sensazioni che ho comunicato alla mia compagna la trovano concorde ed approva la similitudine con un giardino zen. Fuori dal modulo allestiamo una stazione operativa standard per l’esplorazione: un cubo di materiale semi-sintetico munito di nanomeccanismi s’attiva fino a formare una cupola geodetica, ora abbiamo una provvisoria base con ogni confort permesso in un set alieno. Entriamo e stacchiamo i contatti, adesso siamo nuovamente due individualità separate. Siamo come due indiani nella loro tenda ed ora le nostre occupazioni sono quelle tipicamente umane mentre le nanomacchine instancabili proseguono nel loro lavoro, se si verificherà una qualche anomalia si metteranno in contatto. All’interno della cupola l’aria è tiepida e odora d’erba appena tagliata, fuori ora è notte e la temperatura s’è ulteriormente abbassata. Qui la notte dura all’incirca cinque ore, attiviamo il comunicatore, nessun messaggio in arrivo e nessun programma è raggiungibile, stiamo però trasmettendo ogni nostro dato in automatico e in tempo reale. Ascoltiamo musica preistorica, le note del nazi-rock si diffondono nella cupola ed oltre. Mangiamo le razioni, ci ripuliamo con una doccia di particelle, rimettiamo il nostro organismo in piena funzione, infine c’infiliamo nudi nel sacco da notte. La bassa gravità favorisce i giochi erotici, ma siamo troppo stanchi per continuare a lungo. Al mattino niente è mutato, le sabbie sono al loro posto così come i misteriosi monoliti. I nanomeccanismi hanno esaurito le loro funzioni e se ne sono tornati in riposo nel modulo, solo se i sensori registreranno un qualche variazione, anche minima, rientreranno in funzione. Per noi non c’è alcun nuovo ordine, dobbiamo restare qui e attendere, i dati dei rilevamenti sono già stati tutti trasmessi in automatico. Io e lei ci colleghiamo in fusione e riflettiamo sulla nostra essenza: noi esseri umani, noi i più acuti senzienti dell’universo, ma non siamo unici, ci sono anche i nostri nemici coi quali siamo in guerra. Ma chi sono i nostri nemici? Nessuno li ha mai visti, conosciamo le loro macchine che abbiamo catturato, le loro armi, talvolta siamo riusciti a comunicare con loro senza capirci, ma fisicamente non abbiamo la più pallida idea di chi o cosa siano. Carnevincolati come noi? Mammiferi, insetti o macchine pensanti? O forse qualcosa d’altro che non riusciamo neppure ad immaginare. I nostri pensieri affondano nei dubbi e nelle loro più fantasiose varianti mentre trascorriamo ore senza fine immersi su questo mondo di sabbie rosa nel quale qualcuno s’è divertito a conficcare migliaia di monoliti anch’essi rosa. Sono nuovamente solo nella cupola, lei è fuori in ispezione, questa volta senza tuta e senza respiratore, sta camminando a piedi trai monoliti sconvolgendo coi suoi passi i tracciati paralleli della sabbia. Le tracce che abbiamo lasciato ieri sulla sabbia sono misteriosamente svanite, le righe sono nuovamente presenti senza le nostre orme. Chiedo al computer l’olo d’un obelisco scelto a caso e in scala si forma in mezzo alla cupola. La parte sotterranea è lunga il doppio rispetto a quella esposta all’aria. Sono perplesso, non comprendo perché questi manufatti siano stati eretti, sono certo che non si tratta di rocce naturali, qui tutto sembra costruito artificialmente e credo che ogni cosa abbia in questo luogo un significato rituale. Chiedo l’olo di un altro monolite ed anche questo affonda nella sabbia due volte la parte esposta, chiedo al computer se siano tutti così e la sua risposta è affermativa, sono tutti uguali, cambiano solo i disegni su di essi: solo uno è diverso dagli altri, è più basso e più largo, è di colore nero ed affonda molto di più nella sabbia. Chiedo la visione olo e l’osservo attentamente. Decido di volerlo vedere di persona, ma non ho voglia di recarmi fin la ove è piantato, tra l’altro su l’altra faccia del planetoide, chiedo al computer d’allestire il teletrasporto. Cinque minuti per la preparazione e poi in un attimo sono sulla sabbia sotto il monolite, qui è buio ma il petroglifo emette una luminescenza da notte di luna piena. L’osservo con riverenza, mi avvicino, con una mano lo tocco. La sua temperatura è tiepida, avverto inoltre un lontanissimo ronzio. Non solo la temperatura sulla superficie della pietra è tiepida, mi rendo conto che anche l’aria attorno ha un sapore primaverile e non è diversi gradi sotto lo zero come invece dovrebbe. Ho ancora il palmo della mano destra appoggiato sulla superficie della pietra, sento il tepore e questo mi pervade mentre il panorama attorno a me pare scomporsi. Sono qui accanto al monolite e nuovamente collegato alla mia partner che sta provando le mie stesse sensazioni. Sono pure da qualche altra parte in un angolo dell’universo in un tempo non determinabile. O forse con più precisione siamo proprio in un universo “altro”. Non ci sentiamo intrusi e molte altre entità senzienti ruotano attorno a noi, oppure siamo noi che ruotiamo, ma le sensazioni sono così diverse dal consueto che non ci azzardiamo a formulare ipotesi. I nemici, finalmente li vediamo e sono come sbuffi gassosi alla guida di macchinari complessi, intelligenti e possenti. Loro si stanno difendendo da noi che li attacchiamo senza motivazioni: c’è stato un errore eoni fa, gli umani combattevano con una razza d’insetti aggressivi e li sconfissero, a quel punto scambiarono le fortificazioni degli esseri gassosi con quelle dell’atavico nemico e da allora la guerra proseguì. Gli sbuffi gassosi inutilmente tentarono il contatto, ma non ci fu reciproca comprensione: questa è la prima vera occasione per il chiarimento. Questo corpo celeste, alieno anche per i nostri nemici, riesce ad attivare contatti impossibili tra le diverse specie, è esso stesso una stazione d’interscambio.
Siamo sulla sabbia sia io che la mia partner anche se a chilometri di distanza ma con le stesse visioni, cerchiamo in qualche modo di difenderci dal flusso troppo violento d’informazioni, talvolta incoerenti che ci raggiungono, adesso stanno troppo in fretta arrivando i dati e la nostra coscienza vacilla, perdiamo infine conoscenza. Dopo alcune ore ci ritroviamo in noi, siamo nella cupola e per prima cosa stendiamo un rapporto sensoriale di ciò che è avvenuto e lo inviamo ai nostri controllori della missione. Da loro ancora nessuna risposta se non la conferma che ogni dato inviato è a loro giunto. Tutto qui adesso sembra ondeggiare, la cupola, il modulo, i servomeccanismi, noi stessi: eppure nessun strumento registra anomalie. Anche all’esterno tutto sembra ondeggiare, la sabbia e i petroglifi. Una stella a sette punte di gas dorato s’avvicina nel cielo roteando leggermente. È più grande del modulo e della cupola assieme: gli strumenti seguitano a non registrare niente. Si ferma sopra di noi alta nel cielo, ruota lentamente in senso orario per parecchio tempo, poi se ne va. Il sole è alto nel cielo: è poco di più di un puntolino, eppure riesce ad illuminare tutto il pianeta anche se le stelle sono visibili pure in pieno giorno. Un’altra forma stellare gassosa è in arrivo, o è la solita che è tornata indietro? Questa volta gli scarabei escono all’aperto e si disperdono disorientati sulla superficie sabbiosa, decidiamo di chiudere con le loro visioni perché sono oltremodo confusionarie e ci creano agitazione. Le stelle luminescenti si susseguono le une alle altre, gli scarabei sono scomparsi e sono tutti sull’altro lato del pianeta, sono tutti attorno al petroglifo nero, fermi in attesa. Continuiamo senza interruzione a trasmettere ai controllori della missione gli eventi che stanno qui accadendo, ma nessuno si sogna di risponderci. Altro tempo è trascorso, non riusciamo a valutare quanto perché sembra che il tempo si sia incasinato ed anche gli strumenti che dovrebbero con esattezza calcolarlo incontrano notevoli difficoltà: le stelle luminose hanno cessato d’attraversare l’atmosfera e anche gli scarabei e gli altri nanomeccanismi sembrano essersi dissolti. Sono forse penetrati nel monolite? Nessun ordine è ancora arrivato, perché i controllori non si mettono in contatto con noi, perché non ci informano sulle loro decisioni? Aspettiamo: siamo certi che qualcosa d’altro stia per verificarsi, ma non sappiamo cosa. Cerchiamo di procedere normalmente con le attività di routine così come siamo stati addestrati. Non riusciamo più a quantificare il tempo ma non abbiamo problemi di sopravvivenza, la nostra unità mobile può accudirci per sempre, i nanomeccanismi di servizio sono in funzione e attivi con l’unica eccezione degli scarabei e di quelli preposti alle esplorazioni esterne, ma quelli erano dedicati all’esplorazione e questo compito l’hanno già eseguito. Anche i servomoduli di difesa sono attivi ma non penso che qui siano necessari, le nanomacchine della cupola ci riforniscono di acqua e viveri, possiamo vivere per sempre, ma perché il controllo non ci contatta? Perché nessuno risponde ai nostri rapporti? Altro tempo trascorre: una stella riappare e scende proprio sopra la nostra cupola. Rientriamo mentre la stella si posa proprio su di noi ed il suo gas è pure dentro la cupola. Un gas ambrato, trasparente al massimo, ma dei vortici di nebbia dentro al gas si formano e ci danzano attorno, entrano in noi, li respiriamo pure. Ci vorticano attorno, per quanto tempo? Non lo sappiamo, infine tutto torna come prima l’esperienza non ci ha spaventato minimamente, ma è stata strana. Il nemico, abbiamo conosciuto il nostro nemico ancestrale, quello che combattiamo da tempo immemorabile. Ma il nostro antagonista storico non è nostro nemico, è stato tutto un errore, un tragico imbroglio, ci siamo tutti sbagliati, loro sono stati costretti a difendersi dai nostri attacchi poiché senza motivo li abbiamo assaltati ovunque ed i loro tentativi di comunicare a noi l’errore sono stati mal interpretati. Siamo stati tutti vittime dell’impossibilità di comunicare. Ma adesso tutto è stato registrato, tutto è stato inviato in tempo reale ai nostri controllori, chiunque con la rete simstim può rivivere le nostre esperienze. Però nessuna risposta, nessun ordine, nessun cenno di vita, perché? La verità ha forse spaventato i controllori? Occorre mutare ogni nostro aspetto della vita, fin’ora tutto era in funzione della guerra. Le stelle attraversano ora il cielo con sempre maggior frequenza e gli sbuffi di gas, i nostri ex nemici, sono tra noi anche nella cupola e ci osserviamo a vicenda anche se la comunicazione è difficoltosa: registriamo e inviamo tutto.
C’è stato teletrasmesso nuovo materiale: libri, programmi simstim, memorie solide d’ogni tipo. In pratica ci hanno inviato un’intera biblioteca con tutto lo scibile della nostra civiltà e noi l’abbiamo allestita in una specie di museo che s’è autocostruito non appena è giunto utilizzando la spazio tra due petroglifi ed incamerandone un terzo nella sua struttura. All’edificio biblioteca-museo è annessa un’ala abitativa con nanomeccanismi che provvedono alla manutenzione e al cibo. Valutiamo che vi sia posto per almeno cinquecento persone nell’unità, verrà abitata? Quanto prima, è quello che noi speriamo perché la solitudine ci sta avvolgendo, non sono certo adatti gli sbuffi di gas a tenerci compagnia. Ci siamo divertiti abbastanza, avanti i prossimi, comunico ai controllori. Dal teletrasporto sono uscite cinque bambine di tre, quattro anni: ma cosa sta succedendo? C'è anche tutta l’attrezzatura per crescerle, giochi, vestiti, cibi per bambini. Io e la mia compagna siamo sempre più perplessi, prima abbiamo provato a teletrasportarci noi alla base, ma il telecomando ha rifiutato l’ordine, poi lei ha deciso d’eliminare i suoi contraccettivi. Senza alcun preavviso gli scarabei sono tornati nei loro alloggiamenti nel modulo, noi continuiamo ad inviare rapporti, ma il nostro quartier generale tace. Cataste di libri in formato cartaceo sono ammonticchiati accanto a un petroglifo, li sistemerò personalmente sugli scaffali della biblioteca.
Stamani il modulo senza preavviso è ripartito, sulla sabbia vi sono i nostri oggetti personali che erano rimasti a bordo e alcuni servomeccanismi che qualcuno ha stabilito possano tornarci utili, il computer ci ha comunicato di ispezionare un quadrante del pianeta poco distante dalla cupola, mi sono recato a piedi fino al punto indicato ed ho trovato un laghetto triangolare lungo un centinaio di metri, un petroglifo emerge proprio nel mezzo del laghetto, l’acqua è tiepida, ed anche la temperatura del planetoide è divenuta primaverile. Abbiamo fatto un bagno nudi, poi ci siamo asciugati sulla sabbia ai raggi di un sole che non dovrebbe neppure illuminarci.
Dimenticavo 402Costanza è incinta.